
Qualche tempo fa ero impegnato con l’organizzazione di volontariato ANTEAS del Veneto, una costola operativa e feconda della CISL regionale. Ero stato invitato a tenere la relazione magistrale ai soci, erano presenti oltre duecento persone. L’argomento era di grande attualità e rileggendolo oggi, l’ho trovato degno di pubblicazione sul mio sito. Contiene valutazioni e suggestioni che permangono valide e attuali, utili, per chi è impegnato nel sociale certamente, ma anche per chi, curioso, desidera capire qualcosa di più del clima socio-culturale che ci circonda.
TEMA:
UN VOLONTARIATO CAPACE DI RENDERE RAGIONE DI QUELLO CHE FA
NON C'E' CULTURA SENZA SOLIDARIETA'
NON C'E' SOLIDARIETA' SENZA CULTURA
Sono stato invitato dagli amici dell'ANTEAS regionale a tenere una relazione ufficiale in questo convegno, con lo scopo di dare un impulso di energia cinetica a questa associazione di persone attive.
Prendo lo spunto per questa mia riflessione dall’affermazione riportata nell’invito: non c’è solidarietà senza cultura.
E' vero. E' drammaticamente vero!
Soprattutto in questo momento storico e dopo la dichiarazione di guerra del terrorismo internazionale all’occidente e al suo sistema economico e alla sua storia e alla sua cultura.
Vedete, non può esistere nessuno che non si renda conto e che non comprenda e che non sia consapevole che il sistema occidentale basato su un certo sistema filosofico ha come conseguenza ultima la distruzione dell’uomo.
Quello che è tragico è che nell’opinione pubblica è diffusa la convinzione che non è possibile né ammissibile che dei principi filosofici, delle idee, quindi, possano provocare conseguenze concrete a livello prima individuale e poi globale.
Quanto andrò dicendo è quindi centrato su questo legame inscindibile e necessitato tra filosofia, cultura e vita quotidiana.
Non sarà né una relazione accademica, né una relazione salottiera, giusto per far contenti i palati fini.
Sarà una relazione a colori, a tinte a volte robuste, e non chiedo venia per questo.
E' necessario che ci abituiamo ad essere chiari e determinati quando andiamo nelle varie sedi a sostenere le nostre ragioni.
E' necessario che abbiamo la consapevolezza del nostro ruolo in questa società del terzo millennio, iniziato con una guerra.
E' necessario che conosciamo bene quali sono le nostre radici culturali, perché solo queste possono fornire le chiavi di lettura del nostro presente.
Un popolo che non ha radici, non ha una storia e non ha un futuro.
Vi siete mai chiesti perché questa terra veneta ha prodotto tutto questo benessere? In cinquant’anni!
Vi siete mai chiesti perché il Veneto è la regione, tra quelle italiane, che in proporzione ha più missionarie e missionari nel cosiddetto terzo mondo?
Vi siete mai chiesti perché qui nel Veneto sono nate le leghe bianche dei contadini, dei braccianti, patrocinate dai coraggiosi parroci di campagna?
Vi siete mai chiesti perché qui nel Veneto sono nate, sempre nelle canoniche, le casse rurali e artigiane che hanno contribuito al riscatto sociale di centinaia di migliaia di famiglie contadine, vessate dai signori padroni dei latifondi?
Sono domande curiose, no?! Non vi pare.
Nella mia lunga attività accademica non ho trovati grossi riscontri a questi quesiti nelle tesi di laurea. E il motivo è abbastanza spiegabile con la pervasività del pensiero filosofico dominante conseguenza diretta dell’illuminismo e del pensiero debole:
il pensiero senza metafisica, senza valori, senza etica. Un pensiero che rifiuta di avere radici nella storia e che si limita al presente in modo ossessivo: usa e getta.
Vi confido che una settimana fa mentre esponevo ad un grande personaggio dell’Università queste mie considerazioni, lui candidamente mi ha spiegato che il pensiero cattolico non è sopportato nell’accademia, neanche per fare tesi di laurea!
E quindi se si vuol far parte del concerto della scienza e dell’economia meglio non manifestare apertamente le proprie radici culturali, pena la emarginazione.
Quanto sarebbe utile, invece, per il popolo veneto che ci fosse più interesse e più divulgazione su queste radici.
Sembra che pubblicamente ci si debba vergognare delle nostre origini cattoliche, molto poco illuministiche, ma molto illuminate.
Altre domande sono strategiche!!! Per esempio.
Sapete perché qui nel Veneto, a Bassano del Grappa, nel 1995 è nata la scuola universitaria di etica e di economia, primo esempio in Italia di progetto universitario che mette insieme solidarietà, imprenditorialità e sviluppo economico?
Nata sei anni fa ha talmente fatto presa tra le persone di buona volontà che oggi è presente in tutto il mondo con 30 fondazioni, dalla Lituania al Madagascar, dall’Australia al Brasile passando per il Vietnam.
Perché l’ANTEAS, e tutti voi, avete radici nella vallata di Pieve di Soligo, dove pochi anni fa un gruppo di pensionati della CISL decise di mettersi in proprio a fare volontariato di assistenza a chi ne aveva bisogno?
Come vedete, con buona pace del giornalista Gian Antonio Stella e dei suoi padroni, in tutto questo c’è molta cultura della solidarietà e pochi schei.
Noi veneti abbiamo globalizzato anche la voglia di lavorare e lo spirito di solidarietà!!!
I padroni delle “ferriere” pieni di boria illuministica hanno sempre considerato i veneti un popolo di “cojoni”, un pò tonti ma fidati, ignoranti ma pieni di buona volontà.
E sono tutt’ora presi, questi personaggi della cosiddetta cultura nazionale dominante, a deturpare e a denigrare questo popolo veneto perché in 50 anni di democrazia “cristiana” ha dato la birra ai “siuri” piemontes e lumbard e ai “sori” romani.
Quante trasmissioni televisive e quanti articoli sulla stampa dei padroni delle testate hanno cercato di entrare nelle radici della cultura di questo popolo? Nessuna!
Solo dileggi e malversazioni!
Complice anche una certa cultura “nordista” secondo la quale un uomo è un uomo se fuma, se beve, se bestemmia, se è contro gli immigrati e se va a puttane, magari negre!
Prima di entrare nel vivo della relazione vorrei che fosse chiaro a tutti noi quale è la chiave di lettura omogenea e che dà risposte ai quesiti che sono stati enunciati poco fa: è la cultura della solidarietà e della sussidiarietà della dottrina sociale della Chiesa.
Con buona pace degli illuministi, dei liberisti degli agnostici e degli atei.
Questo è un momento storico molto importante per il futuro dell’umanità tutta.
Mentre nella prima metà del secolo scorso, la filosofia dominante era centrata sull’uomo al centro dell’universo e quindi sull’individualismo; nella seconda metà del secolo si è fatta strada un’impostazione filosofica che pretende di attribuire all’evoluzione della società un carattere radicalmente autonomo, senza l’uomo, solo società.
L’essenza di questo pensiero è dominata dalla percezione dell’assurdo, dal vuoto esistenziale e dall’effimero.
Questo pensiero ha dominato l’ultima parte del secolo appena finito e, contrariamente a quanto affermato dai suoi fautori, ha giustificato dal punto di vista giuridico forme diverse di tirannia dei forti sui deboli, come abbiamo visto con la legalizzazione dell’aborto, dell’eutanasia e la manipolazione degli embrioni.
Così oggi c’è il pregiudizio di non avere pregiudizi, il dogma di non avere dogmi, l’utopia di un mondo senza utopie, il valore di non avere valori, l’affermazione intollerante della tolleranza senza limiti.
In poche parole il mondo in cui viviamo è dominato dal pensiero debole, fondato sull’idolatria del potere, della ricchezza e dell’ateismo pratico.
Siamo di fronte a un secolarismo che ha infettato la totalità del pensiero dominante e che ha banalizzato e respinto la dottrina sociale della Chiesa.
Oggi si adorano:
il dio commercio,
il dio profitto,
il dio consumo,
il dio menefrego.
È l’idolatria dell’individualismo narcisistico basato sull’avere e possedere in modo ossessivo.
E, badate bene, che questo non riguarda solo i singoli, ma le nazioni intere , che aspirano ad adorare quegli dei a livello di sistema sociale.
La diffusione dell’ateismo e dell’irreligiosità come programma sistematicamente sviluppato dall’ideologia politica del marxismo, del fascismo e del nazismo, ha portato non solo all’opposizione a Dio, ma al disconoscimento dei valori supremi della metafisica.
La verità, il bene e il bello sono stati considerati un’alienazione, una proiezione della necessità umana in un piano trascendentale illusorio.
Tipico della società globalizzata è che, mentre si osserva da una parte uno stato di diritto completo e sofisticato, cresce in tutti gli ambiti un comportamento illegale: la corruzione, il traffico di sostanze illecite, la sospensione dei diritti dei lavoratori e della sicurezza sociale, il crimine organizzato e il ricorso alla violenza.
Vasti gruppi di persone sono vittime di queste tragiche forme di esclusione sociale in molte regioni del pianeta.
Tutti questi sono segni inequivocabili che mostrano come il criterio che domina la vita sociale è quello di una mentalità “neomalthusiana”, la quale non riconosce se non la selezione naturale dominata dai più forti.
E' inevitabile che la rinuncia alla ricerca e alla proclamazione dell’oggettività della verità e il disconoscimento della trascendenza della persona umana, porta a una rinuncia della dignità umana e a una cancellazione della libertà dalla quale la dignità nasce.
La libertà sorge quando l’essere umano raggiunge la certezza della verità ed è questa la testimonianza di speranza di cui ha bisogno il mondo.
Soci ANTEAS siate testimoni di speranza! Voi volontari che volete rendere ragione di quello che fate, queste sono le vostre coordinate, a questi valori che si ispirano ad una pienezza della dignità della persona dovete corrispondere con le vostre iniziative e le vostre energie.
Proprio il 2001 è stato proclamato dall'ONU "anno internazionale del volontariato", a sottolineare che questo tema è e deve essere sempre all'attenzione di tutti gli stati e di tutte le nazioni. Premessa indispensabile a qualunque superamento delle diversità e delle sperequazioni in ogni angolo della terra.
Vedete, i pensionati di oggi si trovano davanti mediamente tutta la terza età, che va dai 60 agli 80 anni, prima di entrare nella quarta età che va dagli 80 usque ad finem.
Non è pensabile, in nessuna società, che milioni di persone perché pensionate siano lasciate inoperose, che energie culturali e professionali vadano disperse senza utilità sociale.
La cultura dei nostri giorni non offre una buona immagine dell’invecchiamento; semmai preferisce sostenere l’idea di poter rimanere giovani per sempre.
I messaggi trasmessi, specialmente da alcuni ambienti della ricerca scientifica tendono a convincerci che l’invecchiamento si può contrastare, facendoci sperare che la vecchiaia non esista.
La vecchiaia, invece, ci coinvolge direttamente e il nostro augurio è che tutti possiamo invecchiare.
Quindi noi vogliamo invecchiare, ma utilmente. L’ANTEAS: associazione nazionale per la solidarietà questo cromosoma ce l’ha addirittura nel logo prima che nello statuto.
Quindi anziani e non anziani attivi e protagonisti sulla scena di questa società.
Mi è cara una riflessione del vecchio filosofo greco Aristotele, proprio sui vecchi e sulla loro importanza nell’economia del sistema sociale.
Raccomandava Aristotele, che i giovani venissero cacciati dal mondo della filosofia perché non erano stati ancora umiliati dalla vita e non ne avevano appreso i limiti.
L’invecchiare era considerato quindi come stato supremo della conoscenza.
Mentre lo scrittore moderno Gustav Frenssen (1863 - 1945), sostiene che il valore della vita si misura non dalla sua lunghezza ma dalla sua profondità.

Sono due considerazioni bellissime e suggestive, e credo che si sposino entrambe con i valori fondanti dell’ANTEAS.
Queste due citazioni non sono fatte a caso, perché il filosofo Aristotele non era certamente cristiano, e il suo pensiero ha fortemente influenzato il pensiero della Chiesa, soprattutto nel Medioevo e con San Tommaso d'Aquino, e questo vuol significare che il sentimento della solidarietà e della sussidiarietà non è patrimonio esclusivo del pensiero sociale cristiano, ma che è connaturato in tutte le persone di buona volontà in tutte le nazioni del mondo.
E' molto stimolante per tutti noi avviare una riflessione sul fatto che questa Associazione riporta a lavorare e gratuitamente migliaia di persone nel Veneto, a beneficio complessivo di tutta la nostra comunità regionale.
Ecco perché le nostre radici sono importanti.
Perché solo da questo humus possono nascere e coltivarsi esperienze così coinvolgenti come l’ANTEAS.
Questi veneti che continuano a lavorare anche dopo aver lavorato, ma che lavorano con amore, ecco il segreto.
Vallo a spiegare al giornalista Stella che delle 230 sezioni dell’ANTEAS esistenti in tutta Italia, 130 sono qui nel Veneto!
Ecco perché l’ANTEAS regionale vuole rendere ragione di quello che fa.
Ecco perché i pensionati della FNP-CISL hanno promosso questa Associazione, che nello spirito dei fondatori è aperta a tutte le persone che hanno a cuore il bene comune.
Ecco perché dentro all’ANTEAS ci sono tutte le età e tutte le categorie sociali, e tutti volontari!
Il volontariato. Questo termine così di attualità e così abusato che si estende dai missionari che sono il simbolo della gratuità e del dono di sé, ai soldati della NATO volontari a 3000 euro al mese. E sono tutti volontari, ma quanta differenza!
Quale volontariato propone l’ANTEAS?
Un volontariato autonomo,
un volontariato gratuito,
un volontariato solidale,
un volontariato democratico,
un volontariato legale.
Queste sono le coordinate, e su questo sistema di riferimento si costruiscono le basi che portano a quella sensibilità e a quell’apertura sociale per interpretare le cause della sofferenza e dell’emarginazione, del disagio nella società; perché individuate le cause si stimolino le risposte.
In questa apertura si colloca la collaborazione con la FNP-CISL, tramite politico per le istanze emergenti dal territorio.
E' necessario anche essere consapevoli che, e per fortuna, non siamo soli nel mondo del volontariato e degli anziani e del disagio sociale; e che è indispensabile la collaborazione con le altre entità presenti nel nostro territorio.
Quello che conta per noi in questo contesto sociale e politico è essere visibili con le nostre idee e le nostre proposte, per rendere testimonianza delle nostre radici e dei nostri valori.
La memoria del passato deve essere la profezia dell’avvenire.
E allora quali iniziative sollecitare al nostro interno e quali messaggi far arrivare all’esterno?
Mi limito solo a due indicazioni. Bisogna essere consapevoli e non strafare.
Primo. E' assolutamente necessario che l’ANTEAS in collaborazione con le altre realtà del volontariato, si attivi per il potenziamento del loro ruolo all'interno dei Centri provinciali di servizio per il volontariato. E' quanto mai urgente che le associazioni si attivino per la realizzazione concreta di quanto previsto dalla legge statale 266 del 1991 e dalla legge regionale 40 del 1993. Esistono finanziamenti cospicui che aspettano solo di essere utilmente impiegati per progetti che andranno certamente ad aumentare il benessere sociale diminuendo il disagio delle persone esposte a queste necessità.
Ancora, riuscire ad essere parte attiva e propositiva nelle Consulte provinciali per il volontariato per realizzare quel modello sistemico della rete di associazioni che fanno sintesi della domanda di disagio o di esclusione o di emarginazione sociale.
Secondo. E' altrettanto assolutamente necessario che dentro all’ANTEAS e nelle altre associazioni venga sviluppato il modello dell’auto-aiuto come metodo di attenuazione ed eliminazione del disagio. Si pensi alla realtà delle dipendenze di tutti i tipi, e ai successi ottenuti dai gruppi di auto-aiuto. E' certamente utile applicare questo modello a tutte le realtà che sono investite dal disagio, dalle residenze sanitarie assistenziali, ai centri diurni, ai ceod, e così via.
Come vedete, l’ANTEAS non vuole essere solo forza di servizio e di gratuità, ma vuole diventare forza di cambiamento, agente di integrazione sociale e di collaborazione e integrazione tra le generazioni.
Sono obiettivi ambiziosi? Certo che lo sono! Ma guai a non avere dei sogni, dei miraggi.
Anche Cristoforo Colombo è partito quella volta “par el ponente par buscar el levante” e si è trovato a scoprire il nuovo mondo.
Guai a non sognare!
Intanto però siamo certi di una cosa: l’anziano è una risorsa per la nazione. Non solo costi ma anche opportunità.
Di dare e fare servizi alla società.
Noi siamo per l’anzianità responsabile, ed è su questo tema che andranno condotte le riflessioni future sul ruolo dell’anziano nella nostra società.
Concludendo e parafrasando un versetto del Vangelo di Luca che dice: “….nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio….”; così possiamo dire per i soci dell’ANTEAS: sono persone che hanno preso un’iniziativa di grandissimo valore sociale, e se sono arrivati a formarsi 130 gruppi nel Veneto, è certo che non si sono voltati indietro, anzi, hanno contagiato i vicini e contaminato il territorio.
L’ultimo congresso regionale della FNP-CISL parlava proprio di questo: abitare il territorio.
Questo è il motto e lo stimolo profetico che muove l’FNP e l’ANTEAS.
E allora cari soci dell’ANTEAS: "ducite in altum", prendete il largo! E che il vento vi sia propizio!
