
UNA ROSA PER MARA
LA MORTE NON È NIENTE
In queste lunghe giornate senza la presenza gioiosa, anche se sofferente, di Mara, mi sono lasciato portare dai ricordi e da alcune riflessioni che ora vi propongo come una specie di viatico utile per vivere al meglio la nostra condizione umana.
Stamattina ho voluto portarle al cimitero un bellissimo bouquet di rose che una vecchia amica mi aveva portato l’altro giorno, Mara era innamorata di quel fiore e anch’io da sempre ho avuto un debole per le rose che avevo imparato a conoscere e amare nel giardino della casa paterna di Favaro Veneto. Tutti gli eventi importanti della nostra vita familiare hanno visto le rose fare la parte della regina della manifestazione, e non mancava la domenica che alcune rose di colore vivace e particolare facessero bella mostra al centro del tavolo in cucina.
Però, stamattina ho voluto che fosse una giornata particolare. Proprio in questi giorni un vecchio amico, ancora fresco di dolore per la perdita della moglie, mi aveva recapitato una preghiera che avevo già letto e sentito in altre occasioni: “LA MORTE NON È NIENTE”. Poi per conto mio avevo fatto delle ricerche e avevo trovato un’altra preghiera molto simile e molto bella: “SE MI AMI NON PIANGERE”, erroneamente attribuita a sant’Agostino.
Così ho preso il bouquet di rose e con la bicicletta di Mara sono andato in cimitero a Maerne con l’intento di farle una sorpresa. Una volta sistemati i fiori l’ho baciata sulla fotografia che la ritrae bella e sorridente e l’ho invitata a recitare con me le due stupende suppliche. Mara era una bravissima interprete e quando recitava ci metteva l’anima. Ogni volta che scrivevo una delle mie poesie dovevo fargliela recitare, perché se superava la sua interpretazione mi guardava, a volte commossa, e mi dava il suo parere per la pubblicazione.
Ecco il dialogo che si è instaurato stamattina tra noi due:
LA MORTE NON E' NIENTE.
Sono solamente passata dall’altra parte: è come fossi nascosta nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’una per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare (mammina);
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontana, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
(Henry Scott Holland)

SE MI AMI NON PIANGERE!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire
quello che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine
e in questa luce che tutto investe e penetra, tu non piangeresti se mi ami.
Qui si é ormai assorbiti dall’incanto di Dio e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo, quanto piccole e fuggevoli, al confronto!
Mi é rimasto un profondo affetto per te; una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te, é gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa, tu pensami così!
Nelle tue battaglie, nei tuoi momenti di sconforto e di stanchezza,
pensa a questa meravigliosa casa, dove non esiste la morte,
dove ci disseteremo insieme nel trasporto più intenso,
alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più se veramente mi ami!
(padre Giacomo Perico, gesuita)
Ecco, così la mia domenica mattina, il giorno prima della festa dell’Assunta, l’ho voluta trascorrere nella poesia con Mara, la mia amata compagna di vita e di avventure. Quante ne abbiamo vissute! Dalle pericolose ascensioni sulle ferrate dolomitiche all’organizzazione di eventi per la raccolta di fondi. Una volta per la Chiesa di Olmo, altre volte per la Custodia francescana di Terra Santa o per l’Istituto Effetà di Betlemme dove le nostre care suore Dorotee, del santo Giovanni Antonio Farina, rieducano all’udito e alla parola i bambini sordomuti palestinesi. Altre volte ancora per organizzare eventi religiosi e pellegrinaggi. Ricordo le belle celebrazioni liturgiche presso il Monastero della Visitazione di Treviso, con padre Aldo Tonini o.f.m. Commissario della Custodia Francescana di Terra Santa per il Triveneto insieme a don Daniele Panzeri della Famiglia religiosa di san Luigi Orione. Quanta gioia abbiamo portato dalle suore di clausura con quelle manifestazioni! Ma è bello ricordare anche lo stupendo pellegrinaggio in Giordania e in Terra Santa dove lei non è potuta venire, oppure quello in Polonia per conoscere da vicino san Massimiliano Maria Kolbe, san Giovanni Paolo 2° e santa Faustina Kowalska, e anche in questo caso ha lasciato a me l’onere della guida perché impossibilitata a partecipare. Infine, tra le iniziative di carattere religioso, la fondazione nella Parrocchia dell’Annunciazione di Olmo-Martellago del Gruppo di devozione alla Divina Misericordia ancora sei anni fa e che si trova a pregare in chiesa al lunedì sera alle 20.30.
Però, desidero concludere questa mia escursione domenicale con un simpatico ricordo di Mara. Qualcosa che lei ha vissuto intensamente e che scherzosamente gli amici hanno denominato “l’epopea della Genoveffa”.
Genoveffa era una piccola gazza ladra caduta dal nido nel nostro giardino nel mese di maggio dell’anno scorso, e che noi abbiamo accudito finché è cresciuta e se ne è andata per il suo cielo. Ebbene, Mara ci ha messo tutto il suo istinto materno nell’allevare Genoveffa, avevano un dialogo tra loro fatto di gorgheggi e di cinguettii. Le avevamo preparato un bel nido sui rami del cedro deodara in giardino e lei quando aveva fame chiamava con il suo trillo inconfondibile e subito Mara le preparava il pastone, e io salivo con la scala sul nido e con il cucchiaino le davo la pappa. Quando poi è cresciuta allora volava giù sul ramo e Mara le lasciava la pappa che lei golosamente beccava e al pomeriggio la accompagnava mentre dava da bere ai vasi di fiori nel giardino. Mara aveva sempre sognato di avere dei nipoti e Genoveffa ha sublimato questo suo desiderio dandole un mondo di soddisfazione. Ogni tanto dal suo lettone in questi ultimi mesi, al mattino, mi diceva di aprirle la persiana perché sentiva il cinguettio di Genoveffa che la salutava dal giardino vicino.

MARA CON GENOVEFFA IN DIALOGO