san Francesco in un affresco Papa Francesco durante l'Angelus
Continua a fare scalpore il nuovo Papa che un anno fa si è presentato al mondo col nome di Francesco. Molti si sono lanciati in proclami di entusiasmo e di sorpresa, e in effetti lo stesso Papa Francesco dopo pochi giorni dalla sua elezione in una riunione convocata per tutti i giornalisti del mondo, nell’aula Paolo VI, ha comunicato la sua chiara determinazione nel voler imitare il Santo di Assisi, nostro fondatore e personaggio che ha ispirato la riforma della Chiesa cattolica nel XIII secolo. Su questo Santo sono stati scritti fiumi di parole, è il santo che certamente ha dato luogo a una multiforme valutazione della sua opera e delle sue esortazioni e dei suoi scritti. Si va da chi lo presenta come un gigante della fede, a chi lo considera un cocktail micidiale di buonismo, pauperismo, pacifismo, ecologismo. Basta guardare alla famosa Marcia di Assisi diventata una manifestazione dove le bandiere arcobaleno hanno sostituito la croce di Cristo. La figura di Francesco di Assisi è la più strattonata da tutte le parti ideologiche, anche dentro certi ambienti culturali cattolici, dal pauperismo all’ecumenismo, al dialogo con l’Islam; viene evocata la persona del Santo ma non vengono mai illustrate le sue affermazioni e la sua spiritualità, come emergono dai suoi scritti, dalla sua Regola e dalle Fonti Francescane scritte dai suoi primi collaboratori. Un invito che mi permetto di rivolgere a tutte le persone che abbiano a cuore la vera conoscenza del nostro santo fondatore, per capire quale sarà la strategia pastorale di papa Francesco.
Allora come si fa a conoscere San Francesco e la sua spiritualità? È indispensabile leggere le sue opere e quello che su di lui hanno testimoniato i suoi primi collaboratori, ovvero le Fonti Francescane. Non è difficile. Si trova tutto nelle librerie, non occorre altro che armarsi di buona volontà e di santa perseveranza, perché, al contrario, si rischia di accontentarsi di quello che passa il sistema dei media (televisioni e stampa) che hanno interessi molto diversi dalla ricerca della verità storica.
Francesco riceve le stimmate a La Verna
Francesco di Assisi è stato sì un rivoluzionario, ma la sua rivoluzione è consistita nella imitazione assoluta di Cristo. Francesco dai suoi contemporanei è stato definito “Alter Christus”, proprio perché nella sua vicenda umana ha assimilato la vita di Cristo fino a ricevere il dono delle stimmate presso l’eremo di La Verna dove si era ritirato negli ultimi anni della sua vita. La pace da lui predicata, non è il pacifismo delle bandiere arcobaleno, è la pace spirituale assicurata dalla conversione della creatura al Creatore, è la pace che l’uomo trova in Dio. Nel concreto, non risulta che Francesco abbia mai condannato il servizio militare. Anche lui era stato cavaliere armato nelle sue battaglie contro la città di Perugia. Ben sapeva che combattere una guerra giusta non è contrario allo spirito caritatevole e pacifico del Cristianesimo. Francesco amava presentarsi come “soldato di Cristo” o “araldo del gran Re”. La Regola francescana condanna le guerre ingiuste, nella scia della tradizione della Chiesa. San Francesco non può essere equiparato all’opportunistico “arrendiamoci” degli odierni esaltati pacifisti che organizzano marce a senso unico. Da questi movimenti non è mai stata promossa una marcia per la vita, una marcia contro le dittature comuniste (oggi Cina, Corea del Nord, Cuba) , una marcia contro lo sterminio dei cristiani in Nigeria, in Iraq, in Siria, in Indonesia, in Egitto.
Quindi Francesco non è stato pacifista, come oggi si intende sui media, ma uomo di pace, andava a testimoniare la pace che viene dal di dentro, dal cuore, una volta che si fosse accettato di seguire l’insegnamento di Gesù. La sua strategia è sempre stata quella missionaria, ancora oggi possiamo vedere quanto e come siano presenti i suoi frati in ogni angolo del pianeta, e quanti siano stati i martiri francescani uccisi in odio a Gesù Cristo, soprattutto nelle terre dominate dall’Islam. La sua ansia missionaria lo ha portato anche a seguire i crociati durante la quinta crociata nel 1219, con l’intento di assistere spiritualmente i soldati cattolici nei pericoli fisici e spirituali cui andavano incontro, e soprattutto far conoscere Gesù ai musulmani. Tutta la sua vita è segnata dall’ansia non di “dialogare” accademicamente con i musulmani, ma di “convertirli” a Gesù Cristo. La vocazione del missionario e quella del crociato erano legate, grazie alla comune prospettiva della cristiana testimonianza col pellegrinaggio e la disposizione al martirio. Giacomo da Vitry, vescovo di Acri, testimone dei fatti durante la visita di Francesco al sultano Malek al- Kamel, ha scritto che Francesco di fronte al sultano d’Egitto ha avuto un atteggiamento di perfezione apostolica. La sua predica riassume e riunisce “i tre elementi chiave necessari per il trionfo del Cristianesimo”. Il primo, “il rinnovamento morale e spirituale attraverso una vita di ascesi, di semplicità e di umiltà”; poi “la predicazione, la propagazione efficace della parola che infiamma le folle e le porta alla conversione”; e infine “il confronto con i saraceni, mirante a soccorrere la Chiesa orientale desolata e devastata, che cerca la sua liberazione”. Infatti, Francesco quando divise il mondo in Province da evangelizzare, dichiarò “Perla delle missioni” la Provincia Orientale sottoposta alla dominazione islamica, con grande sofferenza delle popolazioni cristiane. Proprio come oggi!
il Crocifisso di San Damiano
Ritornando al nostro papa Francesco, immaginiamo quale sarà il suo ruolo in questo frangente storico, dove le istituzioni europee hanno decretato per legge la scristianizzazione dell’Europa, e dove il fondamentalismo islamico sta progressivamente costringendo i cristiani orientali a fuggire dalle loro terre per potersi salvare dalla violenza. Padre Ibrahim Faltas, palestinese e francescano della Custodia di Terra Santa, ha affermato: “Papa Francesco aprirà una nuova pagina, una nuova era per la Chiesa. Oggi l’uomo ha bisogno di un altro Francesco, e lo Spirito Santo ha realizzato questo sogno donando alla Chiesa il nuovo Papa”.
Le tre fedi monoteistiche a Gerusalemme.
PREMESSA.
Il tema che affrontiamo questa sera è di straordinaria attualità, sia dal punto di vista religioso, siamo in Quaresima, sia dal punto di vista politico, la guerra continua nella terra di Gesù.
Ora, noi tutti sappiamo come nella vita di Gesù i quaranta giorni di digiuno nel deserto siano stati quelli della preparazione alla Passione e alla Morte, ma anche alla Risurrezione.
Noi cristiani siamo persone di fede abituate a lavorare e a vivere proiettate nella speranza e promotrici di carità. Questa sera vedremo come orientarci in quel contesto che affonda le radici alle origini della storia dell’uomo.
Il mio è un tentativo non è un teorema, e per questo insieme a voi desidero fare una preghiera allo Spirito Santo, perché illumini me e voi, in modo che la serata porti frutti buoni per la nostra comunità
Vieni, vieni Spirito d’amore a insegnare le cose di Dio
Vieni, vieni Spirito di pace a suggerire le cose che Lui ha detto a noi.
Noi ti invochiamo Spirito di Cristo,
vieni tu dentro di noi,
cambia i nostri occhi,fa che noi vediamo
la bontà di Dio per noi.
Insegnaci a sperare, insegnaci ad amare
insegnaci a lodare Iddio,
insegnaci a pregare, insegnaci la via
insegnaci tu l’unità.
Vieni, vieni Spirito d’amore a insegnare le cose di Dio
Vieni, vieni Spirito di pace a suggerire le cose che Lui ha detto a noi.
Prima parte.
Il tema da sviluppare in questa analisi non è né semplice, né facile. Cominciamo dal titolo che ho voluto enunciare fin dall’inizio in modo provocatorio ma anche in modo stimolante.
Oggi, la città; che per noi fedeli seguaci di Gesù Cristo rappresenta la città della condanna, della morte e della sua risurrezione; è ancora al centro della tensione internazionale. Le guerre che attorno allo stato di Israele si sono combattute e si stanno tragicamente combattendo, chissà ancora per quanto tempo, ruotano tutte attorno alla costituzione dello stato di Israele nel 1948.
Gli arabi e i palestinesi non hanno mai accettato e non accetteranno, forse mai, la esistenza di uno stato ebraico sui loro territori.
Perché?
Come potete immaginare, in trenta minuti è impresa ardua spiegare in modo adeguato la ampia e complessa tematica contenuta nel titolo. Quando con padre Aldo abbiamo progettato questo 23° incontro per gli Amici di Terra Santa, si voleva dare continuità al tema del 21° Congresso, quando abbiamo affrontato la storia dell’incontro tra San Francesco e il Sultano d’Egitto.
Alla fine del 2010 la Provincia toscana dei Frati Minori aveva organizzato un Convegno di Studi proprio su questo tema così affascinante e così poco documentato. Di recente ho acquisito gli Atti di quel Convegno con i contributi dei più accreditati studiosi dell’argomento, compreso fra Pacifico Sella che oggi è venuto tra di noi a Treviso per portarci il suo contributo di conoscenza.
Francesco di Assisi, come vedete, ancora dopo 800 anni continua a scompigliare le acque della Cristianità. La sua spiritualità e i suoi insegnamenti fanno ancora da guida per tutte le persone innamorate di Gesù e pronte a seguirlo nel cammino della testimonianza, sia nelle missioni verso i non cristiani, sia a casa nostra dove il Cristianesimo sta per venire progressivamente cancellato dalla legislazione europea e dalla cultura dominante.
Quando ho iniziato a sviluppare questi argomenti era il 24 maggio scorso, giorno che la Chiesa Cattolica dedica alla Madonna Ausiliatrice. Festa che nelle nostre chiese mi risulta poco ricordata, almeno nella sua genesi storica.
Solo i Salesiani fanno memoria solenne di questa festa, in quanto San Giovanni Bosco, loro fondatore, era particolarmente devoto alla Vergine Madre di Dio con questo attributo di AUXILIUM CHRISTIANORUM.
VAI A LEGGERE LA STORIA DELLA FESTA DELLA MADONNA AUSILIATRICE! in altra parte del sito.
In questo modo ci siamo avvicinati al tema del nostro Congresso, sul ruolo degli Ordini Francescani nella difesa dell’Europa Cristiana.
Vedete, oggi parlare di questi eventi storici nei nostri ambienti cattolici è rischioso. Prevale una cultura della recriminazione della storia della Chiesa, ci sono fior di intellettuali sedicenti cattolici, teologi, sacerdoti e vescovi che rinnegano le loro radici per essere al passo dei tempi. E sono sempre tempi dettati dalle centrali anticattoliche che possiedono i mezzi di formazione e di informazione.
Esiste, dentro alle strutture della Chiesa Cattolica, una vasta e variegata area culturale con un fortissimo complesso di colpa e di inferiorità nei confronti della cosiddetta cultura progressista. È la cultura che tiene alta la bandiera del relativismo etico, del relativismo religioso e della negazione dei principi e dei valori propri della dottrina sociale della Chiesa. Quella cultura che domina nel Parlamento Europeo e nei parlamenti nazionali, dove si esercita la regia sapiente e calcolata per la cancellazione delle radici greco-giudaico-cristiane dell’Europa.
E mentre questo mondo che detiene il potere politico e culturale si esercita in quella missione di distruzione dell’uomo e della famiglia, come sono concepite nella dottrina cattolica, noi, oggi, siamo qui per tentare di riprendere le fila della nostra storia francescana per ricordare a tutti che se l’Europa negli ultimi cinque secoli è rimasta ancorata, nonostante tutto (rivoluzione francese compresa) alla cultura cristiana lo dobbiamo a dei Santi figli di San Francesco.
Il 29 maggio 1453 gli ottomani di Maometto II dilagano in Costantinopoli saccheggiando e massacrando. I vincitori entrarono nella basilica di Santa Sofia e la trasformarono subito in moschea. In Occidente, la caduta della millenaria capitale dell'Impero Romano d'Oriente provocò un'impressione fortissima: la terra, che da quel momento iniziò a chiamarsi Turchia, era stata patria delle più fiorenti comunità e vestigia cristiane. Il senso della minaccia sulla cristianità europea era tangibile e incombente. La paura e l’angoscia erano tornate prepotenti e si facevano sentire con forza su larghi strati della popolazione. Anche se non su tutti. Davanti ad ogni avvenimento doloroso c’è sempre un certo numero di apatici, che sono poi quelli dagli ideali ristretti e dagli orizzonti che coincidono esattamente con il proprio benessere e tornaconto. Fu così anche allora.
Battaglia di Belgrado, 1456
Dal 14 al 22 luglio 1456 Cristiani e Turchi si batterono a Belgrado e la vittoria fu, contro ogni speranza, dei crociati. Il nuovo pericolo che minacciava l’Europa era costituito dall’avanzata sanguinaria e apparentemente inarrestabile dell’Islam e dei Turchi. Furono i papi Niccolò V e poi il successore Callisto III che organizzarono una crociata in difesa della fede cristiana e dell’Occidente intero minacciati dal pericolo ottomano-islamico. Ma sul campo è stato Giovanni da Capestrano, un umile frate francescano, a raccogliere la sfida e darsi da fare, con la predicazione, per reclutare uomini. Purtroppo solo gli Ungheresi, i più direttamente minacciati, risposero al suo appello.
Con un esercito di quasi 5.000 uomini si mise in cammino verso Belgrado, fortezza che era stata chiusa in una tenaglia dalle truppe di Maometto II e dalla flotta turca. Fu dapprima un comandante ungherese, Giovanni Hunyadi, dietro suo impulso a rompere l’assedio navale con un attacco che riportò pieno successo il 14 luglio 1456. Una settimana dopo arrivò anche la vittoria terrestre. E questa ebbe come protagonista assoluto fra Giovanni da Capestrano che guidò l’attacco. Un frate trasformatosi in generale vittorioso. Fu questa azione a difesa dell’Occidente che gli meritò in seguito l’appellativo di “Apostolo dell’Europa Unita”. Ma gli costò anche la vita. Contrasse infatti la peste e ne morì tre mesi dopo nel convento di Ilok, in Croazia. Era il 1456. Anno della Battaglia di Belgrado, dell’Europa contro i Turchi, come viene indicato nei libri di storia.
Il Papa Callisto III istituì, in memoria, la festa della Trasfigurazione il 6 agosto a simboleggiare la letizia che trasfigurava l'Europa.
Belgrado, poi, cadrà nel 1521. I turchi di Suleiman (Solimano) il Magnifico riusciranno, allora, a conquistare i Balcani, ad invadere l'Ungheria (battaglia di Mohàcs, 1526) e ad assediare una prima volta Vienna (1529). Belgrado sarà liberata solo nel 1717, dopo quasi due secoli di occupazione
La battaglia di Vienna, 1683
L'impero ottomano, che aveva ormai conquistato i paesi balcanici fino alla pianura ungherese, il 1° agosto 1664 era stato fermato nella sua avanzata dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo Montecuccoli (1609-1680) nella battaglia di San Gottardo, in Ungheria.
Poco dopo però, sotto l'energica guida del Gran Visir Kara Mustafà (1634-1683), l'offensiva turca riprende, incoraggiata incoscientemente da Luigi XIV, re di Francia, e alleato con gli Ottomani, nella sua spregiudicata politica anti-asburgica, e approfitta della debolezza in cui versano l'Europa e l'Impero.
Solo la Repubblica di Venezia contende ai Turchi ogni isola dell'Egeo e ogni metro di Grecia e di Dalmazia combattendo orgogliosamente da sola la sua ultima e gloriosa guerra, che culmina con la caduta di Candia nel 1669, difesa eroicamente da Francesco Morosini il Peloponnesiaco (1618-1694).
Dopo Creta, nel 1672 la Podolia - parte dell'odierna Ucraina - viene sottratta alla Polonia e nel gennaio del 1683, a Istanbul, vengono innastate le code di cavallo di battaglia in direzione dell'Ungheria e un immenso esercito si mette in marcia verso il cuore dell'Europa, sotto la guida di Kara Mustafà e del sultano Maometto IV (1642-1693), con l'intento di creare una grande Turchia europea e musulmana con capitale Vienna.
Le poche forze imperiali - appoggiate da milizie ungheresi guidate dal duca Carlo V di Lorena (1643-1690) - tentano invano di resistere. Il grande condottiero al servizio degli Asburgo prende il comando benché ancora convalescente di una grave malattia che lo aveva portato sull'orlo della morte, dalla quale - si dice - l'abbiano salvato le preghiere di un padre cappuccino, il beato fra Marco da Aviano (1631-1699). Il religioso italiano, inviato del Papa presso l'Imperatore e instancabile predicatore della crociata anti-turca, consiglia che tutte le insegne imperiali portino l'immagine della Madre di Dio. Da allora le bandiere militari austriache manterranno l'effigie della Madonna per due secoli e mezzo, fino a quando Adolf Hitler le farà togliere.
All'alba del 12 settembre 1683 il venerabile Marco da Aviano, dopo aver celebrato la Messa servita da Giovanni Sobieski, re di Polonia, benedice l'esercito schierato, quindi, a Kalhenberg, presso Vienna, 65.000 cristiani affrontano in battaglia campale 200.000 ottomani.
La battaglia dura tutto il giorno e termina con una terribile carica all'arma bianca, guidata da Sobieski in persona, che provoca la rotta degli ottomani e la vittoria dell'esercito cristiano. L'esercito ottomano fugge in disordine abbandonando tutto il bottino e le artiglierie, dopo aver massacrato centinaia di prigionieri e di schiavi cristiani. Il re di Polonia invia al Papa le bandiere catturate accompagnandole da queste parole: "Veni, vidi, Deus vicit". Ancor oggi, per decisione di Papa Innocenzo XI, il 12 settembre è dedicato al SS. Nome di Maria, in ricordo e in ringraziamento della vittoria.
La grande alleanza, che riesce a prender vita all'ultimo momento grazie a Papa Innocenzo XI, ricorda l'impresa e il miracolo realizzati un secolo prima grazie all'opera di Papa san Pio V (1504-1572) a Lepanto, il 7 ottobre 1571. Per la svolta impressa alla storia dell'Europa Orientale la battaglia di Vienna può essere paragonata alla vittoria di Poitiers del 732, quando Carlo Martello (688-741) ferma l'avanzata degli arabi. E l'alleanza che nel 1684 viene sancita con il nome di Lega Santa vede un accordo unico fra tedeschi e polacchi, fra impero e imperatore, fra cattolici e protestanti, animata e promossa dalla diplomazia e dallo spirito di sacrificio di un grande Papa, tutto teso al perseguimento dell'obiettivo della liberazione dell'Europa dai turchi.
Ho tratteggiato fin qui alcuni segmenti di storia della devozione a Maria Ausiliatrice, ricordando quanto siano stati importanti i Francescani nello sviluppo della teologia mariana. Dai Francescani è nato il dogma dell’Immacolata Concezione con il beato Giovanni Duns Scoto. San Francesco è stato un figlio devotissimo della Madre di Cristo, alla Porziuncola presso Santa Maria degli Angeli è nata la regola scritta dei Frati Minori.
San Massimiliano Kolbe, francescano, è stato il fondatore della Milizia dell’Immacolata e ha addirittura costruito due città dedicate all’Immacolata, una in Polonia e una in Giappone, proprio a sottolineare come Francesco nella sua Regola prevedesse che i suoi Frati andassero per il mondo a far conoscere Cristo, non per convertire gli altri ma per far conoscere il suo Divino Maestro
Concludo ora con qualcosa di più personale. Come avete capito, tutta la mia relazione è centrata sul ruolo della Madonna nella difesa della Chiesa e della Cristianità. Oggi, in particolare, la Chiesa cattolica e il Papa stanno subendo una grande prova, tra persecuzioni esterne e conflitti interni il diavolo sta lavorando alacremente per distruggere ciò che rimane del silenzioso esercito dei credenti.
In uno dei romanzi più belli di Hermann Hesse, Narciso e Boccadoro, mi è rimasto impresso soprattutto il “gran finale” del romanzo, dove Boccadoro, ormai sul letto di morte, affida all’abate Narciso le sue ultime parole, quasi un testamento spirituale: “Senza una mamma non si può nascere… Senza una mamma, non si può neppure morire”.
Ecco: il senso della vita – dall’inizio alla fine – è comunicato dal cuore di una mamma. Noi ce l’abbiamo questa Mamma.
A questa Mamma noi ci rivolgiamo oggi, con le parole stesse di Don Bosco:
“O Maria, Vergine potente,
tu grande presidio della Chiesa;
o Maria, aiuto dei cristiani,
tu nelle angosce e nelle lotte della vita,
tu nei pericoli difendici dal nemico.
Tu nell’ora della morte accogli l’anima in Paradiso”.
Amen!
Gianfranco Trabuio, pubblicista.
È sempre opportuno conoscere la storia dei nostri santi per capirne appieno la loro vocazione e il loro percorso di santificazione.
Nei miei lunghi anni di pratica religiosa non ho mai udito un’omelia su sant’Antonio che ne spiegasse la genesi. Accanto a considerazioni di carattere agiografico ho ascoltato anche delle evidenti falsità storiche, l’ultima che ho avuto modo di ascoltare afferma che Ferdinando di Lisbona si è fatto francescano per amore della povertà predicata da Francesco di Assisi.
Icona bizantina del Santo di Padova
Ora, per fare chiarezza su come Ferdinando, monaco agostiniano, si sia fatto francescano, pubblichiamo una sintesi della vera storia come raccontata da lui e dai testimoni del tempo.
PER NON DIMENTICARE: anche otto secoli fa i cattolici venivano assassinati dai musulmani.
Nella nostra religione cattolica ogni giorno facciamo memoria, nella celebrazione della Santa Messa, dei Santi e dei Martiri che hanno segnato tappe fondamentali nella costruzione della Chiesa Cattolica nel mondo.
Poiché sul Santo di Padova poco si conosce, ritengo utile dare qualche cenno storico su come quel Santo frate sia arrivato in Italia dal Portogallo.
Francesco di Assisi nel 1217 aveva organizzato l'Ordine Francescano in province e provvide a mandare missionari in tutte le principali nazioni d'Europa. Nel famoso Capitolo generale delle stuoie, celebrato alla Porziuncola, nella Pentecoste del 1219, diede licenza ai frati Ottone sacerdote, Berardo suddiacono, e ai conversi Vitale, Pietro, Accursio, Adiuto, di andare a predicare il Vangelo ai saraceni del Marocco, mentre egli si sarebbe recato con i crociati in Palestina per visitare i Luoghi santi e convertire gl'infedeli, pur ignorandone la lingua. È molto bello ricordare che per Francesco la Provincia di Oltremare, la Terra di Gesù e dei suoi apostoli, era considerata la Perla delle Province.
Dopo aver ricevuto la benedizione del santo fondatore, i sei missionari si diressero a piedi verso la Spagna. Giunti nel regno di Aragona, Vitale, superiore della spedizione, cadde malato, ma ciò non impedì agli altri cinque figli di S. Francesco di proseguire il loro cammino sotto la guida di Berardo.
Arrivarono nella capitale del Marocco, dove iniziarono a predicare nelle piazze col crocifisso in mano. Il sultano del Marocco immediatamente li fece imprigionare e dopo violenze di ogni tipo e vista la loro determinazione a non abiurare la loro fede in Cristo Gesù, personalmente tagliò loro la testa, lasciando i poveri corpi al ludibrio dei fanatici musulmani. Era il 16 gennaio 1220.
Piero Casentini: il Sultano del Marocco taglia la testa ai cinque frati francescani
Gianfranco Trabuio, pubblicista
PUNTI DA SVILUPPARE:
1. ESISTE UNA TEOLOGIA DELLA STORIA?
2. HA SENSO CHIEDERSI COSA VOGLIA DIO PADRE ONNIPOTENTE DA NOI CRISTIANI – CATTOLICI OGGI IN QUESTO CONTESTO STORICO E SOCIALE E ECONOMICO?
3. COSA VUOLE DIO, PADRONE DELLA STORIA, DA NOI SOTTOPOSTI OGGI AL TERRORISMO ISLAMICO?
4. COSA HA VOLUTO PROPORCI DIO, PADRONE DELLA STORIA, CON L’AVVENTO DEL PROFETA MUHAMMAD E CON LA SUA RELIGIONE INTRISA DI VIOLENZA E DI SOPRAFFAZIONE?
Io non sono un teologo e men che meno un profeta, però queste domande frullano nella mia mente da quando ho cominciato a studiare l’Islam insieme col nostro illustre fondatore: monsignor Antonio Mistrorigo vescovo emerito di Treviso, di recente salito nelle braccia del Padre celeste.
E finora non ho trovato risposte esaurienti alla mia ricerca, forse perché sono uno statistico, ho passato la mia vita professionale nel mondo della ricerca e dei numeri, con una passione per la verità dei fenomeni studiati. Non sono abituato alle “ciacole” da salotto, ho lo spirito di un segugio che fiuta delle tracce e su queste comincia a indagare. Negli ultimi dieci anni di attività di ricerca e di divulgazione, sia a livello di conferenziere sia di giornalista, ho capito qualcosa riguardo alle domande iniziali, ma ancora non ne ho compreso il senso complessivo.
Non dispero di riuscirvi un giorno, sono un uomo di fede e di preghiera, e prego la Santissima Trinità perché mi illumini e mi faccia incontrare persone con la competenza adeguata per fornirmi qualche pista di lavoro e di riflessione.
Certo il Francescanesimo con la sua secolare storia di testimonianza e di martirio nelle terre dominate dall’Islam, e con la gloriosa epopea nella difesa dell’Europa all’epoca delle invasioni degli eserciti turchi, può fornire piste di lavoro talmente importanti da meritare un approfondimento storico attuale.