DEDICATA A MARA.
E te ne sei andata
in silenzio
come sempre
le azioni più importanti le facevi nel segreto
era d'estate
e la lavanda del parco
profumava fin dentro la stanza
eri bella col volto rilassato
come la tua anima
a vivere d'accordo col male
inesorabile
e tu ormai avevi accettato
la speranza ogni tanto tornava
e tu sorridevi
a questo vecchio badante che
come una bambina ti coccolava
e ti lasciavi baciare sulle labbra
le lunghe notti
mano nella mano
nel grande lettone
sognavamo ancora nuove imprese
il corpo era consumato
ma non l'anima
e ora cara la mia mammina
sono qui solo
nelle notti ormai senza luce
vascello fantasma senza porto
navigo a vista
portando nel cuore i tuoi segreti
ormai diventati misteri.
Gianfranco, il tuo vecchio del cuore
Olmo, 31 luglio 2016
Bergoglio: «Questa economia uccide», l’alternativa è il Civismo e in questo articolo provo a spiegarlo.
Papa Francesco ripete che il modello di sviluppo globale è insostenibile. Definisce il denaro «sterco del diavolo». Descrive gli effetti devastanti del capitale divenuto «idolo». E riconosce che il cambiamento può venire da «chi coltiva semi di speranza piantati pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta»
Non si può parlare di economia sociale senza illustrare il pensiero del Papa venuto dalla fine del mondo.
In questo articolo tento di illustrare come dal pensiero del magistero cristiano maturato con l’ultima enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, abbiano preso le mosse alcuni studiosi cristiani di economia, prima pubblicando un libro che è una specie di rivoluzione scientifica in campo economico: “LA DIGNITÀ DELLE NAZIONI”, edito da Amazon.it a giugno del 2015, proprio in contemporanea con l’uscita dell’enciclica papale; e successivamente, visto l’interesse suscitato negli ambienti coinvolti nella Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica, con l’attuale pubblicazione del seguito di quel trattato, ovvero una specie di Manuale Operativo per la realizzazione di quanto elaborato in precedenza: IL MANIFESTO DEL CIVISMO.
Il gruppo di studiosi cattolici si firma con la sigla WORLD-LAB proprio per mandare un messaggio al mondo accademico e ecclesiastico che non è la visione utopica di qualche sognatore romantico, ma un modello talmente strutturato e reso operativo da poter essere immediatamente realizzato.
Il sistema di sviluppo che avvolge l’umanità e il mondo non è sostenibile. Chiedere un cambiamento non è utopia, ma puro realismo. Non c’è da sognare paradisi in terra, ma solo da rimuovere i meccanismi perversi e autodistruttivi che impediscono una vita dignitosa per tutti. E il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite, ma da chi «pianta germogli nelle periferie» e «vive ogni giorno nella nudità della tempesta umana».
Papa Francesco nel suo viaggio in Bolivia incontra nella Expo Feria di Santa Cruz de la Sierra più di 1500 delegati dei Movimenti popolari dell’America Latina e degli altri continenti. Cartoneros, Sem Terra, cooperative contadine, movimenti di lotta per la casa e i diritti degli indigeni, delle donne e di tutte le innumerevoli facce della marginalità urbana e rurale. Affiancato al tavolo dal Presidente boliviano Evo Morales, Papa Francesco ascolta la lettura della «lettera di santa Cruz», la sintesi dei lavori dell’assemblea dove si snocciolano tutte le richieste e i desiderata per un «superamento del modello neo-capitalista» e l’avvento «dell’economia popolare, sociale e comunitaria, in cui prevalga la solidarietà sulla ricerca del profitto».
Papa Francesco con il Presidente boliviano Morales
L’intervento di Morales si lancia in una lunga apologia della sua «rivoluzione indigenista», alternando strali contro «l’imperialismo nordamericano», il Fondo monetario internazionale e «l’anarchia finanziaria» imposta al mondo dal capitalismo internazionale. Infine prende la parola il Papa, che all’inizio del suo intervento si rallegra delle porte che si aprono e dei nuovi spazi di incontro tra il magma caotico dei «movimientos populares» e la Chiesa, disposta a mettersi in gioco, ad «accompagnare» chi cerca i modi migliori per «superare le gravi situazioni di ingiustizia che soffrono gli esclusi di tutto il mondo».
Bergoglio nel suo intervento mette le mani avanti, dice che non ha ricette pronte da proporre, perché «Né il Papa né la Chiesa hanno il monopolio della interpretazione della realtà sociale né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei». Ma il suo discorso lucido e appassionato, pieno di calorosi segnali d’intesa lanciati ai delegati dei movimenti, segna sul terreno sociale e politico uno dei momenti-chiave del suo viaggio. Parla ai movimenti popolari latinoamericani, ma guarda al mondo, spazzando via il clichè del «Papa della Pampa» in cui cercano di chiuderlo i suoi detrattori. Perché i problemi che tocca riguardano l'umanità intera e «hanno una matrice globale». Anche lui applica alle dinamiche del mondo uno sguardo «globale», diverso e imparagonabile rispetto a quelli dell’omologazione tecnocratico-liberista o delle ormai tramontate utopie idealiste (liberismo e comunismo in primis). Uno sguardo, realista, e pieno di speranza evangelica.
Bergoglio ha iniziato prendendo atto che «in un mondo dove ci sono tanti contadini senza terra, tante famiglie senza casa, tanti lavoratori senza diritti», dove esplodono «guerre insensate» e viene devastata la terra, vuol dire che «le cose non stanno andando bene» e c’è «bisogno di un cambiamento». Le dinamiche di oppressione, esclusione e devastazione che dilagano nel mondo non vanno viste come problemi isolati. Esse – ha fatto notare il Papa argentino - «rispondono a un sistema che è diventato globale». Un sistema che «ha imposto la logica del profitto a ogni costo» e che adesso «non regge più... non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi.... E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra». La radice del male viene indicata da Papa Francesco nell’ingordigia rapace che domina e fa muovere tutto il sistema. Dietro «tanta morte e distruzione», ha detto il Vescovo di Roma, riecheggiando il linguaggio dei Padri della Chiesa, «si sente il tanfo di ciò che Basilio di Cesarea chiamava lo “sterco del diavolo”». Perché «Quando il capitale diventa idolo e dirige le scelte degli esseri umani, quando l’avidità di denaro controlla l’intero sistema socio-economico, rovina la società, condanna l’uomo, lo fa diventare uno schiavo, distrugge la fraternità interumana, spinge popolo contro popolo e, come si vede, minaccia anche questa nostra casa comune».
Davanti a questo scenario, Papa Francesco ha stigmatizzato «un certo eccesso diagnostico che a volte ci porta a un pessimismo parolaio o a crogiolarci nel negativo». Ha anche mandato in archivio le ricette care al «conservatorismo compassionevole», che pretende di coprire con qualche palliativo filantropico gli effetti devastanti del darwinismo sociale. «Non basta lasciare cadere alcune gocce quando i poveri agitano questo bicchiere che mai si versa da solo» ha detto Papa Bergoglio, ricordando che «i piani di assistenza che servono a certe emergenze dovrebbero essere pensati solo come risposte transitorie. Non potranno mai sostituire la vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso».
Il ragionamento del Papa è molto bene illustrato dagli autori di World-Lab quando sostengono che bisognerebbe eliminare il Premio Nobel per l’Economia: nessuno dei premi Nobel per l’Economia ha costruito ricette per risolvere i problemi causati dal pensiero liberista imperante nelle Accademie. Sembra che i commissari del premio siano una specie di confraternita dedita a premiarsi tra di loro per la bellezza delle loro teorie indipendentemente dagli effetti. Questo ha fatto affermare al Papa in più riprese che quella economia uccide. Ma non uccide solo l’uomo, uccide la terra , uccide la natura, uccide il creato!
Il «cambiamento» prefigurato come necessario e urgente da Papa Francesco non ripercorre le strade fallite dei messianismi ideologici. Papa Francesco ripete che «questa economia uccide» e riconosce l’urgenza di «mettere l’economia al servizio dei popoli» perché gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio del denaro. E l’economia «non dovrebbe essere un meccanismo di accumulazione, ma la buona amministrazione della casa comune». Tale inversione di rotta – insiste Bergoglio - «è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Non è un’utopia o una fantasia. È una prospettiva estremamente realistica». Citando Paolo VI, ripete che le risorse disponibili nel mondo sono più che sufficienti per lo sviluppo integrale «di ogni uomo e di tutto l’uomo». E per una vita dignitosa occorre garantire a tutti l’accesso alle «tre T» (techo “tetto”, trabajo “lavoro”, tierra “terra”) per le quali lottano i movimenti popolari latinoamericani. Obiettivo minimale e raggiungibile. Da perseguire con pazienza, affidandosi ai tempi lunghi dei processi, alla «passione per il seminare, per l’irrigare con calma ciò che gli altri vedranno fiorire».
Ai movimenti popolari, sorti spontaneamente «dal basso», Papa Francesco riconosce un ruolo importante nel possibile innesco di processi di cambiamento globale. Li definisce «seminatori di cambiamento», «poeti sociali», «creatori di lavoro», «costruttori di case». «Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi» ha detto Papa Francesco ai suoi interlocutori «potete fare e fate molto. Oserei dire che il futuro dell'umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative». A renderli preziosi fattori di rinnovamento è secondo Papa Francesco proprio il loro vivere «impregnati nella nudità della tempesta umana», la loro immanenza al vissuto reale che li immunizza dal contagio della «teorizzazione astratta e dell’indignazione elegante»: «Questo attaccamento al quartiere, alla terra, al territorio, all’occupazione, al sindacato, questo riconoscersi nel volto dell’altro» ha detto il Pontefice ai suoi interlocutori «è ciò che permette di esercitare il mandato dell’amore non partendo da idee o concetti, bensì partendo dal genuino incontro tra persone, perché non si amano né i concetti né le idee; si amano le persone... Da quei semi di speranza piantati pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta» ha aggiunto il Papa «cresceranno alberi grandi, sorgeranno boschi fitti di speranza per ossigenare questo mondo».
Nell’ultima parte del suo discorso-fiume, articolato e denso come una nuova mini-enciclica sociale, Papa Francesco ha descritto tre «grandi compiti» affidati ai movimenti popolari: quello di «mettere l’economia al servizio dei popoli», e quello di difendere la terra, casa comune, dai sistemi di sfruttamento predatorio. In questo contesto, Papa Francesco ha ripetuto con tutta la Tradizione che «l’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è semplice filantropia» e «la destinazione universale dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale della Chiesa. È una realtà antecedente alla proprietà privata».
«Il colonialismo, vecchio e nuovo» ha detto il Papa «riduce i paesi poveri a semplici fornitori di materie prime e manodopera a basso costo, genera violenza, povertà, migrazioni forzate e tutti i mali che abbiamo sotto gli occhi». Esso produce iniquità «e l’iniquità genera violenza che nessuna polizia, militari o servizi segreti sono in grado di fermare».
La Chiesa, i suoi figli e figlie» ha detto con parole mirate ed eloquenti il Papa argentino «sono una parte dell’identità dei popoli dell’America Latina. Identità che, sia qui che in altri Paesi, alcuni poteri sono determinati a cancellare, talvolta perché la nostra fede è rivoluzionaria, perché la nostra fede sfida la tirannia dell’idolo denaro».
E arriviamo al CIVISMO e al suo Manifesto pubblicato nel mese di giugno 2016 sempre su Amazon.it dal gruppo di esperti internazionali di World-Lab, e al quale rimando per gli opportuni approfondimenti.
Fra le varianti escogitate dall'Uomo per organizzare socialmente l'attività direttamente finalizzata alla propria sussistenza se ne possono distinguere alcune, esercitate in particolari contesti (le prime Comunità cristiane, i Monasteri Benedettini, i Falansteri Fourieristi, i Kibbutzim delle origini...le Comunità di hippies), le quali, nonostante la loro grande diversità esteriore, sono tuttavia accomunate dalle loro principali peculiarità.
In effetti, da un lato, esse nascono tutte per iniziativa privato-sociale (pur nelle diverse forme alle quali la Società civile può dar luogo) fondata su un “movente” comune, che si può definire solidarietà “reciproca” o “mutualistica” (che implica una qualche forma regolata di scambio al loro interno) per distinguerla dalla solidarietà che si può definire “universalistica” o “ filantropica” fondata invece sulla generosità.
E, dall'altro, esse sono tutte caratterizzate da un circuito economico di produzione-consumo governato dal principio della programmazione.
In questo contesto di dimensione sensibilmente ridotta, rispetto ad un contesto nazionale, e semplificato dal fatto che si tratta essenzialmente di produzioni di beni e servizi di consumo finale e non riguardanti le intere filiere produttive, l'ottenimento delle informazioni, tanto in termini di domanda che di risorse, necessarie al buon esito della programmazione è relativamente agevole, soprattutto con la disponibilità attuale delle nuove Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione.
Va detto che se oggi la presenza di un “movente” comune alla base delle menzionate esperienze può essere generalmente condivisa riconoscendone esplicitamente la valenza economica oltre che socio-religioso-ideologica, ciò è in gran parte dovuto al pensiero e all'opera del Beato Toniolo (1845-1918).
È stato, in effetti, proprio il Toniolo a intuire che la solidarietà mutualistica esercitata nell'ambito di gruppi sociali privati poteva essere impiegata come “motore” per produrre e consumare, in ambito monetario, servizi individuali ed in particolare quelli che necessitano la “grande scala”, quali i servizi finanziari e previdenziali, e che quindi risulterebbero di pertinenza ideale del Mercato o dello Stato, Modalità economiche che nel mondo reale sono spesso latitanti e lasciano un vuoto nella risposta ai bisogni di consistenti parti della società e/o del territorio.
È doveroso altresì menzionare che un suo contemporaneo, Davide Lazzaretti (1834- 1878), sulla base della stessa intuizione ha utilizzato, in ambito non monetario, lo stesso “motore” per concepire e dar vita alla Società delle famiglie cristiane finalizzata alla produzione e consumo di beni e servizi di consumo famigliare corrente la cui produzione è compatibile con la “piccola scala”, e che quindi risultano di pertinenza ideale oltre che del Mercato (Modalità economica, come detto, non sempre accessibile), anche dell'auto-produzione domestica, questa sempre accessibile, in una qualche misura, ma quasi sempre scarsamente efficiente.
Il Lazzaretti ha insomma dimostrato, in complementarietà con il Beato Toniolo, che facendo leva sulla solidarietà mutualistica si possono colmare molte delle lacune esistenti nella soddisfazione dei bisogni, compresi i più elementari, di consistenti parti della società.
La Società delle famiglie cristiane ha avuto vita breve, vittima del suo successo, come il suo Fondatore, assassinato (giustiziato) dalle forze dell'ordine, in un grande bagno di sangue, mentre guidava una processione religiosa... “non autorizzata”, un chiaro pretesto per metter fine ad una pratica che, diffondendosi, poteva rivelarsi lesiva di interessi precostituiti. Pretesto successivamente confermatosi tale con la lunga persecuzione dei compagni del Lazzaretti (un martire che attende la sua, seppur laica, “beatificazione” e, comunque, meritevole di diventare, assieme al Beato Toniolo, un' “icona” sociale del futuro, sicuramente insieme ai numerosi cattolici impegnati per l’implementazione nella società dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa.
In sostanza, dai tempi in cui l'Economia ha fatto il suo ingresso nella Scienza, il Beato Toniolo e Davide Lazzaretti possono essere considerati i primi “esploratori”, e poi “coloni-pionieri”, di un contesto economico da essi predisposto, grazie alle varianti di validità generale da essi poste in essere, fino a diventare la terza Modalità economica (le collettività intermedie auto produttrici) di una Scienza ancora in fieri al loro tempo.
Per gli opportuni approfondimenti e le necessarie delucidazioni si rinviano i lettori alle due pubblicazioni citate degli autori di World-Lab: “LA DIGNITÀ DELLE NAZIONI” e il “MANIFESTO DEL CIVISMO” nelle quali, e senza complessi di qualunque tipo, viene affermata l’esistenza di una “ECONOMIA CRISTIANA” che fa proprie le indicazioni strategiche di Papa Francesco, che in questo momento storico in cui l’Occidente dimostra tutta la sua vulnerabilità culturale, ha il coraggio di dire a tutto il mondo che il liberismo come il comunismo sono “armi di distruzione dei popoli, della terra, della natura e del creato”.
COMUNICATO STAMPA a cura del prof. Gianfranco Trabuio, pubblicista.
LA DIGNITÀ DELLE NAZIONI: UN INEDITO SISTEMA ECONOMICO PER IL TERZO MILLENNIO.
"Dall’enciclica Laudato si' un’altra economia è possibile”
Giovedì 19 maggio alle ore 20.30 presso il Campus Universitario “Tina Merlin” in via Borgo Ruga, 40 a Feltre, ci sarà un incontro dibattito su questo tema così denso di futuri sviluppi. Parteciperanno due degli autori del libro: il dr. Dino Gerardi statistico e economista e il prof. Gianfranco Trabuio statistico e pubblicista.
L’evento organizzato dal Circolo Vittore Castellaz delle ACLI (Associazione Cristiana Lavoratori Italiani) e dalle Parrocchie cittadine, con il patrocinio della Città di Feltre, vedrà anche l’intervento di Franco Lorenzon segretario generale della CISL di Belluno e Feltre e del moderatore dell’incontro Giovanni Perenzin.
La lettera enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” sulla cura della casa comune porta la data del 24 maggio 2015, però il testo ufficiale è stato reso noto il 16 giugno 2015, e in concomitanza con questo evento il 9 giugno 2015 su Amazon, noto sito web, veniva dato l’annuncio dell’uscita del libro “La dignità delle nazioni” edito da Ideazione Editore-Create Space Independent Publishing Platform e curato da un gruppo di esperti di economia e di dottrina sociale della Chiesa cattolica, sotto la sigla World-Lab. L’Opera è già stata tradotta nelle lingue Francese, Inglese, Russo e Spagnolo, sempre su Amazon.
World-Lab è una rete informale di esperti internazionali di diverse formazioni scientifiche e orizzonti culturali, facenti capo al sito www.worldlabnetwork.ru . Li accomuna la duplice convinzione che il modello di sviluppo occidentale oramai generalizzato stia conducendo al collasso l'intero ecosistema in tempi brevi, ma che una insperata via d'uscita da essi promossa, che inizialmente antepone il ruolo della società civile a quello della politica, possa riaccendere la speranza in un mondo migliore. Tutti gli esperti hanno variamente contribuito alla redazione dell'Opera che considerano collettiva.
Ora, questa coincidenza temporale stimola delle riflessioni sul ruolo della Provvidenza che guida le azioni degli uomini. Infatti, mentre il Papa nella sua analisi a un certo punto fa un’affermazione dirompente scrivendo che “questa economia uccide!”, facendo riferimento al ruolo devastante, avuto nella crisi mondiale di questi anni, dalla speculazione finanziaria e dal capitalismo selvaggio spinto fino alle estreme conseguenze, gli esperti che hanno dato alle stampe questo volume sulla “Dignità delle nazioni”, fanno un’analisi delle cause della crisi e propongono un rimedio assolutamente originale per la cultura economica di questi nostri anni.
La proposta che emerge alla fine dello studio approfondito e molto dettagliato, è un ritorno alla originalità della dottrina sociale della Chiesa cattolica e al coinvolgimento di gruppi estesi di “famiglie” nella costituzione di quelli che vengono definiti “Distretti di sviluppo locale” e che si vengono a configurare come un aggregato di mutualismo cooperativo con molteplici competenze professionali. In buona sostanza un passaggio deciso e graduale dal paradigma economico della Eteronomia a quello dell’Autonomia, facendo leva sulla diffusa cultura presente sul web riguardo alla cooperazione nella gestione di reti informali di utenti ma anche di cooperazione delle competenze nella produzione e gestione di beni di consumo e nella erogazione di servizi.
In conclusione, al libro potrebbe essere aggiunto un sottotitolo efficace e suggestivo: “Oltre Adam Smith e oltre Karl Marx”.
Venezia, maggio 2016.
Questo articolo fa seguito all’altro pubblicato sempre su questo sito che aveva per titolo: “Ristrutturare la casa cristiana rivoluzionando l’economia”, e viene pubblicato proprio il Primo Maggio festa di San Giuseppe Artigiano e simbolo del lavoratore. A questo è utile aggiungere come la Diocesi di Padova con il suo nuovo vescovo e tutto il mondo associativo cattolico abbia promosso una veglia di preghiera per il 5 maggio nella Cappella di San Giuseppe Lavoratore in zona industriale a Padova.
I tempi stanno maturando per creare e costruire alternative all’economia che uccide, un’economia sostenuta dalle potenti lobbies della finanza internazionale che ha tutto l’interesse a provocare la distruzione dell’ecosistema perché ha al suo seguito altre imprese internazionali pronte per essere finanziate dagli Stati e dagli Organismi internazionali per porre rimedio a tale distruzione, facendo emergere, ove ce ne fosse ancora bisogno, la spirale di perversione per il depredamento del Pianeta Terra.
San Giuseppe il Giusto, Custode del Redentore
Premessa
Attraverso l'Enciclica Laudato si' Papa Francesco ha dato la misura della gravità della situazione attuale sia sul piano ambientale che sociale individuandone la causa nel sistema economico oggi prevalente in occidente e, comunque, di riferimento anche per altre aree del pianeta.
Rispetto ad altri autorevoli rapporti che riflettono preoccupazioni analoghe condividendo, addirittura, le cause all'origine della deprecabile situazione, l'Enciclica assume, però, un carattere... “rivoluzionario”.
In effetti, in contrasto con quanto sostenuto dalla comunità degli economisti addetti ai lavori secondo la quale l'attuale sistema non ha alternative e quindi si tratta al più di correggerne gli eccessi, Papa Francesco, coerentemente con la sua nota affermazione “questa economia uccide” (Evangelii gaudium – 53), invita a cercare altri modi di intendere l'economia.
Né più, né meno!
Nell'opinione corrente la sola alternativa all'attuale sistema economico nel quale i mezzi di produzione sono di proprietà privata (e per questo viene denominato sbrigativamente Capitalismo), è costituita dal Collettivismo, sistema basato sulla proprietà pubblica di tali mezzi di produzione, in conformità all'ideologia Comunista.
Non c'è perciò da stupirsi se l' esortazione del Papa a “cambiare sistema” ha destato non poche preoccupazioni presso ampi strati della società.
All'accusa di aderire all'ideologia “comunista” il Papa risponde: la mia “ideologia” è... il Vangelo!
L'esortazione di Papa Francesco agli esperti va, dunque, così tradotta: cercate un sistema economico, diverso dal Capitalismo e dal Collettivismo, che corrisponda al Vangelo e, quindi, alla Dottrina Sociale della Chiesa, in altri termini un' Economia cristiana.
La sfida lanciata dal Papa agli addetti ai lavori, non facile a prima vista, poteva dunque tradursi, più precisamente, nell'individuazione di un sistema economico che ponga l'uomo e il suo habitat al centro.
Il che significa che il sistema in questione deve avere i vantaggi dei sistemi opposti menzionati e cioè la libera iniziativa privata, propria del Capitalismo, e la piena occupazione permanente, propria del Collettivismo, ma non il grave inconveniente che li accomuna consistente nella mancata sostenibilità ambientale.
Inoltre, essendo assodato che ogni sistema prende piede in funzione dei rapporti di forza vigenti nella società, la sfida del Papa comprendeva anche, come se non bastasse, l'individuazione di una prassi che potesse garantire ai cristiani, e agli altri uomini di buona volontà desiderosi di dar forma ad un tale ipotetico sistema, la forza necessaria per realizzarlo.
Ebbene, per una curiosa o, meglio, provvidenziale coincidenza con la pubblicazione dell'Enciclica, oltretutto inaspettata e perciò considerata come un fulmine a ciel sereno all'interno della Chiesa stessa, è uscito su Amazon.it, a cura del network World-Lab, il libro "La Dignità delle Nazioni" nel quale viene presentato proprio il sistema economico auspicato dal Papa, ma anche la prassi che consente di realizzarlo nella misura in cui tale prassi fa leva sugli inconvenienti di carattere socio-ambientale e sul malcontento che questi provocano in larghi e sempre crescenti strati della popolazione mondiale.
Per chi volesse approfondire l'analisi teorica che ha condotto alla formulazione del sistema in questione e alla derivazione della prassi che consente di realizzarlo rinviamo al libro citato.
In questa sede ci limiteremo a descrivere in termini generali il contesto generale nel quale World-Lab, del quale chi scrive fa parte, si è inizialmente trovato e quali ostacoli intellettuali ha dovuto superare per portare a termine con successo la sua ricerca, anch'essa motivata dalle preoccupazioni socio-ambientali del Papa.
Descriveremo, più in particolare, la menzionata prassi e la sua sorprendente logica, perché è all'adesione a questa che la gente è chiamata e quindi il lettore potrà lui stesso giudicare in che misura si sente disponibile ad adottarla.
Da ciò deriverà una sua personale valutazione sul carattere, realistico o utopico, di tale prassi e conseguentemente potrà concludere se la proposta di World-Lab può rappresentare una concreta speranza o, invece, una mera illusione.
Sua logica
Va detto che, data l'entità della sfida lanciata dal Papa, è normale attendersi che la prassi in questione, la quale è stata denominata da World-Lab: Distretto di Sviluppo Locale (DSL), richieda, per essere individuata, una riflessione molto complessa basata su strumenti scientifici relativamente sofisticati.
È quindi normale che, non appena sveleremo la logica alla base del DSL e non appena apparirà la semplicità di questa, il lettore rimanga spiazzato e, conseguentemente, resti scettico sull'efficacia di tale prassi nel trasformare l'attuale sistema, attraverso la diffusione di tale prassi nella società, conducendo ad un sistema economico come quello auspicato.
Ebbene, il DSL è basato su una grande impresa cooperativa la quale ricalca semplicemente lo schema, a tutti ben noto e da tutti in una qualche misura praticato, dell'auto-produzione domestica, seppur con alcune differenze formali derivanti dalla più ampia dimensione, dando luogo ad una sua forma più evoluta e adatta ai tempi.
In sostanza la cooperativa altro non fa che produrre, nel modo ordinario, beni e servizi di consumo corrente i quali sono acquisiti, a prezzo di costo, esclusivamente dalle famiglie dei soci, siano essi soci lavoratori e utenti o, semplicemente soci utenti.
Questa è la logica del DSL, la quale non differisce affatto da quella della singola famiglia auto-produttrice.
Tuttavia, date le necessarie differenze derivanti dal coinvolgimento di più famiglie, conviene esaminare più da vicino alcune sue caratteristiche.
Principali caratteristiche del DSL
Dimensione
Supera quella della singola famiglia di un “ fattore 100” : il numero di famiglie effettivamente coinvolte in un dato DSL, organizzate in una cooperativa in cui un buon terzo di esse sono rappresentate da un membro socio lavoratore, viene stabilito in fase di implementazione (in quanto dipende, essenzialmente, dalla propensione delle famiglie all'acquisto solidale effettuato a puro prezzo di costo, e dall'entità del ricorso al lavoro a tempo parziale) e può variare da una realizzazione all'altra e anche, leggermente, nel corso del tempo. Tale numero potrà aggirarsi fra le 200 e le 300 famiglie (la dimensione di un piccolo villaggio, virtuale nella fattispecie). Il numero può sembrare elevato e difficilmente raggiungibile. Ma si tratta di un numero raggiunto solo “a regime”, mentre il numero iniziale non supera il centinaio.
Nascita
Il DSL nasce ad opera di un soggetto Realizzatore ad esso esterno.
Questo si compone di due figure: un Patrocinatore (Ente morale, possibilmente una Parrocchia, che chiama a raccolta le famiglie, come detto rappresentate nella cooperativa da un loro membro) e un Attuatore (impresa o consorzio di imprese che procura le strutture produttive di proprietà terza, privata o pubblica, prese in affitto dalla cooperativa e, a tal fine, offre servizi di accompagnamento agli investitori proprietari, il che rappresenta il suo core business). Le due figure operano in convenzione.
Il Realizzatore rappresenta il motore della diffusione dei DSL.
Con la diffusione dei Distretti, in effetti, il Patrocinatore “evangelizza” e l'Attuatore amplia il suo mercato, contribuendo così entrambi al compimento della loro mission.
Tipologia e gamma di produzione
Come la famiglia auto-produttrice, la cooperativa produce beni e servizi di consumo famigliare corrente compatibili con una produzione di piccola scala.
Diversamente dalla famiglia auto-produttrice, la sua gamma di produzione è molto ampia e comprende la produzione agricola e le trasformazioni agroalimentari nonché i servizi alle persone e alle cose (alloggi, mezzi di trasporto). Essa è comunque prefissata e fa del DSL un soggetto “standard”, il che facilita la sua diffusione.
Ubicazione delle unità di produzione
Un Polo urbano, ubicato in prossimità dei luoghi di residenza delle famiglie associate, raccoglie i servizi (mini-market, parrucchiere, autofficina, lavanderia...), mentre un Polo rurale raggruppa le produzioni di beni, cioè le attività agricole (colture e allevamenti) e le trasformazioni agroalimentari (panificio, caseificio, conserve...).
Destinazione della produzione
Come la famiglia, la cooperativa destina la produzione unicamente alle famiglie associate (le quali costituiscono, sotto l'aspetto unicamente produttivo, una “grande famiglia” o una sorta “kibbutz non residenziale”). L'insieme delle famiglie della cooperativa in termini di quota della forza lavoro complessivamente impegnata nell'auto-produzione può essere paragonato ad una famiglia di due adulti occupati di cui uno dedica all'attività di auto-produzione, in ragione della produttività del lavoro in quest'ambito, solo la metà del suo tempo lavorativo.
Effetti del DSL sull'economia
Veniamo ora agli aspetti che possono essere fonte di scetticismo presso il lettore riguardanti gli effetti che una tale prassi può avere sul sistema attuale.
Scetticismo comprensibile, non fosse per il fatto che, essendo la logica del DSL così simile a quella della famiglia auto-produttrice, è assai incredibile che gli esperti, che praticano quotidianamente un tale schema nella loro stessa famiglia, non l'abbiano proposto prima.
Vediamo subito.
Occupazione generalizzata
È assai diffuso presso gli addetti ai lavori nell'ambito delle iniziative di creazione d'impresa, il pregiudizio secondo cui l'avvio di nuove produzioni non innovative (panificio, parrucchiere...), né in termini di prodotto né di processo, come è il caso del DSL, non comporti, a livello macroeconomico, alcuna creazione di occupazione aggiuntiva.
Questo in quanto alla nuova occupazione corrisponde una analoga diminuzione dell'occupazione presso le imprese preesistenti operanti negli stessi comparti e quindi il saldo occupazionale nell'economia risulta nullo.
Le origini di un tale radicato pregiudizio, al quale sembra umanamente impossibile sfuggire, vanno ricercate in un altro pregiudizio “a monte”, ampiamente diffuso e ben metabolizzato presso la totalità della popolazione, consistente nell'idea secondo la quale l'economia è costituita solo dal mercato (o, se si preferisce dal Paradigma dell'Eteronomia, o “produzione per terzi”) e coincide, di fatto, con esso (tutti gli altri fatti economici essendo reputati di pertinenza, secondo i casi, di una fredda pianificazione oppure frutto di relazioni sociali diverse che affondano le loro radici nella generosità o nelle convenzioni sociali legate alla tradizione e al folclore).
Il fatto che un tale duplice pregiudizio aleggi in questo contesto significa, più precisamente, che quanto sopra affermato e dato per scontato, e cioè che la creazione di occupazione netta addizionale necessita di innovazione, è vero, ma solo se si rimane all'interno della “bolla”, confinata al detto Paradigma, frutto del pregiudizio stesso.
Vedremo però che restare nella “bolla” del Paradigma dell'Eteronomia significa ostinarsi a camminare su un marciapiede pieno di buche che costringe il passante (l'accompagnatore alla creazione d'impresa, nella fattispecie) a piccole e grandi acrobazie per scovare domanda solvibile inevasa a cui rispondere con “innovazione di prodotto” o evasa in maniera insoddisfacente per rispondervi in maniera competitiva con “innovazione di processo”.
Ma l'Economia, da giugno 2015 con l'uscita del libro “La Dignità delle Nazioni”, prevede un altro Paradigma, prima... totalmente ignoto!
Si tratta del Paradigma dell'Autonomia cioè della “produzione per sé” o “auto-produzione”.
Auto-produzione che, si badi bene, non è solo quella domestica, cioè attuata da un singolo nucleo famigliare, ma comprende anche quella attuata da una piccola collettività di nuclei famigliari che operano alla stregua di una sola “grande famiglia”, tipo kibbutz (non residenziale) per intenderci, o addirittura più grande come una collettività pubblica.
Il primo risultato, teorico, è che tale Paradigma, assieme al precedente, circoscrive finalmente l'intero ambito dell'Economia (mostrando che il Mercato, alla base del sistema Capitalista, altro non è che una modalità economica nell'ambito di uno dei due Paradigmi).
Ma c'è anche un nuovo risultato pratico , oltretutto assai importante in quanto suscettibile di avere un impatto, positivo, sulla vita di tutti noi in un futuro non lontano.
Ebbene, la novità, come ben mostrato da World-Lab e come vedremo subito, consiste nel fatto che se le menzionate attività non innovative vengono avviate in questo secondo contesto esse... creano occupazione aggiuntiva!
Il Paradigma dell'Autonomia è, insomma, un altro “marciapiede”, per restare nell'allegoria, oltretutto privo di buche.
Tale“marciapiede”, situato all'altro lato della strada, può dirsi una scoperta del “pensiero laterale” che assomiglia, francamente, alla scoperta... “dell'acqua calda” ma che, come questa, può comunque essere di grande utilità (il che non fa onore agli economisti, premi Nobel inclusi, tanto brillanti nel saltar le buche, più a parole che nei fatti, quanto miopi, questo si, da non vedere il marciapiede perfettamente praticabile situato sul lato opposto della strada, né di sospettarne la presenza).
Se la menzionata novità dovesse rispondere al vero, e vedremo subito con un piccolo esempio che lo è senza bisogno di leggersi l'estesa argomentazione di World-Lab, per gli accompagnatori alla creazione di impresa questo comporterebbe non solo la fine dei loro grattacapi ma anche la scoperta di un “giacimento occupazionale” sorprendentemente grande, di fatto esteso alla... totalità delle risorse umane involontariamente inattive del sistema.
Tutto ciò sorprende perché significherebbe che si può raggiungere la piena attività permanente nel sistema “semplicemente” creando imprese, oltretutto identiche fra di loro (dato che rispondono tutte alla stessa domanda in quanto ogni gruppo auto-produttore esprime gli stessi bisogni degli altri gruppi e a tali bisogni, come gli altri, risponde con la propria produzione): imprese identiche e quindi ...”clonabili”.
Una cosa finora reputata inaudita (sempre per via del preconcetto, ben radicato, di una coincidenza fra economia e Mercato, un mondo, questo, dove la piena occupazione, lungi dall'essere una “benedizione” è... una iattura!).
Eppure si, è così.
Certo, non è che, nella realtà, tutta l'inattività involontaria del sistema venga assorbita direttamente dalle menzionate imprese (DSL).
Ma la diffusione capillare di queste sul territorio (in risposta, da un lato, ad una domanda di occupazione e, dall'altro, di beni e servizi acquisibili a prezzi convenienti e prodotti nel rispetto, accertabile, della salute umana ed ambientale) portano assai vicino all'obiettivo e gli effetti quasi automatici che seguono fanno il resto.
Trattasi però di imprese (occorre ripeterlo?), ben diverse rispetto a quelle, monotematiche, del contesto concorrenziale (non fosse altro per il fatto che esse producono tutto, e solo, ciò che serve alle famiglie dei soci e non oltre... semmai meno di questo: se qualche famiglia del gruppo auto-produttore dovesse rimanere senza pane, si rivolgerà al negozietto sotto casa... la risposta esaustiva alla domanda interna è un obiettivo ma non è la priorità e, men che meno, lo è una qualunque idea, velleitaria quanto assurda... di autarchia).
Lo diciamo in quanto, per esperienza, non appena si accenna all'auto-produzione che non sia quella attuata dalla “brava casalinga”, fosse anche auto-produzione di solo pane, scatta subito nella mente dell'interlocutore, compresi quelli che rivestono importanti incarichi sociali, l'obiezione... dell'autarchia!
Segno evidente che il tarlo dell'Eteronomia ha oramai lasciato una traccia indelebile nel genoma della nostra specie, al punto che oggi il bipede umano non è in grado di identificare null'altro nella gamma, pur variegata, dei fatti economici.
La possibilità di raggiungere la piena attività permanente è sicuramente una positiva evenienza, anche se, sempre a causa del pregiudizio menzionato, alquanto inaspettata e utopica.
Eppure dovrebbe essere considerato oramai assodato il fatto che l'inattività involontaria non sia un fenomeno inevitabile, come oggi ci viene raccontato (soprattutto dopo un secolo di Collettivismo diffuso nella metà delle terre emerse del pianeta dove perfino l'inattività volontaria era stata eliminata), bensì una peculiarità delle economie “Tutto Mercato” considerate le più “evolute” (un loro “fiore all'occhiello”, verrebbe da dire, dato che un certo tasso di disoccupazione è considerato decisamente auspicabile da molti economisti, un “vezzo” a cui mai rinuncerebbero...né il capitale gradirebbe la scomparsa di un tale “esercito industriale di riserva” di marxiana memoria).
Certo la soluzione collettivista, or ora menzionata, alla disoccupazione equivale ad aggredire una zanzara a colpi di “bazooka” (una pezza peggiore dello strappo).
Ma lo “spray” proposto da World-Lab, il Distretto di Sviluppo Locale, raggiunge lo stesso risultato senza effetti collaterali, quanto meno quelli negativi.
Insomma, per farla breve, stando a quanto fin qui argomentato sembrerebbe che una “scoperta” tutto sommato banale, accessibile ad una casalinga ma non ai premi Nobel, una sorta di “uovo di Colombo” che emerge scombinando le regole del gioco (poste da non si sa chi), sia in grado di farci vedere la realtà economica e sociale, cioè quella che più ci tocca, con occhi nuovi ed ingenui come quelli del bambino che esclama: il re è nudo! Sarà mai possibile tutto ciò?
Vediamo subito.
La verità di quanto finora esposto si può vedere cominciando con un esempio che, per facilità espositiva, riguarderà l'auto-produzione domestica, messa in atto da un singolo nucleo famigliare (dove l'attività, non essendo remunerata, viene difficilmente assimilata, chissà perché, alla “vera occupazione”).
Dopo di che si vedrà, comunque, come le conclusioni possano facilmente estendersi al caso dell'auto-produzione collettiva, del tipo DSL per intenderci.
L'esempio che faremo intende provare che il mutualismo (cioè l'auto-produzione nelle sue diverse forme ovvero, in senso lato, la “produzione per sé”) e il mercato (cioè la “produzione per terzi”) sono due “mondi” paralleli, nel senso che la crescita (in termini di produzione e occupazione) in uno dei due “mondi” non avviene necessariamente a scapito dell'altro ed anzi, in determinate condizioni (in particolare se nell'economia vi sono risorse umane involontariamente inattive, un iceberg del quale la disoccupazione rappresenta solo la punta), la crescita in uno dei due “mondi” può tradursi in una crescita netta per l'intera economia.
È così che se una giovane mamma, che volendo svolgere per bene il suo ruolo si trova a fare la casalinga, decidesse di fare in casa il pane corrispondente al consumo domestico, ciò comporta una crescita (seppur piccola) nel “mondo” dell'auto-produzione al quale parrebbe corrispondere, almeno in prima battuta, una analoga decrescita nel “mondo” del mercato.
Ma è anche un fatto che il risparmio corrispondente alla mancata spesa relativa al pane può tradursi, per la famiglia della casalinga, in una nuova spesa, e corrispondente crescita, in un diverso comparto del mercato, ad esempio quello del cinema, crescita che si può ipotizzare mediamente analoga alla decrescita nel comparto della panificazione. Cosicché, con riferimento all'intera economia, dato che alla menzionata crescita nel “mondo” dell'auto-produzione corrisponde, sul mercato, un semplice trasferimento di attività dal comparto della panificazione a quello della cinematografia, se ne può concludere che i due “mondi” possono dirsi paralleli e che la crescita nel “mondo” dell'auto-produzione corrisponde ad una crescita, di attività e di produzione, netta aggiuntiva nell'intera economia (che solo gli economisti fingeranno di non vedere... birichini!).
Quanto detto con riferimento all'esempio sembra valere, a semplice lume di logica, anche con riferimento a contesti auto-produttivi più ampi, come il Distretto di Sviluppo Locale (DSL), seppur con effetti accresciuti di un “fattore cento”, dato che l'insieme delle famiglie associate alla cooperativa del DSL possono essere viste, sotto l'aspetto della produzione e consumo, come una “grande famiglia”.
Resta il fatto che la situazione è, in questo secondo caso, più variegata e quindi meno accessibile all'intuizione sia in termini di gamma di beni e servizi auto-prodotti, sia in termini di distribuzione del reddito famigliare complessivamente liberato nelle varie famiglie di soci lavoratori utenti e di soci utenti sia, infine, in termini di trasferimento di spesa dai comparti interessati dall'auto-produzione ad altri comparti che restano di pertinenza del mercato.
Tale analisi, da cui si deduce che anche in tal caso vi è creazione aggiuntiva di occupazione nel sistema, è riportata in dettaglio nel libro di World-Lab.
Qui conviene, invece di ripetere interamente tale analisi, vedere la cosa da un altro punto di vista, più sintetico ma di validità non meno generale e forse più eloquente.
Dovendo dunque valutare gli effetti occupazionali di un circuito di produzione-consumo messo in atto nell'ambito di un DSL non resta che esaminarlo nei suoi due aspetti. Cominciando dal secondo, il consumo, ci si può chiedere quale può essere il motivo che spinge le famiglie consumatrici ad acquisire i beni e servizi prodotti nelle unità del DSL. E la risposta più immediata è che tale motivo risiede in un rapporto prezzo/qualità favorevole. Questo vale in particolare per le famiglie dei soci utenti in quanto quelle dei soci lavoratori utenti possono essere motivate anche dal fatto che i loro acquisti contribuiscono a sostenere il circuito economico in atto e, con esso, l'occupazione dei propri membri. Passando all'aspetto della produzione ciò significa che il Realizzatore del DSL, ha dato vita ad una impresa in grado di meglio rispondere ad una domanda già precedentemente evasa. La realizzazione di una tale performance, sul mercato (la “bolla” in cui tutti siamo rinchiusi), richiede una “innovazione di processo” (un elemento raro al punto che di solito si preferisce raggiungere l'obiettivo per vie meno 'nobili', cioè degradando l'ambiente o abbassando la qualità dei prodotti dando luogo a quello che nel mondo anglosassone viene detto in gergo “mercato dei limoni”, dove “limoni” sta per “bidoni” o “pacchi”).
D'altronde si sa che nel mercato il prodotto cattivo tende a scacciare quello buono, e così i prodotti buoni si concentrano in poche nicchie accessibili solo ai “ricchi creduloni”.
Comunque sia, la realizzazione della detta performance, che sul mercato richiede la presenza di una “innovazione di processo”, è una condizione alla quale viene fatta universalmente corrispondere una creazione netta aggiuntiva di occupazione nel sistema.
Il che prova che il DSL, che realizza la stessa performance, sicuramente senza abbassare la qualità essendo la trasparenza e l'accertabilità della qualità una peculiarità esclusiva del contesto auto-produttivo, seppur in un modo non convenzionale, attraverso un semplice cambiamento di Paradigma (“innovazione paradigmatica”... o riscoperta della “ricetta della nonna”?) comporta anch'esso occupazione netta aggiuntiva nel sistema, c.v.d. (come volevasi dimostrare).
A questo punto possiamo ritenere di aver fornito sufficienti elementi per provare che la via dell'auto-produzione rappresenta un “marciapiede senza buche” sul quale chi vuole contribuire a creare occupazione nel sistema si può tranquillamente incamminare.
Ciò si è visto con l'esempio semplice, e forse un po' troppo semplicistico, della casalinga che auto-produce pane per la sua famiglia ma è poi stato confermato considerando il DSL stesso.
Nel qual caso le attività interessate, oltre a coprire l'intera gamma di quelle congeniali al contesto auto-produttivo sono, altresì, totalmente monetizzate obbligando in tal modo anche gli economisti a registrarle e ad incorporarle nel PIL, previo aggiornamento dei loro strumenti contabili attualmente inadeguati all'auto-produzione considerata estranea all'economia e forse più pertinente, come detto, al folclore (oggi se un datore di lavoro sposa la cameriera, prima regolarmente assunta, il PIL cala: il matrimonio... nuoce al PIL?).
Se si pensa che oggi in TV si assiste ad una continua danza propiziatoria (una sorta di “danza della pioggia” dei nostri tempi) per la crescita (meglio sarebbe chiamarla mala-crescita) e cioè per un aumento di qualche “zero-virgola” del PIL e se solo si pensa che questo indicatore centrale dell'economia cala, sorprendentemente, come visto, in presenza di avvenimenti fausti e cresce a seguito di incidenti stradali, cioè di avvenimenti infausti, c'è da chiedersi in che mondo vivono i tanto apprezzati “consiglieri del principe”!
Per fortuna che oggi gli studenti di economia, organizzati nel movimento rethinking economics, si stanno ribellando, rifiutandosi di studiare teorie economiche che nascondono la loro pochezza in fiumi di formule matematiche (la “ciarlataneria matematica” denunciata da Keynes non è mai morta, anzi) per poi fare a pugni con la cruda realtà.
Ambiente
Se la possibilità di realizzare la piena attività permanente può sembrare un “bel sogno che diventa realtà”, il fatto che questo possa avvenire non tanto attraverso una “mala-crescita” bensì attraverso una “buona-crescita” che, oltretutto, riduce l'impronta ecologica dell'umanità sull'ambiente non è un sogno da meno .
Il fatto poi che l'avvio di un tale processo metamorfico del sistema possa essere avviato dalla società civile, lascia ben sperare (anche se un occhio di riguardo rispetto a tale dinamica da parte della politica, su scala regionale o addirittura comunale, è sempre il benvenuto).
Venendo ai benefici effetti ambientali evocati essi sono sostanzialmente dovuti al ricorso all'auto-produzione la quale è per natura “localizzata”, cosa più che evidente con riferimento a quella domestica, e comunque mai industrializzata, e dunque l'impatto sull'ambiente delle attività svolte in ambito mutualistico è globalmente inferiore e talvolta (es. agroalimentare) incomparabilmente inferiore a quello corrispondente alle stesse attività svolte sul mercato assieme a quelle, ad esse necessariamente congiunte (trasporti, conservazioni, imballaggi e relativi smaltimenti).
Cosicché una crescita nel “mondo” dell'auto-produzione può tradursi non solo in una analoga crescita per l'intera economia ma anche in una decrescita dell'impatto dell'attività umana sull'ambiente.
Quando si parte con il piede giusto...
In altri termini potenziando il mutualismo negli ambiti ad esso congeniali, e potendo altresì contare sulle attività indotte da una tale dinamica (con particolare riferimento alla conversione dell'apparato produttivo dalla dimensione industriale a quella artigianale, paragonabile in dimensione ad una sorta di “ricostruzione post-bellica” economicamente sostenibile, cioè che non necessita di denaro pubblico), si può accrescere la produzione fino al raggiungimento della “piena attività permanente” (considerata dagli economisti del mainstream come una prerogativa dei sistemi collettivisti, pagata con perdita della libertà della quasi-totalità della popolazione) riducendo nel contempo l'impronta ecologica (un exploit quest'ultimo realizzato, assieme alla piena attività permanente, dalle economie islamiche con la perdita della libertà della “sola” metà della popolazione, quella femminile).
Riflesso sul mercato
La riappropriazione da parte del mutualismo, grazie ad adeguati soggetti quali il DSL, dello spazio economico ad esso congeniale, spazio che nella Tradizione era occupato dall'auto-produzione domestica comporterebbe in occidente un contro-esodo del mercato dall'ambito dei beni di consumo finale a quelli della produzione di beni e servizi di consumo intermedio (materie prime, semilavorati ed altri input di produzione), delle attrezzature produttive e delle infrastrutture, tutti ambiti produttivi nei quali la domanda non può essere gonfiata artificialmente, inducendo il consumo compulsivo (una malattia assai grave, anche se denominata simpaticamente “fare shopping”) attraverso una pubblicità imperniata su strumenti violenti di persuasione occulta.
Questo a livello macroeconomico, cioè dell'economia nel suo insieme.
A livello microeconomico, cioè al livello delle singole aziende, ve ne saranno una parte che vedranno la domanda ad esse rivolta aumentare, altre diminuire fino a spingerle a chiudere.
Per quanto riguarda le prime esse dovranno assorbire manodopera, impresa non facile in un trend che va verso la piena occupazione.
Come ben spiegato nel libro di World-Lab, a cui si rinvia, ciò condurrà al sistema partecipativo in sostituzione di quello salariale in quanto le condizioni saranno riunite affinché ciò avvenga, sia dal lato delle imprese che dal lato dei lavoratori.
Per quanto riguarda le seconde, se si tratta di grandi industrie è giusto che seguano il loro destino di fronte ad una realtà che cambia (dovremmo essere avvezzi alla “distruzione creativa”, oppure vale solo quando il grande distrugge il piccolo?).
Per quanto riguarda, invece, quelle di dimensione artigianale, molte delle quali già sono caratterizzate da un profitto negativo e sopravvivono per il fatto che il titolare presta la sua opera ed usa spazi attrezzati di sua proprietà (esso vive di stipendio e affitto erosi dal profitto negativo) verrà spontaneo che questi dia in affitto lo spazio produttivo ad un DSL e continui ad operare al suo interno come formatore-tutore (sicuramente il suo reddito globale aumenterà così come l'utilità sociale del suo lavoro senza sottovalutare la serenità che tutto ciò può comportare).
Pedagogia
Una cultura d'impresa generalizzata implicata, da un lato, dall'avvento del sistema partecipativo nelle imprese del mercato e, dall'altro, dalla diffusa partecipazione ai DSL (quantomeno come utenti per una parte della sua gamma di produzione) porta la società ad essere pronta per una democrazia più partecipativa (democrazia diretta o referendaria).
Conclusione
La massima del terzo millennio dovrà essere “più mutualismo, per lavorare tutti e meno, per vivere tutti meglio (salvo un'esigua minoranza di psicopatici che mirano a diventare “i più ricchi del cimitero”), nella dignità e in un contesto sostenibile”.
Era d’Aprile qualche anno fa
lontano tra le colline
ancora le brezze delle cime
arruffavano le chiome incolte
senza pensieri
o no?
Un pensiero c’era
presente da sempre
sopito dentro al cuore
dialogo d’amore
mancava in quel vento
mentre sguardi aperti e curiosi
entravano in quell’ospite
venuto di fuori
mandato dal destino
far brillare ancora gli occhi
e intenerire il cuore.
Pubblico il presente articolo come gesto di ringraziamento alla Madre Superiora per essere stato invitato a parlare alle monache del Monastero della Visitazione di Treviso sul tema della preghiera. Mi auguro che le riflessioni riportate possano essere di giovamento per le persone che sono desiderose di capirci qualcosa di più su questo tema di grande attualità, proprio in questo anno giubilare.
Questa nota si articola in almeno tre parti, la prima di natura scientifica che ha come scopo quello di spiegare i meccanismi di funzionamento del nostro cervello e dei sistemi neuronali coinvolti, la seconda più propriamente mistica riguarda la relazione con la Divinità e infine la terza si concretizza nell’illustrare un esempio preso dalla testimonianza di una santa ritenuta dagli esperti una maestra di questa disciplina mistica.
PRIMA PARTE.
Lo sviluppo delle neuroscienze negli ultimi decenni ha consentito di mettere in luce le modalità di funzionamento dei nostri sistemi neurali. E' noto che il nostro corpo è composto da miliardi di cellule ognuna delle quali è una piccola centrale biochimica ed elettrica, è anche noto che ogni sorgente di elettricità genera anche onde elettromagnetiche. Per esemplificare tutti noi abbiamo conoscenza di come si analizza il comportamento del cervello, del cuore e dei muscoli. L’ingegneria biomedica ha realizzato apparecchiature sempre più sofisticate per studiare mediante elettroencefalogramma, elettrocardiogramma e elettromiografia il funzionamento degli organi analizzati.
Le scoperte della Fisica quantistica hanno consentito di andare oltre l’analisi dei semplici tracciati per esplorare addirittura gli effetti del pensiero sulla realtà fisica e non solo. Il nostro cervello fatto di miliardi di neuroni tutti dotati di carica elettrica ed emettenti onde elettromagnetiche, è la centrale dei processi comunicativi che avvengono a livello fisiologico dentro al nostro corpo, ma non solo, anche a livello di comunicazione del pensiero al mondo circostante, dal momento che il pensiero non è altro che una elaborazione prodotta dai nostri neuroni.
Ma c’è dell’altro, in questo contesto, ancora più affascinante. Scoperte recenti hanno messo in evidenza che il muscolo cardiaco ha un suo sistema neuronale in diretta connessione con quello cerebrale. Anzi, è stato dimostrato che il campo toroidale (circolare attorno all’organo) del cuore è molto più potente di quello cerebrale.
Gli scienziati dell’HeartMath dell’Università americana di Stanford, hanno fatto una scoperta forse ancora più grande riguardo al cuore. Hanno dimostrato che il cuore umano genera il campo energetico più ampio e potente di tutti quelli generati da qualsiasi altro organo del corpo, compreso il cervello all’interno del cranio. Hanno scoperto che questo campo elettromagnetico ha un diametro che si estende dai due metri e mezzo ai tre metri, con l’asse centrato nel cuore. La sua forma ricorda quella acciambellata di una toroide, forma spesso considerata la più unica e primaria dell’universo.
Reliquiario contenente il cuore incorrotto di San Francesco di Sales, fondatore delle Visitandine, e custodito nella chiesa del Monastero della Visitazione a Treviso
Il cuore genera il più ampio campo elettromagnetico del corpo
I campi elettromagnetici generati dal cuore permeano ogni cellula e possono agire come un segnale sincronizzatore per il corpo in maniera analoga all’informazione portata dalle onde radio. L’evidenza sperimentale dimostra che questa energia non solo è trasmessa internamente al cervello ma è anche recepibile da altri che si trovino nel suo raggio di comunicazione. Il cuore genera il più ampio campo elettromagnetico del corpo. Il campo elettrico come viene misurato dell’elettrocardiogramma(ECG) è all’incirca 60 volte più grande in ampiezza di quello generato dalle onde cerebrali registrate da un elettroencefalogramma (EEG). La componente magnetica del campo del cuore, che è all’incirca 5000 volte più potente di quella prodotta dal cervello, non è impedita dai tessuti e può essere misurata a diversi metri di distanza dal corpo con uno Strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID) basato su magnetometri. E’ stato anche rilevato che le chiare modalità ritmiche nella variabilità della cadenza del battito cardiaco sono distintamente alterate dall’esperienza di differenti emozioni. Questi cambiamenti nelle onde elettromagnetiche, nella pressione sanguigna e in quella sonora, prodotti dall’attività del ritmo cardiaco sono percepite da ogni cellula del corpo a ulteriore supporto del ruolo del cuore quale globale e interno segnale di sincronizzazione.
Ora, partendo dalle acquisizioni scientifiche sul funzionamento del nostro cervello e sulle scoperte della capacità del pensiero di influenzare gli eventi interni al corpo umano, e non solo, ma anche quelli esterni, possiamo fare alcune riflessioni sul significato della preghiera e della sua efficacia riguardo alle intenzioni per le quali, rivolgendoci alla Divinità, noi preghiamo.
Esperimenti su queste modalità di preghiera, soprattutto comunitaria, dove più persone si trovano per pregare Dio secondo quella certa intenzione, sono stati realizzati in particolare nei gruppi del Movimento ecclesiale del Rinnovamento Carismatico Cattolico e da quello del Rinnovamento nello Spirito Santo. I risultati sono stati evidenti e riportati come testimonianza nei loro Convegni: la preghiera influisce sugli eventi per i quali si prega.
Quale significato dare a questi risultati? Qui entriamo in un ambito fecondo di sviluppi straordinari sull’efficacia della preghiera, entriamo in un contesto dove entrano in gioco l’anima che ogni persona ha ricevuto da Dio creatore e Dio stesso. Significa che noi siamo in grado di comunicare con la Divinità e come siamo in grado di farlo con Lui, siamo in grado di farlo anche con la Madonna, con san Giuseppe e con tutti i santi della storia. Generazioni di mistiche e mistici testimoniano nelle loro biografie queste esperienze straordinarie di comunicazione tra l’anima della persona e le anime residenti in Paradiso nella visione beatifica del Creatore.
La scienza ha reso visibili e comprensibili le esperienze di generazioni di santi che hanno lasciato scritto quanto avevano sperimentato nella preghiera.
Seguendo questa pista di lavoro e di ricerca riporto, ora, una testimonianza che un monaco mi ha rilasciato tempo fa quando andai ad intervistarlo su questo argomento.
“Credo che quando noi parliamo della preghiera dobbiamo parlare meno di onde cerebrali e più di anima. Cioè della dimensione profonda che è essa stessa forza, è essa stessa energia, l'anima, è per sua natura. Mentre le onde cerebrali sono prodotte dal cervello l'anima non è prodotta, l'anima c'è.
E quindi quando noi preghiamo nel profondo del nostro cuore è l'anima che prega, e prega in forza di un dono che la rende viva nello Spirito, lo Spirito del Signore. Se tu vuoi intercedere, supplicare, chiedere perdono, è importante che tu lo faccia all’interno di te stesso, quindi' nella tua anima, non tanto nel pensiero, il pensiero può essere uno strumento che rivolge che indirizza la .tua anima, il pensiero della tua volontà, ma la preghiera deve essere espressione dell'interiorità, quindi del cuore. Più che del cervello o della mente, del cuore.
Molto spesso quando noi preghiamo non ci rendiamo conto dell’azione della preghiera, perché l'azione della preghiera sovrasta la nostra consapevolezza e sovrasta a volte anche le nostre intenzioni, quindi, pregare anzitutto facendo unità interiore, cioè calandoci dentro la nostra anima.
È per questo che Gesù raccomanda che quando vogliamo pregare, anzitutto, di entrare nel profondo nell'intimo del nostro cuore, nel segreto, lì nel segreto Dio è presente e nel segreto Dio si fa come dono.
Nel vangelo di Matteo. Quando Gesù, insegna ai suoi a pregare invita proprio a non farlo nelle piazze per essere visti e quindi con l'intenzione che nulla ha a che vedere con l'azione della preghiera, ma di entrare nel proprio segreto, nella stanza interiore.
E dice 'che il PADRE vede, e il Padre dona la sua ricompensa, o meglio, fa il suo dono, e il dono del Padre è sempre il Figlio, per cui entrare nell'intimo del nostro cuore restare, dimorare nel nostro cuore significa accogliere il dono di Cristo, presente in noi nel suo Spirito, e nella presenza dello Spirito che diventa orazione efficace, grido che il Signore ascolta, ed è nello Spirito che noi intercediamo, supplichiamo, offriamo, ringraziamo, lodiamo.
A me sembra che questo sia un primo grosso dettaglio o sottolineatura, relativamente alla preghiera. Io credo sia molto importante che quando noi decidiamo di pregare, possiamo fare precedere la preghiera da un momento di silenzio, di raccoglimento, in modo da rimetterci in sintonia con la nostra anima, mentre tante volte noi entriamo nella preghiera rimanendone fuori, perché la nostra mente è legata, aderisce alle preoccupazioni del mondo, non alla fede e alla
certezza del Signore, ma alle preoccupazioni del mondo, possiamo dire anche alle preoccupazioni dell'io, tutto ciò che è mortale e che non è sotto il nostro potere perché tutto è in potere di Dio.
Lasciare dunque ogni legame con ciò che non ha valore, non ha potere, e entrare nell'intimo, sciogliendo questi legami che ci mantengono al di fuori di noi stessi e invocare la misericordia del Signore affinché ci conduca passo dopo passo dentro la nostra stanza interiore, sciogliendo ogni ormeggio che ci lega a un molo che ci impedisce di salpare verso l'orizzonte, verso la luce, verso
l'infinito. Quindi credo che volendo pregare per sé ma anche per gli altri, sia fondamentale anzitutto fare silenzio e compiere questo primo percorso che va dalla esteriorità alla interiorità, e questo è il passaggio della prima soglia verso la preghiera: dalla esteriorità alla interiorità.
Il secondo passaggio è sentire nel proprio cuore la presenza della pace. Nel percorso interiore, superata la prima soglia dalla esteriorità alla interiorità, noi continuiamo a incontrare delle difficoltà. Sono le difficoltà legate alle memorie, ai ricordi, alle paure, alle inquietudini che turbano il nostro percorso verso l'interiorità, c'è bisogno quindi di un momento nella interiorità, di
purificazione, di lasciare andare anche gli ostacoli, gli impedimenti, i legami, dovuti alla memoria passata, recente, remota, e attraversarla senza paura, senza combatterla ma lasciare che sia, guardarla con sempre crescente serenità e proseguire.
Arriviamo a un certo punto in cui qualcuno ci prende per mano e ci conduce verso la pace, la pace interiore, la pace profonda, e lì nel luogo della pace allora possiamo incominciare ad aprire il nostro cuore e a presentare a Dio la nostra preghiera, per noi per gli altri, per chiunque”.
L'estasi di Santa Teresa d'Avila scolpita da Gian Lorenzo Bernini nella Chiesa, dei Carmelitani Scalzi, dedicata a Santa Maria delle Vittorie in via XX Settembre a Roma,
SECONDA PARTE.
Vorrei iniziare questa seconda parte sulla preghiera partendo da uno degli esempi più forti narrati nei Vangeli: l’orazione di Gesù nell’orto del Getsemani dopo l’ultima cena.
Partendo dal concetto di Dio Amore infinito, egli ci ha insegnato ad avvicinarsi a Lui con l’orazione, che può avere diversi modi di esprimersi: invocazione, intercessione, lode, ringraziamento, devozione e infine abbandono a Colui che cerca un dialogo con noi perché viviamo e esistiamo dentro di Lui.
La preghiera può essere recitata, libera o cantata.
La preghiera è presente in tutte le religioni e, tra le preghiere più belle ricordiamo i salmi dell’Antico Testamento, che raccontano tutta la storia di un popolo.
Le varie forme di preghiera nella nostra religione cattolica potrebbero essere:
• la lectio divina, preghiera che parte dalla Sacra scrittura per aprirsi al colloquio personale con Dio;
• il Rosario, preghiera completa perché riassume in una sintesi straordinaria tutta la storia della salvezza. In tutte le apparizioni la Santa Vergine Maria ha raccomandato la recita del Santo Rosario;
• il culto delle immagini per aiutarci nella concentrazione ispirandoci alla vita di quel Santo;
• la Via Crucis, pensata e istituita da san Leonardo di Porto Maurizio, frate francescano minore.
Ma come si può pregare e come si fa a pregare?
Innanzitutto si fa il segno di croce riandando immediatamente al mistero fondante della nostra religione cattolica che è la Santa Trinità. Poi ci si mette in una posizione corporale dignitosa, possibilmente si chiudono gli occhi, in un luogo staccato dal quotidiano e senza rumori.
Dio ci parla solo nel silenzio, ma non aspettiamoci che Lui parli a noi, saremo noi a metterci in confidenza con Lui e si vedrà che la nostra anima non rimarrà insensibile a questo contatto. Invochiamo lo Spirito di fuoco che infiamma tutta la nostra anima per un migliore contatto con Lui.
Possiamo vivere senza la preghiera?
È per questo che Gesù ci ha insegnato su richiesta degli apostoli l’antica orazione del Padre Nostro, (Luca 11,1: Gesù insegnaci a pregare). Se si osserva, in questa preghiera, prima lodiamo Dio, poi ci abbandoniamo a Lui nella richiesta del suo sostegno (dacci oggi il nostro pane quotidiano), nella richiesta del perdono dei peccati (rimetti a noi i nostri debiti), nella richiesta di salvezza (liberaci dal male e non farci cadere in tentazione).
Ma tante altre volte Gesù ha dato l’esempio con l’orazione personale, staccandosi dal gruppo e, nel silenzio, dialogare col Padre. Grande insegnamento.
La preghiera che ha colpito tutti di Gesù nel Getsemani prima del tradimento di Giuda, è stata tra le più sofferte, perché si è vista l’umanità nel respingere il calice più amaro, ma anche la carità di Gesù nell’accettare la volontà del Padre.
E poi, la sintesi più alta quando dalla croce chiede al Padre di perdonare lo scempio che gli stanno facendo i suoi concittadini e fratelli di fede insieme ai romani.
Perciò gli spunti sono tanti, ma si potrebbe concludere con la maestra della preghiera: Santa Teresa d’Avila.
Pregare è lasciar parlare il proprio cuore a Dio con slancio sulle ali del desiderio e sostenuto dall’amore.
Svuotiamoci di tutte le rabbie e le preoccupazioni deponendole ai suoi piedi prima di mettersi in intima preghiera con Dio.
Non posso fingere con Dio e Lui non può tradirmi.
TERZA PARTE.
Concludiamo questa riflessione con la testimonianza di una cantante moderna, Giuni Russo, morta di tumore nel 2004, la quale negli ultimi anni della sua vita si era dedicata alla frequentazione delle monache Carmelitane Scalze di Milano, e qui aveva maturata la sua conversione, profonda e straordinaria. Giuni ha scritto e cantato canzoni ispirate da Santa Teresa d’Avila. L’anno scorso nella ricorrenza dei 500 anni della nascita della Santa, le suore Carmelitane Scalze di Milano hanno pubblicato un CD con le canzoni composte da Giuni e da un poeta, cantate dalla stessa dopo la sua conversione: "Giuni Russo - LasMoradas- Live". Finalmente il Cd in versione integrale il memorabile concerto nella Basilica di S. Lorenzo Maggiore a Milano. Il Cd è dedicato a Papa Francesco in occasione del 500 anniversario di S. Teresa d'Avila."Giuni Russo carmelitana d'amore, incontro con Santa Teresa d'Avila"!
Giuni, “carmelitana d’amore”, ha voluto essere sepolta nel cimitero delle Carmelitane Scalze di Milano.
Giuni Russo durante uno degli ultimi concerti, alcune liriche le ha composte con Franco Battiato
Mi piace concludere così questa riflessione sulla preghiera, ricordando Santa Teresa, riformatrice dell’Ordine Carmelitano, e questa nostra artista contemporanea che dalla Santa è stata convertita.
NADA TE TURBE DI SANTA TERESA D’AVILA
Nada te turbe, nada te espante,
quien à Dios tiene, nada le falta,
solo Dios basta.
Todo se pasa, Dios no se muda,
la paciencia, todo lo alcanza.
Todo se pasa, todo se muda,
la paciencia, todo lo alcanza.
Nada te turbe, nada te espante,
quien à Dios tiene, nada le falta,
solo Dios basta.
Nada te turbe, nada te espante,
quien a Dios tiene, Dios basta.
Nada te turbe, nada te espante,
solo Dios, solo Dios basta.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, nulla manca,
Dio solo basta.
Tutto passa, Dio non cambia,
la pazienza, tutto realizza.
Tutto passa, tutto cambia,
la pazienza, tutto realizza.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, nulla manca,
Dio solo basta.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, Dio basta.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
solo Dio, solo Dio basta.
Di seguito il testo di: MORO PERCHE' NON MORO
Vivo ma in me non vivo
E’ il bene che dopo morte imploro
Che mi sento morire
Morire perché non moro
E più in me non vivo
Vivo nel tuo immenso amore
Mi vuole mi struggo ogni ora per intenso ardore
Vivo ma in me non vivo
Moro perché non moro
E più in me non vivo
Moro perché non moro
Non mi tradire fortissimo amore che imploro
Moro perché non moro
Vivo ma in me non vivo
Moro perché non moro
Quanto è mai lunga all’esule
Quest’affannosa vita
Quanto mai duri i vincoli
Che m’hanno ormai sfinita
Per quello che ho nell’anima
Che posso fare, o vita
Se non te stessa perdere
E andare in lui smarrita
Vivo ma in me non vivo
Moro perché non moro
E più in me non vivo
Moro perché non moro
Non mi tradire fortissimo amore che imploro
Moro perché non moro
Vivo ma in me non vivo
Moro perché non moro
E più in me non vivo
Moro
No me traiciones fuertìsimo amor que imploro
Que me siento morir
Morir porque no muero
Por lo que el alma Qué puedo hacer o vida
Si no a ti misma perder Y andar en él perdida
E più in me non vivo
Moro
Y andar en él perdida
Muero porque no muero
Si no a ti misma perder
Y andar en él perdida
Y andar en él perdida
TREVISO, Monastero della Visitazione, 12 marzo 2016
- Da una palafitta a due piani a un edificio a tre piani... con ascensore -
PREMESSA.
Questo articolo, piuttosto lungo e denso di concetti e di strategie, è il condensato di uno studio fatto a più menti su un'ipotesi di Economia Cristiana che è stato di recente pubblicato e presentato in diverse sedi istituzionali provocando molto interesse. Si tratta di passare dalle analisi più sofisticate e inconcludenti ad azioni concrete nel più sano spirito veneto, quello che ha portato il Beato Giuseppe Toniolo a dare concretezza alle indicazioni di una enciclica papale: la Rerum Novarum di papa Leone XIII, 125 anni orsono.
Siamo pronti, noi di World Lab, ad aiutare Papa Francesco per una nuova enciclica e a metterci in campo per realizzare quanto troverete in questo articolo. Le riforme sono sempre nate dal basso, dalla sana esperienza di chi non ha avuto paura di rischiare.
L'allegoria
In letteratura è frequente l'uso di allegorie o metafore (denominate parabole, nel Vangelo) in quanto, se azzeccate, possono rivelarsi uno strumento di comunicazione particolarmente efficace, cioè in grado di trasmettere, con poche e semplici parole ma in modo chiaro e oltretutto facile da memorizzare, concetti relativamente complessi ad una audience anche ampiamente diversificata.
In questa breve nota viene utilizzata, con questo spirito, una metafora di carattere “edilizio” per trattare, appunto, un tema estremamente complesso, su cui risulterebbe particolarmente arduo discettare utilmente e senza ambiguità in poche righe, quale quello del legame fra le tre componenti, materiale, etica e spirituale della società, e questo con particolare riferimento al mondo cristianizzato.
Secondo tale metafora, non certo esente da una cruda quanto necessaria semplificazione, ogni società risulta dotata di un suo edificio virtuale dove è idealmente insediata, e che si potrebbe definire, con una sola parola, la sua cultura.
Trattasi di un edificio a tre piani, ognuno dei quali ospita i valori specifici su cui ogni società si regge, in cui al piano terra si situano quelli relativi agli aspetti tipicamente materiali o economici, mentre ai piani superiori si incontrano, salendo, dapprima quelli riguardanti le relazioni sociali e per ultimi quelli relativi al rapporto fra gli uomini e la sfera trascendente o divina.
Va da sé che i valori che caratterizzano i diversi piani, pur potendo differire da una società all'altra saranno, in ogni società data, internamente coerenti.
L'esistenza di questo edificio virtuale non impedisce, ovviamente, che i cittadini, nella realtà, si comportino in contrasto con i principi di un livello o l'altro vivendo in maniera incoerente e contraddittoria sia sul piano individuale che, talvolta, collettivo.
Come emerge dal sottotitolo, fra le varie tipologie di società quelle che, pur nella loro grande diversità, si sono formate sui principi Cristiani, vengono qui immaginate come dotate di un edificio, privo di piano terra, che si presenta pertanto come una sorta di palafitta a due piani.
Tale palafitta, restando nella nostra metafora, risulta altresì caratterizzata dal fatto che, mentre il secondo ed ultimo piano resta riservato, come idealmente immaginato, all'ambito spirituale, nel primo piano, assieme agli aspetti sociali convivono anche alcuni importanti principi attinenti alla sfera economica.
Il lettore, ricorrendo alla stessa metafora, può divertirsi ad immaginare come si possano configurare analoghi edifici a tre livelli propri ad altre società, forgiate da ideologie o da altre religioni, atee o teiste.
E' cosi che, ad esempio, l'edificio di una società Comunista potrà apparire, nell'immaginazione dei più, come un edificio dove tutto è ammassato al piano terra mentre i due piani superiori, privi di muri, mostrano la nuda ossatura.
L'edificio di una società Buddista potrà apparire anch'esso, come l'edificio Cristiano, a forma di palafitta, con la significativa differenza rispetto a questo, che tutti i valori sono situati al primo piano, cosicché anche il piano superiore, come il piano terra, rimane vuoto e spazzato dai venti.
Il lettore potrà scoprire infine che il solo edificio completo, ad oggi, è quello relativo alle società Islamiche, un edificio progettato una quindicina di secoli fa e che, malgrado la sua opinabile vivibilità, tuttora sembra reggere la sfida del tempo.
Oltre a ciò, il lettore potrà scoprire altresì che fra gli edifici menzionati, gli unici due a non assumere la foggia di una palafitta sono quello Comunista e quello Islamico, rispettivamente un'ideologia ed una religione monoteista dotate entrambe di una propria Economia, intesa come Sistema economico dove i ruoli dei singoli attori sono assai ben delineati, seppur molto diversi da un Sistema all'altro (basti pensare che nel Sistema Islamico la metà della popolazione attiva, quella femminile nella fattispecie, è impegnata nell'auto-produzione domestica di gran parte dei beni e servizi di consumo famigliare corrente i quali rimangono così al di fuori dell'ambito di azione del Mercato, mentre nel Sistema Comunista il Mercato è totalmente estromesso e tutto è prodotto dallo Stato cosicché l'insieme della popolazione attiva è trasformato, volente o nolente, in dipendente statale).
In altri termini, nessun'altra ideologia o religione, al di fuori delle due appena menzionate è dotata di un Sistema economico proprio, cioè coerente con i valori situati ai piani superiori del proprio edificio virtuale.
Un ultimo interessante esercizio consentito dalla nostra metafora al lettore, inserito, in un qualche modo, nel contesto di una Economia capitalista che ormai si è imposta su scala planetaria, consiste nel cercare di immaginare quali principi si possano coerentemente situare nei piani superiori dell'ipotetico edificio avente al piano terra una tale Economia visibilmente orientata alla distruzione in tempi brevi dell'intero ecosistema.
Sicuramente in un tale esercizio, il lettore si troverà immerso nell'orrore.
E la cosa si aggraverà ulteriormente se l'esercizio dovesse spingersi fino all'individuazione dell'Architetto a cui un tale edificio di valori si può verosimilmente far risalire.
L'economia in ambito Cattolico, fra allegoria e realtà
Fuor di metafora, e con riferimento specifico alla Chiesa cattolica, è un fatto che essa, fin dai primi secoli, ha cominciato ad elaborare la sua Dottrina, la quale, tenendo costantemente presente il legame fra l'uomo e Dio, non ha mancato di includere anche qualche aspetto etico figurante nel Vangelo, ma anche alcune posizioni di natura prettamente economica (riguardanti, ad esempio, la moneta, l'interesse sui prestiti, il commercio, il profitto e così via) , reputate coerenti con i precedenti in virtù della qualificata ed autorevole interpretazione dei testi sacri attribuita ai Padri della Chiesa che le hanno elaborate ed espresse.
Questa lunga opera, mai cessata nel corso dei secoli, ha permesso di selezionare e raccogliere un grande volume di materiale sicuramente prezioso per una eventuale iniziativa a venire, tesa all'edificazione di un edificio dottrinale completo e articolato, secondo la nostra metafora, su tre distinti piani.
I primi segni di una tale iniziativa si sono effettivamente manifestati sul finire dell'Ottocento.
In effetti, a seguito dei rapidi mutamenti sociali provocati dalla nascente rivoluzione industriale (fenomeno di una portata tale che, per fare il paio nell'intera Storia dell'Umanità, occorre risalire, secondo il noto economista L. Pasinetti, nientemeno che all'avvento dell'agricoltura) (1), nonché a seguito dei fermenti ideologici che cominciavano a germogliare in un tale contesto, la Chiesa, con l'Enciclica di Leone XIII, Rerum Novarum (Maggio 1891), ha dato avvio ad un riordino del primo piano dell'edificio Cattolico mettendo in particolare evidenza gli aspetti di più immediata rilevanza economica.
Ai detti elementi prettamente economici se ne sono poi aggiunti, sulla scia dell'iniziativa intrapresa da Leone XIII, molti altri, alcuni dei quali di grandissima importanza, a seguito di nove successive Encicliche: la Quadragesimus annus di Pio XI (1931) la quale, infrangendo un tabù, ha messo addirittura il dito su una delle principali cause dell'attuale deriva economica su scala mondiale consistente nella concentrazione in poche mani del controllo della moneta (2), la Mater et Magistra e la Pacem in Terris, di Giovanni XXIII (1961 e 1963), la Populorum Progressio e l'Octogesima Adveniens di Paolo VI (1967, 1971), la Laborem Exercens, la Sollicitudo Rei Socialis e la Centesimus Annus, di Giovanni Paolo II (1981, 1987) e la Caritas in Veritate, di Benedetto XVI (2009).
Nel loro insieme, tuttavia, questi elementi non sono stati reputati sufficienti alla formulazione di una vera e propria Dottrina Economica della Chiesa (DEC), costituita da un preciso Sistema economico e dalle relative Prassi in grado di dargli forma e di conservarne la struttura, e quindi sono rimasti incorporati nella sua Dottrina Sociale.
Gli architetti dell'edificio dottrinale Cattolico hanno insomma preferito lasciar provvisoriamente libero il piano terra, conferendo all'edificio la foggia di una palafitta.
Cosa che, del resto, hanno dovuto fare, e forse a maggior ragione, anche gli architetti degli edifici propri ad altre religioni.
Purtroppo ciò fa sì che fra i nudi pilastri delle numerose palafitte si possano insediare abusivamente, cosa che effettivamente accade, Sistemi economici che prendono forma in modo spontaneo, secondo le leggi della giungla, e che perciò risultano totalmente avulsi rispetto ai principi rivelati o sapientemente elaborati, situati ai piani superiori, con risultati non sempre desiderabili e spesso manifestamente indesiderati.
Al punto che, nel caso limite delle società Cristianizzate, il Sistema economico che si è abusivamente insediato alla base del loro edificio dottrinale è stato recentemente dichiarato da Papa Francesco come decisamente opposto ai principi di derivazione evangelica, rispettivamente indiretta e diretta, del primo e del secondo piano e dichiarato, senza mezzi termini, “Economia che uccide” (Evangelii Gaudium-53, 2013) in patente contrasto con il Vangelo, che è vita.
Ed è su queste premesse che, finalmente, prende avvio la sostanza della presente nota, consistente in informazioni di prima mano su recenti sviluppi della scienza economica, e conseguenti proposte operative, suscettibili di accendere nuove speranze in questi tempi bui di sconforto e di dilagante rassegnazione.
Segni concomitanti dell'avvento di tempi nuovi
Cominciamo con il segnalare che nel Giugno del 2015, in provvidenziale concomitanza con l'Enciclica di Papa Francesco, Laudato si', è uscito su Amazon.it, a cura di un anonimo network denominato World-Lab facente capo al sito web “worldlabnetwork.ru”, un volumetto intitolato “La Dignità delle Nazioni” dal sottotitolo eloquente “Un inedito sistema economico per il terzo millennio”.
Questo libretto, scritto con un linguaggio comprensibile a tutti, contiene un inedito modo di guardare ai fenomeni economici il quale rappresenta, per quanto incredibile possa sembrare, una svolta significativa nella stessa Scienza economica.
Basti pensare che questa Scienza, fin dalla sua nascita (che si fa generalmente risalire al 1776, anno di pubblicazione del libro di Adam Smith “La Ricchezza delle Nazioni”), è stata incentrata, e continua stranamente ad esserlo, esclusivamente sul Mercato.
E non è quindi un caso se la realtà, in cui oggi tutti viviamo, si è trasformata in una vera e propria Società di Mercato, dove tutto è ridotto a merce che si vende e si compra col denaro, facendo di questo una sorta di nuova “divinità” che stabilisce il valore di tutto, dalle cose, natura inclusa, alle... persone! Basti ricordare lo sviluppo della pratica della vendita dei bambini nati dagli uteri di donne comperate per la riproduzione. Il che, per ogni uomo di buon senso, e soprattutto per un cristiano, “grida vendetta al cospetto di Dio”, per dirla con una nota espressione popolare.
Il nuovo sguardo rivolto al contesto economico offre, invece, un quadro ben diverso.
E, più precisamente, un panorama a 360 gradi che consente di visualizzare l'insieme di tutti i possibili modi di produrre e consumare, facendo del Mercato un modo, fra tanti altri, importante ma lungi dall'essere l'unico.
Non solo. “A monte” dei diversi modi sono stati identificati due Paradigmi economici fondamentali, dell'Eteronomia (produzione per terzi consumatori) e dell'Autonomia (auto-produzione), ai quali ognuno dei possibili modi di produrre e consumare fa necessariamente capo (tertium non datur).
Mentre il primo Paradigma è essenzialmente rappresentato dal Mercato (la Filantropia, che anch'essa ne fa parte, si occupa solamente dei consumatori non solvibili), il secondo comprende invece una pluralità di modi che si distinguono fra loro essenzialmente, ma non unicamente, dalla dimensione della collettività auto-produttrice.
Fra essi figura tanto l'auto-produzione domestica (riguardante la collettività più piccola, costituita dalla famiglia) che lo Stato (la collettività più grande, cioè quella nazionale), passando ovviamente per una serie di altri modi, compresi nella categoria del mutualismo, attivabili per iniziativa privata e riguardanti l'ampia gamma delle collettività intermedie, di cui alcuni sono noti, quali le Cooperative di utenza, le Mutue previdenziali ed assicurative, mentre altri sono tuttora inediti.
E, fra quest'ultimi, il Distretto di Sviluppo Locale (DSL), ottenuto da World-Lab attraverso un processo di ottimizzazione della sua “attrattività” presso i potenziali soci lavoratori e/o utenti, sulla diffusione del quale, come ampiamente dimostrato nel libro “La Dignità delle Nazioni”, è lecito riporre notevoli speranze di cambiamento, oggi urgente data la conclamata pericolosità del Sistema economico trionfante, sia per l'uomo che per l'intero ecosistema.
Un fondamentale risultato di questo nuovo approccio all'Economia, di cui vedremo subito le conseguenze pratiche, consiste nell'uscita dal “falso dilemma” che ha ingabbiato il dibattito sociale e politico nell'ultimo secolo e che, purtroppo, ha pesantemente influenzato anche le menzionate Encicliche alla base dell'attuale Dottrina Sociale della Chiesa, consistente nella scelta fra Stato e Mercato, erroneamente tradotta nella scelta fra proprietà Pubblica e Privata dei “mezzi di produzione”.
Non sfuggirà a nessuno il fatto che, una volta imprigionato il dibattito della società civile in tale gabbia e considerate le inefficienze dello Stato, particolarmente evidenti quando questo si fa carico di ambiti produttivi diversi da quello dei servizi collettivi di sua stretta competenza, l'avvento della Società di Mercato promossa da potenti forze coalizzate da interessi comuni, diventa fatale.
E, con essa, tutte le sue deleterie conseguenze sulla collettività quali il nichilismo verso il quale essa è cinicamente convogliata e in cui sta drammaticamente sprofondando riducendosi sempre più alla “società servile” profetizzata un secolo fa da Hilaire Belloc (3).
Ma una volta aperta tale gabbia, ed è ciò che World-Lab ha fatto, appare evidente che l'attività pubblica può essere confinata all'ambito di sua esclusiva competenza senza, per questo, dover affidare la totalità dell'attività privata al Mercato come parrebbe necessario stando al citato “falso dilemma” (stranamente popolare presso l'intellighenzia e da questa curiosamente diffuso con solerzia).
In effetti la Società civile, attraverso l'iniziativa privata, è perfettamente in grado di attivare, seguendo le linee tracciate da Worl-lab nel citato illuminante libretto, ben altre modalità di produzione-consumo di efficienza pari e, con riferimento al menzionato DSL, addirittura superiore al Mercato, ma caratterizzate da positività sociali e ambientali di cui il Mercato e lo Stato, lasciati operare in tandem senza altri contrappesi, risultano pericolosamente carenti.
Più precisamente nel citato volumetto, proprio attribuendo ai vari modi di produzione e consumo “vecchi” (Mercato e Stato) e “nuovi” (tra cui alcuni oscurati e altri, come detto, inediti) gli ambiti produttivi ad essi più congeniali, viene delineato e presentato ciò che la Chiesa non ha finora mai potuto formulare esplicitamente. E cioè un inedito Sistema economico, denominato Tradizionale Dinamico Rigenerativo, il quale prende forma con la diffusione di una Prassi (DSL) destinata a sviluppare un nuovo importante pilastro nell'economia vigente, depurando, per questa via, il Mercato dai suoi aspetti più deleteri legati alla sua debordante ipertrofia (come avviene anche nell'Economia Islamica, ma senza il ricorso a precetti religiosi praticabile solo negli Stati confessionali o teocratici).
Un Sistema che è in grado di impiegare tutte le risorse umane disponibili, fino ad oggi considerata prerogativa del Collettivismo, in un regime di libera iniziativa privata, fino ad oggi propagandata come prerogativa del Capitalismo.
Un Sistema in grado di garantire, diversamente da quelli menzionati, la sostenibilità sociale ed ambientale senza privare le persone, indipendentemente dal sesso, della dignità umana.
Un Sistema, dunque, assolutamente inedito, incentrato sulla persona e sulla natura, conformemente all'Ecologia integrale promossa dall'Enciclica Laudato si', nel quale ognuno è potenzialmente in grado di partecipare all'attività produttiva in qualità di shareholder o socio (l'esatto opposto di quanto avviene nella citata “società servile”), e che quindi, grazie a queste sue caratteristiche, risulta in totale coerenza con la Dottrina Sociale della Chiesa.
Un Sistema, soprattutto, che nasce, come ben illustrato da World-Lab, attraverso il Patrocinio di un Ente morale e che, quindi, la Chiesa può contribuire a realizzare essendo, anzi, l'Istituzione di gran lunga più adeguata a tal fine, tanto in ragione dei valori etici da essa veicolati che della sua presenza su scala mondiale.
Insomma, nel giugno del 2015, si è prodotta una singolare sincronicità (fenomeno, così denominato da Jung, di natura a-causale e, allo stesso tempo, difficilmente interpretabile come casuale perfino dai non credenti): fra il possente grido d'allarme lanciato, attraverso l'Enciclica Laudato si', dal successore di Pietro e principale leader spirituale del mondo, sul pericolo che incombe sull'intero ecosistema, da un lato, e la risposta concomitante dell'anonimo network World-Lab, dall'altro, indicante una strategia perfettamente coerente col messaggio Cristiano, dalle grandi potenzialità soprattutto se accolta e governata dalla Chiesa e praticabile da subito, per sventare tale pericolo.
Una tale significativa sincronicità non potrà lasciare indifferente il popolo credente né, si spera, la Chiesa.
Attuale stato dell'arte
Oggi il cittadino del mondo cristianizzato è, di fatto, obbligato ad entrare nel mortifero Sistema economico Occidentale, oltretutto di difficile accesso e di precaria permanenza, il quale lo obbliga a comportarsi, come è logico, secondo le sue specifiche regole.
Ora, per chi è stato sufficientemente “indottrinato dai media” all'accettazione di dette regole, il che implica anche una accettazione del materialismo e di tutta la sua ben nota sequela di “falsi valori”, non si pone un gran problema esistenziale.
Ma è certo che, per un cittadino che fa dei principi etici e spirituali della Dottrina della Chiesa un punto di riferimento comportamentale, il fatto di trovarsi obbligato, per far fronte ai bisogni materiali propri e della propria famiglia, a nuotare controcorrente per non essere travolto dall'irruenza della corrente dominante (mainstream), la situazione è assai deprecabile quando non addirittura insostenibile.
E sicuramente oggi molti cristiani, che hanno dovuto gettare la spugna, sono portati a vivere in contrasto con i valori in cui credono con i conseguenti rimorsi di coscienza che ciò comporta.
La Chiesa si trova dunque, con ogni evidenza, difronte ad un serio pericolo che nasce dalla continua immersione delle popolazioni cristianizzate in un mondo dominato da un'Economia senza Dio, se non addirittura contro Dio, un'immersione involontaria che però, a lungo andare, finisce inevitabilmente per riflettersi negativamente dapprima sui rapporti sociali e poi sugli stessi rapporti fra uomo e Dio.
Perché ormai è chiaro che con la continua secolarizzazione della società, un processo che non conosce limiti di nessun tipo, la dimensione spirituale dell'uomo in essa immerso si viene a trovare come una pianta su un suolo arido e, alla lunga, appassisce.
E il rischio per la Chiesa, è di veder scemare il suo gregge che, guidato da falsi pastori e pifferai magici viene cinicamente portato alla sua definitiva perdizione fin dalla sua vita terrena.
Ciò che la Chiesa dovrebbe urgentemente fare, visto che ora gli strumenti esistono, consiste innanzitutto nel procedere, con l'aiuto di una task-force aperta ed impersonale, ad una sistemazione del piano terra del suo edificio dottrinale.
Il che significa utilizzare gli elementi di natura prettamente economica, attualmente situati al primo piano, per elaborare una sua Dottrina economica ben distinta dalla sua Dottrina sociale ma, ovviamente, totalmente coerente con questa.
In quest'opera di edificazione del piano terra, gli addetti ai lavori potranno ispirarsi allo schema architettonico elaborato dal network World-Lab trasformando così l'attuale palafitta in una elegante palazzina, dotata di... “ascensore” (fuor di metafora, trattasi della Prassi standard individuata da World-Lab, cioè il DSL, la diffusione capillare del quale porta, come detto, alla trasformazione di ogni Sistema economico in un Sistema Tradizionale Dinamico Rigenerativo).
Il dispositivo è così chiamato nell'allegoria in quanto consente a chi entra nel piano terra del nuovo edificio di affacciarsi agevolmente ai piani superiori e, se attratto dai valori ivi insediati, di frequentarli a sua convenienza traendone beneficio e, in certi frangenti della vita, ricevendone un sicuro conforto.
Anche chi deciderà di non frequentare assiduamente i piani superiori dell'edificio, sarà comunque reso edotto sull'origine della Prassi da esso abbracciata e potrà così rendersi conto che la via indicata dalla Chiesa è la sola che dà buon frutto essendo basata su valori veri o, in altri termini, depositaria della Verità.
Un tale “ascensore” può dunque dar luogo in Occidente a quello che sta avvenendo su scala nazionale nei Paesi ex-comunisti dove la popolazione, venuta meno la cappa di piombo materialista che da qualche generazione la opprimeva, lentamente risale dal piano materiale ai piani dell'etica e della spiritualità.
La Chiesa dovrebbe dunque, in altre parole, dar avvio, prima di altri e conformemente all'esortazione di Papa Francesco, ad una “bonifica” del sistema economico che sta dilagando nel pianeta, facendosi Patrocinatrice della diffusione dei Distretti di Sviluppo Locale ovunque emerga una domanda di occupazione, nonché una domanda di beni e servizi prodotti nel rispetto della salute umana ed ambientale.
E questo, a cominciare dai Continenti in cui essa è più presente, e includendo anche i Paesi, come Cuba, che stanno cercando una nuova via evitando loro di passare, in termini di Sistema economico, dalla padella alla brace.
La Chiesa lo deve, sicuramente, ai cristiani praticanti, percentuale sempre più esigua della popolazione in molti Paesi.
Ma lo deve anche alla ben più grande percentuale dei cristiani non praticanti e dei cristiani “ a loro insaputa” (atei inclusi), quest'ultimi spesso insofferenti ai “dogmi” di una secolarizzazione soffocante la quale non cessa di “esprimere religiosamente la sua assoluta anti-religiosità” (4).
E lo deve anche a sé stessa dando avvio, in tal modo, ad una inversione del processo di secolarizzazione che oggi la sta erodendo, e che di tutta evidenza viene governato con l'intento, preciso e determinato, di travolgerla.
Invertire il processo di secolarizzazione
Oggi è gran tempo di smitizzare la presunta irreversibilità (5) del rovinoso processo, subdolamente propagandata e, comunque, accettata dall'ingenuità di molti buoni cristiani (6) e, aggiungiamo noi, dall'ignavia di molti altri.
Ed è tempo, altresì, di ben comprendere un tale processo (7).
E, in particolare, di rendersi conto che questo procede spedito sulle ali del Sistema economico imperante il quale, seppur mortifero, avanza trionfante grazie all'oscuramento, da parte dell'intellighenzia complice, delle potenziali alternative efficaci e realistiche.
E se è vero, come appena detto, che “la secolarizzazione avviene non teoricamente ma praticamente, ossia facendo fare alle persone delle cose" (8) , tra cui “nuovi modi di relazionarsi e di lavorare” (9), allora converrà che la Chiesa, con grande urgenza, faccia propria e Patrocini la Prassi standard (DSL) che con la sua diffusione capillare sul territorio conduce al Sistema Tradizionale Dinamico Rigenerativo e incorpori le principali caratteristiche di questo Sistema nella sua Dottrina Economica.
Guai se la Chiesa, dopo aver messo al bando i Sistemi economici Capitalista e Comunista, entrambi in pieno conflitto con i propri principi, e dopo aver preso conoscenza di un Sistema inedito (ben superiore ed adatto ai tempi del Sistema Islamico ora rimasto... l'unico baluardo al materialismo!), perfettamente conforme ai detti principi, e della Prassi che porta alla sua realizzazione, fondata sulla più genuina tradizione cristiana, non fa propria tale Prassi standard e assume il Patrocinio di una sua sperimentazione in vista di una sua messa a punto e diffusione su scala planetaria.
Sarebbe un vero peccato!
In effetti ciò consentirebbe a tanta gente di operare nel quotidiano secondo una Prassi perfettamente conforme all'Etica cristiana e, allo stesso tempo, di rendersi chiaramente conto da dove provengono i valori all'origine di tale Prassi.
Tanta gente, che il Sistema ha deluso (in numero crescente perfino nella parte più industrializzata del pianeta che oggi beneficia massimamente, a scapito dell'immensa maggioranza, delle limitate risorse naturali disponibili) e che, con la nuova ondata di “evangelizzazione dal basso” (formazione al lavoro), ispirata a quella immaginata e praticata da Don Bosco, può ritrovare la speranza.
Tanta gente, a cominciare dai Cristiani credenti e più o meno praticanti e tanti altri che, organizzati in una comunità, che è immaginata da World-Lab come una “Repubblica Universale a-territoriale”, facciano da “spina dorsale” alla società in Occidente e altrove.
La Chiesa può dunque, se solo lo vuole, invertire il processo di secolarizzazione in atto.
Il che non significa perseguire l'avvento di uno Stato confessionale o teocratico, essendo la laicità un portato del Cristianesimo, ma un ritorno in forze dei valori Cristiani nella vita della società, a cominciare dal modo in cui questa produce e distribuisce la ricchezza alle singole famiglie (dando luogo ad una Economia ben diversa da quella “che uccide”) fino al modo in cui essa gestisce il bene comune (esprimendo una classe politica non opportunista e incorruttibile).
Solo così la Chiesa potrà far uscire l'umanità dalla pericolosa china su cui oggi si trova e, al seguito di Papa Francesco, assumere la leadership di un movimento di catarsi e di rigenerazione su scala planetaria in grado di traghettare l'umanità verso una nuova Era.
Se solo lo vuole......
World-Lab network
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Note:
(1) Luigi L. Pasinetti, Dottrina Sociale della Chiesa e Teoria economica, VII Simposio internazionale dei docenti universitari, Vicariato di Roma, Giugno 2010.
(2) Pio XI, Quadragesimus Annus: “Nel nostro tempo è ormai evidente che la ricchezza e un immenso potere sono stati concentrati nelle mani di pochi uomini. Questo potere diventa particolarmente irresistibile se viene esercitato da coloro che controllano e comandano la moneta, poiché costoro sono anche in grado di gestire il credito e decidere a chi deve essere assegnato. In questo modo forniscono il sangue vitale all'intero corpo dell'economia. Loro hanno potere sull'intimo del sistema produttivo, così che nessuno può azzardare un respiro contro la loro volontà.”
(3) Hilaire Belloc, Lo Stato servile, Liberilibri, Macerata,1993
(4) S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Sulla presunta irreversibilità della secolarizzazione, Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan, Dossiers, Febbraio 2013
(5) ibid.
(6) Stefano Fontana, La secolarizzazione della Dottrina sociale della Chiesa e il personalismo di Maritain, Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan, Notizie DSC, Febbraio 2016
(7) Stefano Fontana, Il destino dell'occidente e la secolarizzazione, Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan, Dossiers, Dicembre 2014
(8) ibid.
(9) ibid.
La recente scoperta dell’esistenza delle “onde gravitazionali”, cui anche gli scienziati italiani hanno dato un contributo importante, ha dato conferma delle ipotesi di Albert Einstein (1879 – 1955) circa la teoria della relatività generale che hanno rivoluzionato le conoscenze intorno alla creazione del mondo e dell’uomo.
La Fisica è la disciplina che studia tutto ciò che accade nel mondo che ci circonda, dalla meccanica all’idraulica, dall’elettrologia al magnetismo, dall’astrofisica all’astronautica, dall’energia nucleare alla fisica quantistica e via analizzando.
Modello di rappresentazione dell'universo e l'effetto della scoperta
Gli scienziati che più hanno studiato l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, hanno sempre avuto davanti, oltre alle loro ipotesi scientifiche, anche l’altra grande ipotesi, o domanda: “Ma Dio esiste? Questo mondo che noi studiamo e nel quale facciamo scoperte sempre più importanti per conoscerlo nelle leggi che lo governano, è stato creato da qualcuno o si è creato da solo?”
Non vi racconto in questa riflessione le conversioni all’esistenza di Dio creatore da parte di numerosi scienziati, soprattutto negli ultimi anni. Scienziati, in particolare, che hanno rivoluzionato le conoscenze delle leggi che governano il mondo che ci circonda: fisici, biologi, chimici, medici, neuroscienziati, psicologi, psichiatri, ecc.. Desidero soltanto portare alla vostra attenzione il pensiero di Albert Einstein, di religione ebraica, intorno alla risposta che lui ha tentato di dare a quella domanda.
Albert Einstein in un'immagine nel suo studio
È necessario fare una premessa di carattere culturale riguardo a queste scoperte. Vedete, tutti noi sappiamo, per le conoscenze che abbiamo acquisito negli anni, come il mondo della Scuola, dei Giornali, delle Radio e delle Televisioni, sia pervaso quasi totalmente dall’ateismo militante e dall’avversione viscerale verso tutto ciò che parla di Dio e delle religioni. Il 90% degli insegnanti del nostro sistema scolastico, dalle elementari all’università, è di formazione atea o agnostica, gli studenti e i laureati che escono da questo sistema e che affrontano la vita sono a loro volta vittime di questo impianto culturale. Il vuoto di senso della vita che pervade queste persone lo vediamo nei loro atteggiamenti e nel loro lavoro: molte energie votate alla derisione e all’offesa di chi ha una fede nel Dio creatore.
Pensate solo a ciò che scrivono certi giornali e alle trasmissioni radio-televisive, a ciò che gira nei social network: una continua dissacrazione degli argomenti di carattere religioso con l’intento manifesto di sradicare il più possibile la fede nel trascendente, innanzi tutto se di origine cattolica.
Ebbene, vediamo insieme, ora, il pensiero di Albert Einstein intorno a questo tema, partendo proprio dalle sue teorie rivelatesi finora vere e scoperte in gran parte dopo la sua morte dalla Fisica sperimentale, e che hanno rivoluzionato non solo le conoscenze scientifiche ma anche e soprattutto il nostro modo di vivere nella quotidianità.
C’è un aspetto che sfugge in tutta questa vicenda sulla scoperta delle onde gravitazionali. Il media system in questi giorni non ha dato alcuna rilevanza a un fatto che Einstein riteneva assolutamente sorprendente e cioè che la mente umana, tramite equazioni matematiche, sia in grado di ipotizzare l’esistenza di fenomeni fisici mai visti e il fatto che la realtà fisica dell’universo mostri di essere stata “costruita” proprio così, con perfetta razionalità matematica.
La matematica è una costruzione della mente umana, e allora, come è possibile che un’equazione astratta costruita dalla nostra intelligenza si ritrovi poi esattamente riprodotta nelle leggi fisiche che governano l’universo: dalla nostra Terra alle galassie lontane milioni di anni luce?
Il Cosmo (in greco sarebbe l’Universo creato) non è stato certo prodotto dall’uomo, però è governato dalle ferree leggi matematiche elaborate dalla mente dell’uomo, questo fatto è stato dichiarato un “miracolo” proprio da Einstein che ne era immensamente stupefatto. Nella famosa lettera al filosofo e matematico Maurice Solovine nel 1952 gli scriveva così: “Lei trova strano che io consideri la comprensibilità della natura come un miracolo o un eterno mistero. Ebbene, ciò che ci dovremmo aspettare, a priori, è proprio un mondo caotico del tutto inaccessibile al pensiero. Ci si potrebbe aspettare che il mondo sia governato da leggi soltanto nella misura in cui interveniamo con la nostra intelligenza ordinatrice: sarebbe un ordine simile a quello alfabetico, del dizionario, laddove il tipo d’ordine creato ad esempio dalla teoria della gravitazione di Newton ha tutt’altro carattere. Anche se gli assiomi della teoria sono imposti dall’uomo, il successo di una tale costruzione presuppone un alto grado d’ordine del mondo oggettivo, e cioè un qualcosa che, a priori, non si è per nulla autorizzati ad attendersi. È questo il miracolo che vieppiù si rafforza con lo sviluppo delle nostre conoscenze. È qui che si trova il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, felici solo perché hanno la coscienza di avere, con pieno successo, spogliato il mondo non solo degli dèi, ma anche dei miracoli”
In perfetta consonanza con Einstein, un altro premio Nobel per la Fisica nel 1974, Antony Hewish, astronomo ha affermato: “Dall’osservazione scientifica arriva un messaggio molto chiaro. E il messaggio è questo: l’universo è stato prodotto da un essere intelligente”.
Proprio queste affermazioni ci autorizzano a parlare della certezza razionale dell’esistenza di Dio.
Un altro tassello va aggiunto. Il più importante filosofo dell’ateismo contemporaneo, Antony Flew (1923 – 2010), proprio grazie a Einstein, in suo lavoro nell’anno 2004, ha rinnegato l’enorme mole delle sue ricerche precedenti, proclamando la certezza razionale dell’esistenza di Dio creatore. Così scriveva: <<Einstein credeva chiaramente in una fonte trascendente della razionalità del mondo, che definì variamente: "mente superiore", "spirito superiore illimitabile", forza ragionante superiore", forza misteriosa che muove le costellazioni">>.
Il bambino curioso di Einstein
È la conferma di quanto la Chiesa cattolica ha affermato nel Concilio Vaticano Primo: l’uomo con la semplice intelligenza può arrivare alla certezza dell’esistenza di Dio.
Certamente la fede cristiana è altra cosa, è la Rivelazione dell’incarnazione del Figlio di Dio, Gesù, ma alla certezza razionale dell’esistenza di Dio si può arrivare con la semplice ragione, basti pensare al più grande filosofo dell’antichità: Aristotele, e alla più grande mente della modernità: Einstein.
Che cosa non c’è stato in Albert Einstein? È mancato l’incontro cristiano, cioè il momento in cui; grazie ad un avvenimento preciso, per aiuto dello Spirito e per libertà personale, dice la Chiesa; l’uomo prende in seria considerazione il fatto che quel Dio così evidente, ma così lontano, si sia voluto rivelare agli uomini. Ancora, il più importante esponente dell’ateismo scientifico degli ultimi anni, Antony Flew, convertitosi nel 2004 arrivava ad intuire questo: «Certamente la figura carismatica di Gesù è così speciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. Se Dio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto». Einstein, per le circostanze della sua vita, non è invece arrivato fino a qui, ma tuttavia in una intervista del 1929 ha commentato: «Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita».
Un altro pensiero di Einstein ci aiuta a comprendere in profondità il pensiero che lo animava: “Non sono ateo e non credo di potermi definire panteista. Sono nella stessa posizione di un bambino che entra in un’enorme biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Non si sa come, non si comprendono le lingue in cui sono stati scritti. Il bambino sospetta vagamente un ordine misterioso nella collocazione dei libri, ma non sa quale sia. Questo, mi pare, è l’atteggiamento anche del più intelligente degli essere umani nei confronti di Dio”.
Da questo si comprende la sua posizione di scienziato: “Voglio sapere come Dio ha costruito questo mondo .... Voglio conoscere i suoi pensieri”.
Atteggiamento stupendo e profondo che solo uno scienziato libero da schemi ideologici può manifestare, e che solo in questo modo è in grado di realizzare ipotesi teoriche e sperimentarle in laboratorio per conoscere le chiavi del funzionamento dell’universo.
Una posizione opposta a quella di certi divulgatori mediatici di oggi, e molto gettonati dalle televisioni e dai giornaloni della cultura massonica-anticlericale, tuttora aderenti all’ottocentesca ideologia positivista e quindi allergici alla parola “Dio”. Uno scienziato libero da quel pattume polveroso di pregiudizi ideologici non può che arrivare alle conclusioni razionali di Einstein.
Il caso Einstein spiega perché un altro grande scienziato, profondamente cattolico, Louis Pasteur, fondatore della microbiologia, poteva dire: “Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui”.
Ecco, ritengo di aver fatto opera di chiarezza sull’approccio corretto di chiunque si occupi di scienza, impariamo dal bambino di Einstein e diamoci da fare per capire la lingua con la quale Dio creatore ha costruito questo universo che l’uomo non finirà mai di esplorare.
Vista dell'impianto VIRGO nei pressi di Pisa dove sono state fatte le scoperte
È molto importante in questa circostanza per una riflessione sul dialogo con l’Islam, dare anche una panoramica di carattere cronologico su ciò che ci differenzia a partire dal calendario!
Allora il nostro calendario è quello Gregoriano introdotto dal Papa Gregorio XIII (1502 – 1585), nel XVI secolo.
Per noi oggi è il 25 Gennaio 2016, memoria liturgica della conversione di Paolo di Tarso;
Per gli ebrei, invece, oggi è il 15 del mese di Shevat dell’anno 5776;
Per i musulmani, invece, è il 14 del mese di Rabi at-Thani dell’anno 1437.
!CONOSCERE PER DIALOGARE!
Ecco, vorrei che fosse chiaro fin dall’inizio di questa nota quanto sia strategico per il nostro futuro il tema del dialogo con l’Islam. È talmente importante e foriero di così tante conseguenze che non possiamo non conoscere questo fenomeno nelle sue implicazioni sociali e non solo religiose.
Vorrei cominciare ad affrontare il tema della relazione partendo dalle considerazioni che il Papa Benedetto XVI ha fatto nel suo famoso discorso all’Università di Regensburg il 12 settembre 2006, ovvero, il rapporto tra la ragione e Dio. Il Papa ha sottolineato come non agire secondo la ragione umana significa non rifarsi alla natura dei rapporti che vi sono tra Dio e l’uomo.
Papa Benedetto XVI durante la sua lezione all'Università di Ratisbona (Regensburg)
La natura filosofica del ragionamento del Papa è contenuta solo in questa considerazione. Tutto quanto è successo dopo, è stato un abile gioco mediatico strumentalizzato dalla stampa, soprattutto italiana, e volto a mettere in cattiva luce il ragionamento illuminato del Santo Padre, espungendo una sola frase da un ragionamento stupendo e perfetto nella sua precisione filosoficamente geometrica.
Ma entriamo subito nel merito del tema del dialogo per tentarne una sua definizione, precisando che questo tema, insieme con quello della pace, è stato straordinariamente esaltato dalla nostra civiltà cristiana.
Purtroppo alcune espressioni troppo abusate, a un certo punto perdono di significato, ecco quindi la necessità di precisarne il contenuto semantico.
Dialogo, dal greco δία-λογος, non ha semplicemente il significato letterale di “attraverso il discorso”, bensì un processo tra interlocutori che tendono a conseguire una qualche conoscenza, una qualche verità.
Quindi il termine dialogo, assume il significato profondo e filosoficamente impegnativo di percorso verso la conoscenza della verità.
Qualunque sia la materia di discussione, presume che l’obiettivo sia definito e accettato da parte dei partecipanti al processo dialogico.
Quanto scriverò non ha la pretesa della esaustività e dell’approfondimento necessario per conoscere un fenomeno come quello di cui stiamo parlando.
Lo dovete ritenere un primo approccio, realistico e documentato.
Non vi racconterò una favola, come sono soliti fare alcuni accademici che girano a tenere conferenze sull’Islam con le linee guida del politicamente corretto. Si limitano, purtroppo, a un racconto favolistico e romantico su Maometto e sui suoi seguaci.
L’Islam è fenomeno così complesso e multiforme nelle sue concrete manifestazioni che possiamo dire, senza essere banali, contiene tutto (della realtà dell’uomo e della storia) e anche il suo contrario.
Nel Corano c’è la pace, ma c’è anche la guerra.
Nell’Islam religioso, ci sono i mistici, i sufi, immersi nella divinità, ma anche il fondamentalismo terrorista.
Ribadisco l’importanza di sapere di cosa si parla quando si affrontano i temi di una fede religiosa.
INTRODUZIONE.
Quanto scriverò in questa nota riguarda la concezione islamica della religione, molto più che la storia dell'Islam nei suoi risvolti materiali (politici, economici, fattuali).
Molti cristiani, ancora oggi, tendono a sottovalutare le differenze tra la loro fede, di cui spesso hanno una conoscenza approssimativa e superficiale, e la religione islamica. Tanto, tutt'e due credono in Dio...
Emblematico di questo atteggiamento inconsapevole e acritico fu il caso di una suora, che, a una nota radiotrasmissione, ebbe a dire una volta "Preghiamo per la chiesa musulmana" (sic!). O come quel sacerdote bergamasco che durante la Santa Messa alla presenza di una rappresentanza musulmana, ha invitato a pregare il Padre Nostro con i musulmani. Per i musulmani Allah ha 99 attributi, cioè 99 nomi, ma manca quello di padre!
La verità è che invece esistono, accanto ad alcune analogie, profonde differenze, che è bene cogliere, come imprescindibile condizione a un vero dialogo, e non come ostacolo ad esso.
UN DIVERSO PUNTO DI PARTENZA.
Per il Cristianesimo punto di partenza è l'avvenimento storico di Dio fattosi uomo. Un avvenimento incontrabile, sperimentabile. Una vita nuova, incontrabile storicamente.
Per l'Islam la predicazione di un uomo, Muhammad, che sostiene di avere avuto una visione angelica, da cui avrebbe ricevuto un messaggio di Allah (Dio).
In un caso, un Uomo che ha detto di essere Dio, e ha operato in modo da rendere credibile questa affermazione.
Nell'altro caso, un uomo che ha ammesso di essere soltanto un uomo (e come tale si è comportato, affidando alla spada la diffusione del suo messaggio), ma ha preteso di aver ricevuto una rivelazione.
In Cristo, Dio si è fatto vicino all'uomo, si è reso incontrabile, ha in qualche modo e in un certo senso azzerato la sua infinita distanza.
Con Muhammad invece Dio resta lontano, abissalmente lontano, impenetrabilmente lontano.
Nell'un caso lo si può chiamare Padre, Padre buono, un Padre che ama i suoi figli. Nell'altro non lo si può mai nominare adeguatamente, ogni familiarità è impossibile e blasfema, e l'uomo non è figlio, ma servo, schiavo di un Dio lontano nella Sua irraggiungibile maestà.
Abbiamo detto che Cristo ha operato in modo da rendere credibile la sua affermazione di essere Dio: lo ha fatto dimostrando una conoscenza dell'uomo, una passione per il suo bene, una capacità di dominare la realtà (i miracoli), quali mai si erano viste. E di tutto questo almeno un po’ tutti i cristiani, nella misura della loro santità, sono partecipi: pensiamo a santa Teresa d’Avila, a San Francesco di Assisi, a San Giovanni Bosco.
UN DIVERSO MODO DI CONCEPIRE DIO
Trinità di amore, comunione di Persone per il Cristianesimo, solitaria unicità per l'Islam. Se Dio è mistero trinitario, allora Egli è amore, pienezza di amore, vita, fuoco. Solo in questo caso siamo certi che Dio non abbia bisogno della sua creatura. Se invece Dio fosse un solitario, una sola Persona, chi ci potrebbe impedire di pensare che Egli ha creato altri esseri razionali per un suo bisogno (in termini banali, per avere della compagnia)? Ma, si dirà da parte islamica, è bestemmia dire che Dio è trino, poiché Egli è l'unico: certo che Dio è Uno, ed è Unico, ma la vera bestemmia, o almeno una riduzione a una nostra misura non è proprio il concepire la sua unità al modo umano, secondo una misura razionalistica e naturalistica?
Proprio perché Dio è Mistero Egli va infinitamente al di là della nostra immaginazione e della nostra ragione. L'unico limite che si pone è la contraddizione, ma il Mistero trinitario non è contraddizione, è mistero. Un mistero già annunciato, del resto, dal mistero della unità del molteplice che constatiamo a livello creaturale.
LA NECESSITÀ DELLA REDENZIONE.
Per l'Islam il PECCATO ORIGINALE non è altro che una certa smemoratezza dell'uomo, una dimenticanza del patto originario. Qualcosa di non poi molto grave, insomma. L'uomo non ha bisogno della grazia. La sua volontà è forte, è capace di osservare interamente la legge morale. Da un punto di vista non solo cristiano, ma semplicemente razionale, questa visione è superficiale, non spiega tutti i fattori della realtà : non sembra ragionevole dire che tutto il male che c'è nella storia, gli omicidi, le cattiverie, le stragi, i genocidi, le ruberie, le infedeltà e quant'altro, sia dovuto a una dimenticanza del patto originario, tale da non intaccare in profondità la conoscenza e la volontà umane. Per l'Islam basta ricordare tale patto per essere quali Dio ci vuole: il Profeta non avrebbe detto cose davvero nuove, ma ricorderebbe all'uomo ciò che da sempre egli sa.
A noi, cristiani, sembra invece che la portata del male che si incontra nella vita e nella storia umane gridi l'impossibilità per l'uomo di essere buono e giusto con le sole sue forze. Ci vuole una grazia, ci vuole un dono dall'alto, per poter sanare la nostra volontà malata, ferita dal peccato. Solo la Grazia di Cristo, procurataci dalla sua passione redentrice, può lavarci dal male e renderci capaci di verità e di bene.
IL MODO DI CONCEPIRE LA VITA ETERNA.
La vita eterna è un paradiso di delizie terrene per l'Islam.
La comunione con Dio per il Cristianesimo.
Per l'Islam Dio resterà per sempre lontano e inaccessibile.
Per il Cristianesimo gli eletti saranno resi partecipi di Dio, in qualche modo anzi diventeranno Dio, per grazia: per quanto è possibile infatti la natura umana sarà trasfigurata, ad immagine di Cristo, Uomo-Dio.
Giudichi ognuno se ciò che più ci può rendere felici sono i piaceri, l'abbondanza di cose, l'avere, o non piuttosto l'essere, l'essere amici del Mistero buono che ha fatto tutte le cose, vederLo e amarLo, essendo da Lui amati e innalzati a partecipare della Sua mensa. Un bambino non è felice perché ha tanti giocattoli, ma perché sua mamma e suo papà gli vogliono bene. Potrebbe essere felice una umanità, sia pure resa immortale e incorruttibile, in un giardino di delizie terrene, non vedendo il volto di Dio, stando lontano da un Dio, le cui intenzioni intime gli sfuggirebbero per l'eternità, e che pertanto potrebbe per l'eternità essere sospettato di celare un beffardo, ultimamente maligno sorriso di scherno?
UNA DIVERSA STIMA DELLA RAGIONE.
Il Cristianesimo, soprattutto cattolico, valorizza pienamente la ragione: esso ha solennemente dichiarato che nessun dogma può contraddire la ragione, e ha condannato il fideismo come eresia. Eretico è infatti affermare che occorre rinunciare alla ragione per credere. E questo perché il Mistero che si è rivelato in Cristo è "un Dio Verace e senza malizia", non un ingannatore, che si diverta a tendere tranelli alle sue creature. Dio è buono, e verace: non mente e non inganna. Non inganna la sua creatura razionale, facendole credere vero ciò che tale non è: se la creatura usa bene di ciò di cui il Creatore l'ha dotata, tra cui la sua ragione, essa trova la verità, e tale verità non potrà pertanto entrare in conflitto con la Verità rivelata direttamente da Dio stesso.
Per questo il Cristianesimo ha incentivato la filosofia, valorizzando il pensiero a lui precedente, ed ha promosso una grandioso e secolare sviluppo della razionalità filosofica, di cui le Summae del XIII secolo, ma non solo esse, sono imponente documentazione.
Averroè ???!!
Averroé, particolare del dipinto del trionfo di San Tommaso, di Andrea di Bonaiuto
nella Chiesa di Santa Maria Novella in Firenze
Non altrettanto si può dire dell'Islam. Dopo l'11 settembre 2001 ( la devastazione delle Torri Gemelle a New York) alcuni hanno continuato a ripetere: Averroè! Averroè! Averroè è la prova dello splendore filosofico dell'Islam! Ma probabilmente non hanno la minima idea di che cosa avesse davvero detto Averroè, che non era un filosofo islamico ortodosso, negando tesi essenziali del credo musulmano, come l'immortalità personale e la creazione "nel tempo". Ma più in generale non mi sembra un caso che non si possa citare un solo filosofo (degno di nota, almeno) islamico che fosse anche ortodosso. Non solo Averroè, ma nemmeno Avicenna, Al Gazali, Al Farabi, filosofi fioriti in terra islamica, erano ortodossi (dal punto di vista della ortodossia islamica, ma anche da un punto di vista semplicemente teistico). Non esiste un S. Agostino islamico, non esiste un S.Tommaso islamico, non esiste un solo personaggio che abbia edificato una sintesi in cui fede (islamica) e ragione si armonizzassero: un caso?
Non credo sia un caso: infatti per l'Islam a tal punto Dio è lontano e irraggiungibile dalla sua creatura, che ciò che di Lui la nostra ragione può sapere è sospeso al suo totale arbitrio, è sospeso ad un arbitrio totalmente non-verificabile.
Secondo il Cristianesimo Dio si è fatto Uomo, accondiscendendo alla modalità conoscitiva umana, e cercando di conquistare la nostra libera e consapevole persuasione, mostrandosi, agli occhi e al pensiero, come Presenza che corrisponde al desiderio di piena felicità.
Secondo l'Islam invece Dio, invece che incarnarsi, si incarta: si incarta nel Corano, Testo Sacro da accettare ciecamente (prendere o lasciare!), senza che la ragione umana possa davvero chiedere dei motivi di credibilità. Il Corano si accetta o si rifiuta, ma non si discute in alcun modo.
A differenza della Bibbia, che è testimonianza della Rivelazione (pur essendo in qualche modo essa stessa evento sacro, Corpo biblico di Cristo, per dirla con Origene), il Corano è la Rivelazione. Al punto tale da non poter essere tradotto, né sottoposto a esame storico-critico (come invece la Bibbia ha accettato, e in modo vincente, di essere).
La figura del genio, tipica di certa letteratura araba, pensiamo alle Mille e una notte, è metafora poetica di questo concetto: un divino talmente al di là della nostra ragione, da essere capriccioso e imprevedibile, essenzialmente ambiguo, ora buono ora cattivo, scivolando con grande spregiudicatezza ora nell'uno ora nell'altro atteggiamento. Ora, si potrà dire che Dio non è un genio, tuttavia ci sembra significativo il darsi di una figura del genere, che non ha alcuna cittadinanza in una cultura di matrice ebraico-cristiana, dove ci sono gli angeli, fedeli a Dio, e univocamente buoni, e i diavoli, ribelli a Dio, e univocamente cattivi.
LA SCELTA DEI MEZZI DI DIFFUSIONE.
Il Cristianesimo si diffonde col martirio dei suoi membri, che si lasciano uccidere dai Romani per testimoniare la divinità di Cristo.
L'Islam si diffonde con la spada, uccidendo coloro che gli si oppongono.
Il Cristianesimo si lascia uccidere, e testimonia con ciò la sua forza. L'Islam uccide, e confessa così la sua debolezza, la sua impotenza a convincere con altri sistemi che non siano violenza.
Che d'altronde nell'Islam ci sia una vena di violenza lo si vede bene oggi, con quello che accade in molti dei paesi islamici, dove i cristiani sono sottoposti a una spietata persecuzione, di cui si parla molto poco e con distacco, perché bisogna tener buoni i fornitori di petrolio. Solo gli ultimi Papi hanno gridato contro il genocidio dei cristiani nell’indifferenza delle istituzioni mondiali.
Non è un caso, probabilmente, se è vero che nel Corano si trovano espressioni come le seguenti:
«Vi è imposta la guerra anche se ciò possa spiacervi» (sura II, versetto 216).
«Uccidete gli idolatri dovunque li troviate; catturateli, assediateli, fateli cadere nelle imboscate» (IX, 5).
«Ammazzateli dovunque essi si incontrino!» (II, 191).
«Combatteteli fino a che non vi sia più ribellione e che la religione sia quella del Dio» (II, 193).
«Sia che voi andiate incontro alla morte, sia che vi ammazzino, verso il Dio sarà certamente il vostro ritorno» (III, 158). «Non voi li avete trucidati, è il Dio che li ha uccisi» (VIII, 17).
«Combattete contro coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero han dichiarato illecito. Combattete, fra quelli cui fu data la Scrittura (ebrei e cristiani, ndr), coloro che non praticano la vera religione. Combatteteli finché non paghino il tributo, uno per uno, e finché non siano umiliati» (IX, 29).
«Non tentennate, non cedete, non invocate "Pace, pace!", mentre siete i più forti» (XLVII, 35).
NOTA BENE
Si conviene che non sia auspicabile inchiodare l'Islam (in quanto tale) a queste tesi, cristallizzandone per così dire, l'identità nella sua versione peggiore: occorre favorire quanto possibile una evoluzione dell'Islam, che faccia leva sulle personalità più moderate e che aiuti a interpretare e rivedere tali aspetti, rendendo l'Islam più pacifico e tollerante. Ed esistono di fatto nel mondo islamico, soprattutto arabo-islamico, personalità sinceramente desiderose di ciò. D'altro canto non si può nemmeno tacere su ciò che finora l'Islam è stato e su come è stato interpretato il suo messaggio dai suoi seguaci storici: sono gli stessi musulmani moderati a non volerlo e a rimproverare agli occidentali una strana miopia in proposito.
Esempio di integrazione sociale intesa da musulmani europei in una manifestazione in Inghilterra
IL RAPPORTO RELIGIONE/STATO.
La Chiesa si pone da sempre, pur con possibilità di tradimenti, in termini dialettici verso lo Stato; nell'Islam invece non c'è possibilità di distinguere un potere spirituale da quello politico: l'idea di califfato è quella di una stretta unità tra potere politico e potere spirituale.
Si obbietterà che nel Medioevo il potere della Chiesa era intrecciato a quello politico, ricordando il concetto di sacro Romano Impero e i vescovi-conti, ma anche in quel periodo esisteva una distinzione e anzi una contrapposizione tra i due poteri, politico ed ecclesiastico, per quanto intrecciati essi fossero. Non vi fu mai una figura di Papa-Imperatore anche solo lontanamente paragonabile a un Califfo. Non capire questo vuol dire non avere intelligenza dei termini che si usano. E la commistione creatasi coi vescovi-conti (poco prima dell'anno Mille) venne molto presto sentita come inaccettabile dal movimento per la libertas Ecclesiae, che già nel 1059 produceva una forte reazione (con lo Statutum de electione papae) e con Gregorio VII affrontò in modo deciso l'ingerenza del potere imperiale nella vita della Chiesa. Certo, tutta la storia del medioevo europeo è storia di rapporto tra Chiesa e Stato, ma precisamente di rapporto: tra due entità distinte.
Nell'Islam invece non si prevede alcuna distinzione tra "ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio". E la religione coranica ha una fortissima impronta giuridica e sociale, nel senso che è concepita per essere applicata a regola di una società civile e politica.
CONCLUSIONE.
Come si vede le differenze non sono poche né lievi. Per un cristiano è bene esserne consapevole, ricordando quanto la Chiesa ha sempre insegnato, ossia che non vi è salvezza se non in Cristo, Uomo-Dio, crocifisso e risorto, (si veda anche la Dichiarazione Dominus Jesus, circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, documento dottrinale emesso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 6 agosto 2000, a firma dell'allora prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger futuro papa Benedetto XVI contro l'indifferentismo e il relativismo religioso, che equiparano il Cristianesimo alle religioni).
Perciò l'atteggiamento del cristiano verso chi è musulmano non può che essere missionario: non possiamo non desiderare che l'altro incontri Cristo, nostra pace, possibilità di letizia e salvezza dal male. Ciò, ovviamente, senza impazienze né atteggiamenti di proselitismo superficiale e mosso da motivi di meschina egemonia politica: ciò che deve importare, sempre, è la persona.
Comunque vi possono essere anche dei campi in cui cristiani e musulmani (almeno quei musulmani che cercano con sincerità di obbedire a Dio, Infinito e Trascendente) possono essere uniti, e ciò è già stato realtà (in varie conferenze dell'ONU): pensiamo alla difesa della vita contro l'aborto, o alla difesa della famiglia naturale; in generale cristiani e musulmani dovrebbero dialogare senza preconcetti o rancori, ma anche sulla base di chiarezza e sincerità reciproca. È una sfida che si può e che vale la pena affrontare.
Esempio di convivenza religiosa come intesa dagli islamisti
Il giubileo della Misericordia è da poco iniziato e già molto se ne parla, soprattutto nelle chiese dove i fedeli ricevono catechesi un po' impegnative con l'invito a guardare l'immagine della Divina Misericordia come Gesù l'ha commissionata alla suora polacca Maria Faustina Kowalska (1905 - 1938), oggi santa per volere dell'altro grande santo polacco, il Papa Giovanni Paolo II. Questa suora, vissuta tutta la vita religiosa nel convento di Cracovia-Lagievniki, oggi si trova a vivere un anno di gloriosa fama grazie alle continue visioni e dialoghi avuti sia con Gesù che con sua madre Maria, fatti conoscere prima alla Chiesa cattolica e poi al mondo dall'allora vescovo ausiliare di Cracovia monsignor Karol Wotila.
Tra il 1965 e il 1967 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù, la causa fu promossa dall’allora vescovo ausiliare di Cracovia, Karol Wojtyła. Nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Fu beatificata da Papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro a Roma il 18 aprile 1993 (Domenica in Albis) e proclamata santa il 30 aprile 2000 (Domenica in Albis). Le sue reliquie si trovano nel "Santuario della Divina Misericordia" a Cracovia-Lagievniki.
Papa Giovanni Paolo II scrisse una enciclica: Dives in Misericordia, la seconda del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall'umile suora polacca. Nell’occasione della canonizzazione il Papa ha stabilito per la prima volta la Festa della Divina Misericordia, da celebrarsi ogni anno nella prima domenica dopo Pasqua (Domenica in Albis).
Questa sintesi era necessaria per aprire una finestra di stupende meraviglie sul significato del Giubileo dedicato alla Misericordia di Dio. La storia della Salvezza nella nostra religione cattolica parte dall'Antico Testamento per concretamente realizzarsi con la venuta di Gesù, e non c'è periodo migliore per ricordarci di questo attributo di Dio che meditarlo durante le festività natalizie.
Questa statua di Gesù Bambino proviene da Betlemme e porta al collo nel reliquiario d'argento una scheggia della roccia della Grotta della Natvità
A questo punto è di grande importanza, per entrare dentro al mistero della Misericordia Divina, riportare per esteso il documento preparato dal Vaticano in occasione della canonizzazione di suor Faustina.
Il 30 aprile 2000, II Domenica di Pasqua, alle ore 10, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha celebrato l'Eucaristia sul sagrato della Patriarcale Basilica Vaticana ed ha proceduto alla Canonizzazione della Beata MARIA FAUSTYNA KOWALSKA, vergine, delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia.
La nuova Santa con la testimonianza della sua vita ci invita a mantenere la nostra fede e la nostra speranza fisse in Dio Padre, ricco di misericordia, che ci ha salvati con il sangue prezioso del suo Figlio risuscitato dai morti e vivente in eterno.
Suor Maria Faustina, l'apostola della Divina Misericordia, appartiene oggi al gruppo dei santi della Chiesa più conosciuti. Attraverso di lei il Signore manda al mondo il grande messaggio della Misericordia Divina e mostra un esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull'atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Suor Maria Faustina nacque il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, da Marianna e Stanislao Kowalski, contadini del villaggio di Glogowiec. Al battesimo nella chiesa parrocchiale di Swinice Warckie le fu dato il nome di Elena. Fin dall'infanzia si distinse per l'amore alla preghiera, per la laboriosità, per l'obbedienza e per una grande sensibilità alla povertà umana. All'età di nove anni ricevette la Prima Comunione; fu per lei un'esperienza profonda perché ebbe subito la consapevolezza della presenza dell'Ospite Divino nella sua anima. Frequentò la scuola per appena tre anni scarsi. Ancora adolescente abbandonò la casa dei genitori e andò a servizio presso alcune famiglie benestanti di Aleksandrów, Lódz e Ostrówek, per mantenersi e per aiutare i genitori.
Fin dal settimo anno di vita sentiva nella sua anima la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori per entrare in convento, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, partì per Varsavia dove il 1 agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni nelle diverse case della Congregazione, soprattutto a Cracovia, Vilno e Plock, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.
All'esterno nessun segno faceva sospettare la sua vita mistica straordinariamente ricca. Svolgeva con diligenza tutti i lavori, osservava fedelmente le regole religiose, era concentrata, silenziosa e nello stesso tempo piena di amore benevolo e disinteressato. La sua vita apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sé una profonda e straordinaria unione con Dio.
Alla base della sua spiritualità si trova il mistero della Misericordia Divina che essa meditava nella parola di Dio e contemplava nella quotidianità della sua vita. La conoscenza e la contemplazione del mistero della Misericordia di Dio sviluppavano in lei un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo. Scriveva: O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi rispecchia in sé una delle Tue virtù; io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di misericordia, voglio glorificarlo. La Tua misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sarà il mio segno distintivo in questa e nell'altra vita. (Quaderno IV, 7).
Suor Maria Faustina fu una figlia fedele della Chiesa, che essa amava come Madre e come Corpo Mistico di Cristo. Consapevole del suo ruolo nella Chiesa, collaborava con la Misericordia Divina nell'opera della salvezza delle anime perdute. Rispondendo al desiderio e all'esempio di Gesù offriva la sua vita in sacrificio. La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre per l'amore all'Eucarestia e per una profonda devozione alla Madre di Dio della Misericordia.
Gli anni della sua vita religiosa abbondarono di grazie straordinarie: le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell'ubiquità, il dono di leggere nelle anime umane, il dono della profezia e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico. Il contatto vivo con Dio, con la Madonna, con gli angeli, con i santi, con le anime del purgatorio, con tutto il mondo soprannaturale fu per lei non meno reale e concreto di quello che sperimentava con i sensi. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l'essenza della santità. Scriveva nel «Diario»: Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargitola rendono perfetta, ma l'unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell'anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio (Quaderno III, 28).
Immagine della Divina Misericordia che Gesù le ha commissionato di far dipingere. Autore Eugenio Kazimirowski
Il Signore scelse Suor Maria Faustina come segretaria e apostola della sua misericordia per trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo. "Nell'Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l'umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l'umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso" (Quaderno V,155).
La missione di Suor Maria Faustina consisteva in tre compiti:
– Avvicinare e proclamare al mondo la verità rivelata nella Sacra Scrittura sulla Misericordia di Dio per ogni uomo.
– Implorare la Misericordia Divina per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, in particolar modo con le nuove forme di culto della Divina Misericordia indicate da Gesù: l'immagine di Cristo con la scritta: Gesù confido in Te, la festa della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua, la coroncina della Divina Misericordia e la preghiera nell'ora della Divina Misericordia (ore 15). A queste forme di culto e anche alla diffusione dell'adorazione della Misericordia il Signore allegava grandi promesse a condizione dell'affidamento a Dio e della prassi dell'amore attivo per il prossimo.
– Ispirare un movimento apostolico della Divina Misericordia con il compito di proclamare e implorare la Misericordia Divina per il mondo e di aspirare alla perfezione cristiana sulla via indicata da Suor Maria Faustina. Si tratta della via che prescrive un atteggiamento di fiducia filiale, l'adempimento della volontà di Dio e un atteggiamento di misericordia verso il prossimo.
Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: le congregazioni religiose, gli istituti secolari, i sacerdoti, le confraternite, le associazioni, le diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e le persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Maria Faustina.
La missione di Suor Maria Faustina è stata descritta nel «Diario» che lei redigeva seguendo il desiderio di Gesù e i suggerimenti dei padri confessori, annotando fedelmente tutte le parole di Gesù e rivelando il contatto della sua anima con lui. Il Signore diceva a Faustina: Segretaria del Mio mistero più profondo, ... il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me (Quaderno VI, 67). Quest'opera infatti avvicina in modo straordinario il mistero della Misericordia Divina; «Il Diario» affascina non soltanto la gente comune ma anche i ricercatori che scoprono in esso una fonte supplementare per le loro ricerche teologiche. «Il Diario» è stato tradotto in varie lingue, tra cui inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ceco, slovacco e arabo.
Suor Maria Faustina, distrutta dalla malattia e dalle varie sofferenze che sopportava volentieri come sacrificio per i peccatori, nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all'età di appena 33 anni. La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto alla Divina Misericordia sulla scia delle grazie ottenute tramite la sua intercessione. Negli anni 1965-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Fu beatificata da Giovanni Paolo II in piazza San Pietro a Roma, il 18 aprile 1993. Le spoglie di Suor Faustina si trovano nel santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Lagievniki.
Ora, per le persone che rimangono colpite dalle notizie di stampa, della radio e della televisione, e poco riescono a capire cosa sia tutto questo parlare della Misericordia, è opportuno dedicare due righe all'evento.
Gesù nei dialoghi con suor Faustina ha detto chiaramente e in più riprese che per accedere alla Sua Misericordia è indispensabile ricorrere ai suoi sacerdoti nel Sacramento della Confessione, oggi chiamato Riconciliazione.
La cultura religiosa di oggi diffusa dai media, e molte volte anche da "ecclesiastici post-moderni", è molto carente sull'argomento. Si va dalle correnti di origine luterana-protestante che sostengono non esistere il Sacramento della Confessione, ai teologi di varia estrazione, ma anche sedicenti cattolici, che negano addirittura l'esistenza dell'inferno, luogo definito con chiarezza da Gesù nei Vangeli.
Ecco allora venirci in aiuto proprio Gesù in una delle visioni che suor Faustina ha avuto e che puntualmente ha descritto nel suo Diario: