MONASTERO DELLA VISITAZIONE, TREVISO.
CONFERENZA SU SAN GIUSEPPE. (a cura di Gianfranco Trabuio, pubblicista)
CON LA LETTERA APOSTOLICA “PATRIS CORDE – CON CUORE DI PADRE”, papa Francesco ricorda il 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale. Per l’occasione, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 si terrà uno speciale “ANNO DI SAN GIUSEPPE”.
Era il 27 aprile 1865 quando papa Pio IX aderendo alla richiesta del Concilio Vaticano I, coronava San Giuseppe con il titolo di Patrono della Chiesa universale (cattolica) e accordava per il mese di San Giuseppe (marzo) le stesse indulgenze concesse per il mese di maggio dedicato alla Madonna. Successivamente l’8 dicembre 1870 papa Pio IX firmava il decreto Quemadmodum Deus (NELLA STESSA MANIERA CHE DIO) che formalizzava la decisione.
G. Rollini, SAN GIUSEPPE, Basilica del Sacro Cuore, Roma
RAMON LULL E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO: ATTUALITÀ E INTUIZIONI PROFETICHE DI UN FRANCESCANO DEL 1300.
Il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, capitale dello Stato degli Emirati Arabi Uniti, c’è stato un evento che dovrebbe segnare una tappa importante per tutta l’umanità: Papa Francesco pontefice della Chiesa Cattolica romana con il Grande Imam dell’Università Al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib, a capo della corrente Sunnita dell’Islam mondiale, hanno firmato il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, basato sul “Principio del dialogo, rifiuto del terrorismo e di ogni violenza nel nome di Dio, promozione della donna, rispetto della natura”.
In questo documento si afferma che “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”, che “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue”, che “la libertà è un diritto di ogni persona”, che “si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura”. Si definisce infine “un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici”
Questo avvenimento mi ha portato dentro alla storia del Francescanesimo nella difesa della religione cristiana e nella tensione missionaria che ha animato i seguaci di Francesco di Assisi proprio a partire dalla sua vita come missionario, quando nel 1219 è partito alla volta di Damietta, 800 anni fa, per tentare di parlare di Gesù e del Vangelo al sultano Malek al-Kamel durante la quinta crociata.
(Vedi la storia narrata a fumetti sul sito www.gianfrancotrabuio.it)
PREMESSA.
Questo articolo giornalistico è centrato sul ruolo della Famiglia Francescana nella tutela dei territori che hanno visto la nascita, la predicazione, la passione, la morte e la risurrezione di Gesù di Nazareth con la sua ascensione al Cielo nella braccia del Padre, che dall’eternità lo aveva destinato alla Redenzione dell’umanità.
Per comprendere al meglio quale sia stato, e continui a essere, il significato di questa presenza francescana è necessario procedere con un salto logico che non è molto diffuso. A mio avviso l’approccio corretto è quello che ci può venire dalla “Teologia della Storia”, ovvero è necessario chiedersi quale sia il piano di Dio-Padre a partire dalla creazione del mondo e dell’uomo. Penetrando dentro a questo sistema forse è possibile trovare qualche pista di riflessione sul ruolo delle religioni e dei sistemi sociali che da queste sono stati generati.
Pensiamo al ruolo dell’Ebraismo e dell’Islamismo nelle interazioni con il Cristianesimo e a quali e quanti eventi si sono generati nei secoli e continuano a generarsi.
Conviene sempre chiedersi: “Ma Dio Padre cosa vuole da noi, seguaci di Gesù e credenti nella sua Parola?”
Come diceva un bravo sacerdote missionario al riguardo: “Le domande sono facili, le risposte sono difficili”.
Però, solo dalle domande riusciremo a entrare per qualche porta nel pensiero di Dio-Padre.
Oggi, per esempio, parliamo di questo grande seguace di Francesco di Assisi: RAMON LULL, che a queste domande ha dato delle risposte, per quei tempi, tanto profetiche quanto rivoluzionarie.
RAMON LULL: CHI È STATO COSTUI? E OGGI COSA RAPPRESENTA PER LA CRISTIANITÀ?
Su questo straordinario personaggio nato a Palma di Maiorca nel 1232 e morto nel 1315, si stanno scrivendo nuove pagine biografiche di grande attualità per gli eventi drammatici cui stiamo assistendo, in particolare a causa del fondamentalismo islamico che pretende di applicare alla lettera le sure del Corano. Ricordo che è molto studiato nelle Università spagnole ma non in quelle italiane, però l’Università francescana “Antonianum” di Roma ha tra le sue istituzioni un Centro di Studi Lulliani, segno della fama e della considerazione che, almeno in casa nostra, questo mitico apostolo di Cristo gode di un certo rispetto.
Ramon Lull è stato terziario francescano dopo essere stato sposato con figli e dopo aver ottenuto dalla moglie l’autorizzazione a farsi religioso. Nel 1850 Pio IX gli confermò il titolo di Beato, meritato per il coraggio nel vivere e predicare il Vangelo. Lo stesso Papa che quattro anni dopo l’8 dicembre 1854 proclamerà con la bolla Ineffabilis Deus il dogma dell’Immacolata Concezione.
L’anno 2016 è stato solennemente celebrato dalla diocesi di Maiorca (Spagna) per ricordare i 700 anni della morte del nostro Ramon Lull, e in questa ricorrenza sul sito www.assisiofm.it dei Frati minori dell'Umbria si trova pubblicata questa nota:
"Si avvicina il settimo centenario della morte del beato Raimondo Lullo, avvenuta il 29 giugno 1315. Molti centri accademici sono al lavoro per preparare pubblicazioni, convegni e simposi. Con grande stupore notiamo che studiosi di diverse religioni e culture si stanno mostrando particolarmente sensibili a tale appuntamento. È auspicabile, quindi, che gli stessi francescani e soprattutto l’OFS (Ordine Francescano Secolare) possano cogliere questa occasione per riscoprire l’importanza del filosofo, scrittore, teologo e terziario francescano Raimondo Lullo".
La presente realtà storica, sempre più caratterizzata da un società multietnica, multiculturale e multireligiosa, pone questioni e domande che possono diventare occasioni o sfide a seconda di come vengono affrontate.
Prima della sua morte il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in una intervista realizzata dalla tv araba Al Jazeera aveva affermato: «Siamo riusciti a evitare lo scontro di civiltà, possiamo riuscire a evitare uno scontro dell’ignoranza».
Perché questo si realizzi, cercando nel passato esempi e correnti di pensiero che possano offrire elementi per una risposta adeguata, sempre più emergono la vicenda e gli insegnamenti di Raimondo Lullo.
Riguardo a questo rischio di scontro di ignoranze Papa Pio XI, riconoscendo che «la causa sia di molti danni […] derivava come necessaria conseguenza specialmente dal vicendevole ignorarsi, dalla poca stima e dai pregiudizi nati nel tempo dei lunghi dissidî», nell’enciclica Rerum orientalium dell’8 settembre 1928 volle promuovere gli studi orientali additando tra altri l’esempio di Raimondo Lullo.
Infatti papa Ratti, che per un periodo fu anche prefetto della Biblioteca Ambrosiana in cui sono custoditi importanti manoscritti lulliani, dopo aver menzionato Umberto di Romains e Ruggero Bacone, afferma: «Emulando i loro esempi, il celebre Raimondo Lullo, uomo di straordinaria erudizione e pietà, molte cose e con più vivace ardore, proprio dell’indole sua, chiese ai Nostri predecessori Celestino V e Bonifacio VIII, e ne ottenne parecchie, per quei tempi assai ardite, circa il modo di promuovere gli affari e gli studi Orientali; il designare, fra gli stessi Cardinali, uno che presiedesse a siffatti studi; infine del modo di intraprendere frequenti sacre missioni sia tra i Tartari, i Saraceni ed altri infedeli, sia fra gli scismatici, da ricondurre all’unità della Chiesa».
«Ma assai più celebre e più degno di speciale menzione è quello che, come si narra, per suggerimento ed esortazione di lui, sappiamo essersi decretato e promulgato nel Concilio Ecumenico di Vienne (anni 1311 – 1312) e da Clemente V, Nostro predecessore (1264 – 1314), (Clemente V passerà alla storia come il Papa che su pressione del re di Francia Filippo il Bello decretò la soppressione dell’Ordine dei Templari). In esso scorgiamo già quasi abbozzato il moderno Nostro Istituto Orientale: “Con l’approvazione di questo Sacro Concilio, abbiamo provveduto che si debbano erigere scuole delle diverse lingue qui appresso menzionate, ovunque si trovi a risiedere la Curia Romana, come pure nelle Università di Parigi, di Oxford, di Bologna e di Salamanca, (a carico del Papa, di Filippo il Bello, dei monasteri e del clero locale); ordinando che in ciascuno di tali luoghi si tengano professori cattolici, che abbiano sufficiente conoscenza delle lingue ebraica, greca, araba, e caldaica; vale a dire due periti di ciascuna lingua, perché vi reggano le scuole e traducano in latino con fedeltà libri da quelle lingue; altri poi insegnino agli altri con diligenza le lingue stesse e ne comunichino con l’accurato loro insegnamento la perfetta conoscenza, acciocché sufficientemente istruiti in tali lingue, possano produrre per grazia di Dio il frutto sperato, propagando salutarmente la fede fra gli stessi popoli infedeli …”».
Come possiamo notare, il coraggio, lo zelo e l’intraprendenza del nostro Ramon avevano convinto il Papa, i cardinali e i vescovi presenti a Vienne, a prendere innovative decisioni circa il modo di come andare in missione presso i popoli che o non conoscevano Cristo o gli erano contrarissimi come nel caso dei musulmani etichettati col termine in uso all’epoca di saraceni.
Certo, eravamo nel XIV secolo, pochi decenni dopo la morte di Francesco di Assisi e di Domenico Guzman, i due fondatori degli Ordini Mendicanti, quando migliaia di giovani da tutta Europa accorrevano per entrare dentro a quelle Famiglie religiose la cui massima aspirazione era il comandamento missionario.
Oggi, in tempo di apostasia dentro e fuori la Chiesa cattolica, sembra di capire, dai proclami delle nostre autorità ecclesiastiche che il comandamento missionario sia quasi un peccato da esorcizzare.
Della fama del nostro Ramon e del suo valore profetico ne abbiamo traccia in un’intervista che il giornalista Edoardo Castagna (Avvenire del 21 febbraio 2016) ha fatto al cardinale Gianfranco Ravasi dopo la morte di Umberto Eco. In questa il Cardinale ricorda come sia stato Umberto Eco a fargli scoprire Ramon Lull. Ravasi aveva ricevuto Eco quando era Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano e Eco cercava le pubblicazioni di Lull. Grande fu la sorpresa del Cardinale quando scoprì i numerosi scritti del Lull conservati presso quella prestigiosa biblioteca.
Qui riprendo un brano di quell’articolo per quanto è di nostro interesse
Dice il card. Ravasi di Umberto Eco: “ È invece forse meno noto il suo interesse per Raimondo Lullo, del quale l’Ambrosiana conserva una buona raccolta di codici. Ma la si può capire bene, perché Lullo è una figura capace di stabilire ponti di comunicazione anche con l’islam: conosceva l’arabo, aveva interesse per il dialogo... E poi il filosofo catalano era curioso, passava dalla disputa alla logica, dalla polemica alla cavalleria; fino al Libro del gentile e dei tre savi, quel dialogo tra un pagano e tre sapienti che si interrogava sulle religioni monoteistiche. Insomma, proprio quel grande spettro di curiosità che aveva lo stesso Eco»
Se dovesse sintetizzare la lezione di Umberto Eco, quale parola sceglierebbe? «Senza dubbio “curiosità”. Pur avendo una propria specializzazione e un proprio rigore, restava convinto della complessità del reale e voleva sempre guardare al di là delle proprie frontiere. D’altra parte la curiositas è, per sua natura etimologica, anche cura, passione, preoccupazione per qualcosa: non semplicemente volteggiare sulla realtà come una farfalla, ma anche ricerca di coinvolgimento. Come scriveva Rousseau nell’Emilio, si è curiosi solo nella misura in cui si è istruiti».
Anche qui, oggi, penso non sia un termine fuori campo definire il nostro Ramon come una persona attratta dalla conoscenza di mondi e di esperienze a lui sconosciuti ma che percepiva di grande interesse per la diffusione del Vangelo.
Ora, in questa prospettiva è stato pubblicato il volume “Raimondo Lullo, Il Libro del Gentile e dei tre Savi”, a cura di Sara Muzzi, traduzione italiana di Anna Baggiani (Letture cristiane del secondo millennio), Ediz. Paoline, Milano 2012. Di seguito riporto un’anticipazione della ampia “Introduzione “ di Sara Muzzi nota studiosa di questo insigne francescano.
“Con uno studio durato nove anni, Raimondo Lullo acquisì una buona conoscenza della lingua araba, dei princìpi dell’islam e della cultura araba. Ritiratosi poi sul Monte Randa, nel territorio di Llucmajor a Maiorca, per un periodo da dedicare alla contemplazione, ebbe la rivelazione ispiratrice «sulla forma e il modo» del libro migliore per la conversione degli infedeli.
Dopo la stesura di questo testo, Lullo venne chiamato a Montpellier dall’infante Giacomo e le sue opere vennero esaminate da un teologo francescano, che ne riconobbe la devozione. Sarà lo stesso Giacomo, divenuto Giacomo II di Maiorca, a fondare e a finanziare nel 1276 la scuola di specializzazione di Miramar, un luogo a picco sul mare sulla costa nord di Maiorca, propostagli da colui che era stato il suo precettore.
La ricerca di un’approvazione ufficiale ai suoi progetti impegnerà incessantemente il Dottore Illuminato negli anni successivi e per questo compirà numerosi viaggi. Solo in Italia se ne contano quindici: a Roma, a Genova, a Pisa, a Messina, a Rieti, a Anagni, a Napoli e probabilmente a Bologna. Anche Montpellier e Parigi, dove ottiene l’autorizzazione all’insegnamento, sono due città molto frequentate da Lullo, che si recò pure a Barcellona e compì viaggi missionari fino a Tunisi, a Bugia (l’odierna Bèjaia, provincia nel Nord dell’Algeria) e a Cipro.
La sua vita leggendaria lo porterà sino alla lapidazione, come vuole la tradizione non accertata, subìta a Bugia, da parte dei saraceni, e alla morte, nella Baia di Maiorca, come martire di Cristo. Siamo tra il dicembre del 1315 e il marzo del 1316, quando Lullo muore all’età di circa ottantaquattro anni e viene sepolto nella Basilica di San Francesco dell’odierna Palma di Maiorca.
I resti mortali “del Figlio Maggiore di Maiorca” – come viene venerato dai Maiorchini – si trovano nella Cappella di Nostra Signora della Consolazione, in un monumento sepolcrale gotico, illuminato dalle lampade votive della devozione popolare. La causa di canonizzazione, molto complessa a motivo del problema dell’ortodossia dottrinale dei suoi scritti, sta procedendo lentamente.
Dopo la sua morte, infatti, gli eccessi di alcuni gruppi di lullisti valenziani, influenzati dalle idee degli Spirituali, portarono l’inquisitore domenicano della Corona d’Aragona, Nicola Eimerich, a una campagna contro le dottrine di Lullo. Nel 1376 venne pubblicata una lista con cento articoli (Directorium Inquisitorum), in cui l’inquisitore condannava soprattutto il suo preteso razionalismo; questo fece scendere sull’intera opera l’ombra del sospetto di eresia.
L’autorità riconosciuta agli inquisitori ha influito anche sul riconoscimento ufficiale delle esemplari qualità di cristiano di Lullo. Con i lavori condotti dai maestri dell’ordine dei predicatori che costituirono la Commissione Armenegol nel 1386 (contrarissima all’inquisitore domenicano Eimerich che aveva condannato Lullo per eresia), da Amédée Pagès nel 1938, e nel 1997 da Josep Perarnau presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, si è potuto vedere che siamo in presenza di personali rielaborazioni dell’inquisitore che aprono una doppia questione: una relativa alla fedeltà testuale degli articoli del Directorium Inquisitorium in relazione ai testi originali e una concernente la fedeltà al pensiero dell’autore.”
Come succede molte volte a chi si presenta con idee troppo brillanti e di alto impegno culturale e pastorale, viene negata dalle istituzioni la loro validità e possibilmente cancellata, salvo poi, a secoli di distanza venire ristabilite nella loro attualità. La Storia non è maestra di vita, però si ripete. E oggi nostro malgrado si sta ripetendo.
Ed è questa la conclusione che mi sento di fare: le Famiglie Francescane di oggi in quale conto tengono la lezione e l’esperienza di questo santo francescano?
Però, da poeta, non posso terminare che con una poesia del nostro Ramon:
"Non amare è morire.
Dimmi, o Pazza d'amore,
se il tuo Amato non ti amasse più,
che cosa faresti allora?
Io continuerei ad amare,
per non morire.
Perché non amare è morire.
Amare è vivere."
Beato Raimondo Lullo (dal “Il Libro dell’Amico e dell’Amato”)
Ecco, penso di poter concludere facendo tesoro delle intuizioni di questo seguace di San Francesco e insistendo sulla strada aperta da Papa Francesco, perché solo conoscendoci ci si può capire: “CONOSCERE PER DIALOGARE”.
Statua del Beato Ramon Lull all'ingresso della cattedrale di Majorca
BIBLIOGRAFIA.
Ramon Lull: “Poesie e versetti”, scelti da Eugenio Mele, prof. Maglione Editore, 1935, Roma.
Raimondo Lullo: “Il libro del Natale e Il Lamento della Filosofia”, Nardini Editore, Firenze, 1991.
Raimondo Lullo: “Il libro dell’Amico e dell’Amato”, Città Nuova editrice, Roma, 1991.
Sara Muzzi: “Raimondo Lullo. Opere e vita straordinaria di un grande pensatore medievale”, ETS, Edizioni Terra Santa, Milano, 2016.
Raimondo Lullo: “Il Libro del Gentile e dei tre Savi”, a cura di Sara Muzzi, traduzione italiana di Anna Baggiani (Letture cristiane del secondo millennio), Ediz. Paoline, Milano 2012
LA PRIMA è una vista sulla Grotta della Natività che si trova nella Basilica di Betlemme dove oltre 2000 anni fa Maria di Nazareth ha dato alla luce l'Emmanuele, Dio con noi, come era stato annunciato ancora nel giardino dell'Eden da Dio Padre e in seguito profetizzato da Isaia 750 anni prima;
LA SECONDA è una mia poesia-preghiera che nel 2004 ha avuto un importante riconoscimento in un concorso internazionale di poesia e che è pubblicata nella mia terza raccolta "PRIMAVERA DI SPERANZA" edita nel 2010 da Piazza Editore di Silea;
LA TERZA è una stupenda maternità che mi ha inviato fra Adriano Contran o.f.m., già Commissario della Custodia Francescana di Terra Santa del Triveneto, ed è una supplica alla Madonna che ci ha dato Gesù, simbolo della speranza per tutta l'umanità in cammino verso l'eternità;
infine LA QUARTA rappresenta la famosa "Croce di Gerusalemme" storica insegna dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme al quale mi onoro di appartenere.
A VOI TUTTI CHE LEGGETE UN AUGURIO FRATERNO DI BUON NATALE NELLE VOSTRE FAMIGLIE E NELLE VOSTRE COMUNITA'.
BURGER ECONOMY
Alla ricerca di una alternativa realistica … da mordere!
Sintesi della Sintesi
Il circuito di produzione-consumo dei diversi Beni&Servizi (B&S) può essere gestito da una o più Modalità economiche.
Queste appartengono ognuna ad un determinato Paradigma economico fra i due possibili:
- Eteronomia (produzione per terzi attuata da una collettività di soggetti in competizione reciproca)
- Autonomia (produzione per sé, o auto-produzione, attuata da un soggetto collettivo).
Nel sistema economico occidentale attuale gran parte dei B&S, con l’eccezione dei Servizi collettivi (indivisibili), sono gestiti, in misura sempre crescente, dal Mercato che, assieme alla Filantropia e ai Baratti, fa parte del Paradigma dell’Eteronomia.
Data la naturale tendenza del Mercato alla mondializzazione e alla finanziarizzazione (tendenza oltretutto favorita dallo sviluppo tecnologico), la sua eccessiva presenza nel sistema può essere considerata la “madre” di tutti i mali, per l’uomo e l’ambiente.
Ergo
non resta che accrescere la presenza nel sistema dell’Autonomia attraverso le sue Modalità più opportune.
MODALITA’ DELL’AUTONOMIA
a- Collettività private
a1) Auto-produzione domestica (uni-famigliare e multi-attività)
a2) Auto-produzione mutualistica (multi-famigliare e mono-attività)
a3) Auto-produzione comunitaria (multi-famigliare e multi-attività)
b)- Collettività pubbliche
PECULIARITA’ DELLE MODALITA’ DELL’AUTONOMIA
(intese come strumento del cambiamento)
Campo d’azione Impatto atteso Viabilità
a1 limitato quasi nullo elevata
a2 molto limitato quasi nullo scarsa
a3 ampio elevato elevata
b massimo nullo nulla
COMMENTI
a1: NO
Per uscire dall’attuale deprecabile situazione non conviene puntare sull’auto-produzione domestica:
- richiede un grande dispendio di energie per convincere al boicottaggio dell’offerta del Mercato e il passaggio all’auto-produzione
- il campo d’azione in cui ciò può aver luogo è comunque limitato, data l’attuale scarsità di mezzi di produzione e di know-how, ad una piccola parte dei beni e servizi di prima necessità
- l’impatto atteso, date le abitudini al consumo passivo oramai radicate, è conseguentemente trascurabile nonostante l’elevato grado di viabilità di questa Modalità economica.
a2: NO
Una tale Modalità economica ha sempre avuto un campo di applicazione ristretto (servizi previdenziali, credito, distribuzione al dettaglio).
Nel passato aveva comunque un senso in quanto rendeva accessibili, o comunque vantaggiosi, i detti servizi ai soci.
Recentemente l’auto-produzione mutualistica, specialmente in ambito previdenziale (assicurativo) e creditizio, è stata in gran parte fagocitata dal Mercato.
Se oggi non ha senso tentare di ripristinare tale Modalità economica, essa potrebbe tornare di attualità se la Modalità a3 prendesse piede.
Recentemente il suo campo di applicazione si è esteso all’agricoltura biologica con la nascita delle Community Supported Agricoltura (CSA), ma tali “mutue” vanno viste come un “seme” per la nascita della Modalità a3.
a3: SI
Questa Modalità economica, dal carattere “rivoluzionario”, è oggi assente (forse proprio per questo) nell’attuale sistema economico occidentale, nonostante una sua prima realizzazione di successo, fine ‘800 ad Arcidosso (Grosseto), soffocata nel sangue.
O, per meglio dire, l’auto-produzione comunitaria sembra rispuntare, sia con realizzazioni spontanee (Cooperative di comunità e Co-housing, ispirati ai Kibbutz) sia nelle proposte di intellettuali visionari (Maurizio Pallante in Monasteri del terzo millennio, Rod Dreher in Opzione Benedetto) ed esperti (World-Lab ne ha proposto una variante, denominata Distretto di Sviluppo Locale ma anche Accademia Conviviale di Arti e Mestieri o semplicemente Convivio, concepita in vista di una sua massiccia diffusione essendo economicamente sostenibile, standard, e non necessitando di innovazione, né di prodotto né di processo).
Detta Modalità economica va seriamente presa in considerazione dalla società civile.
Questo, dato il suo impatto atteso elevato derivante, da un lato, dall’interesse che tutti gli stakeholders (soci lavoratori e/o utenti, investitori proprietari dei mezzi di produzione, Attuatori e Patrocinatori) ne possono trarre e, dall’altro, dall’ampio spettro di beni e servizi che è in grado di ritrasferire dal Paradigma dell’Eteronomia a quello dell’Autonomia e, soprattutto, data la sua elevata viabilità inserendosi in modo ortodosso nell’attuale quadro normativo seppur costruito, quest’ultimo, su misura per il Mercato e l’Eteronomia.
Una volta disponibile una sua realizzazione pilota, o quantomeno un suo embrione significativo, la sua diffusione, simultanea e generalizzata, dovrebbe essere garantita (sembra l’unica “strada in discesa” oggi esistente).
b: NO
Nonostante tale Modalità economica sia caratterizzata dal massimo campo d’azione (potendo essa gestire la totalità dei Beni e Servizi, inclusi quelli collettivi, cosa che faceva nei sistemi collettivisti oggi scomparsi) e, conseguentemente da un impatto potenzialmente elevato, il suo impatto atteso è da considerarsi nullo in quanto nulla è anche la sua viabilità.
A parte i Servizi collettivi che sono di sua specifica competenza, essendo erogati a prezzo zero coprendo i costi con la fiscalità, gli altri Beni e Servizi sono bipartiti fra:
- quelli per i quali la Modalità a3 (auto-produzione comunitaria) può fare meglio del Mercato ma anche meglio della Modalità auto-produttiva pubblica, oltre che delle altre Modalità dell’Autonomia
- quelli (ad alta intensità di capitale) per i quali la Modalità a3 è fuori gioco e la Modalità auto-produttrice pubblica farebbe ben meglio, per la società e l’ambiente, rispetto al Mercato.
Nel primo caso la società civile ha interesse a concentrarsi sulla Modalità a3 non fosse per il fatto che fa meglio di tutte, indipendentemente dal Paradigma di appartenenza.
Nel secondo caso, nonostante la Modalità b sia la sola, nel Paradigma dell’Autonomia, in grado di far meglio del Mercato (soprattutto in alcuni comparti produttivi) e nonostante il suo impatto potenziale possa considerarsi elevato, essa dovrebbe essere posta in secondo piano, quantomeno inizialmente, dalla società civile, in quanto il suo impatto atteso è nullo data la sua viabilità nulla (dipendendo questa dalla politica la quale dipende dall’informazione e dal potere finanziario che privilegia il Mercato in quanto tale potere prospera sulla moneta che costituisce la “linfa vitale” del Mercato stesso).
Dato che le Modalità dell’auto-produzione comunitaria a3, e la sua variante Convivio, sono apparse da poco e non fanno certo oggetto di divulgazione da parte dei media, si assiste, invece, ad una tendenza generalizzata alla politica come sola via da battere, non tanto per aumentare il ruolo del Paradigma dell’Autonomia tutt’ora ignoto, ma per porre un freno alla degenerazione del Mercato nella speranza di arrivare in tal modo ad un cambiamento del sistema.
Oggi, insomma, vige la “lotta all’attuale sistema” (fondato sull’Eteronomia) mentre invece servirebbe crearne uno alternativo (comprendente un maggior ruolo dell’Autonomia saggiamente applicata) in modo da rendere obsoleto il sistema attuale (un approccio non-violento, cristiano o Ghandiano, di comprovato successo).
Mentre il primo approccio, incoraggiato dalle élite in quanto portano il dissenso sul campo da loro scelto e a loro favorevole, va considerato una via in salita (se non addirittura senza uscita, per quanto detto), così come lo sono le Modalità a1 e, se nulla cambia, la a2.
SUGGERIMENTO STRATEGICO AGLI ADDETTI AI LAVORI
Probabilmente meritevole del noto acronimo TINA
- DAPPRIMA cominciare a patrocinare e ad attuare le prime realizzazioni dimostrativo-sperimentali del Convivio la cui diffusione (di cui beneficeranno i patrocinatori e gli attuatori stessi) comporta già una buona parte della trasformazione strutturale del sistema e, soprattutto (data la valenza pedagogica di una tale trasformazione che toccherà, seppur in diversa misura, gran parte della popolazione), rende evidente il ruolo positivo dell’Autonomia, col razionale impiego delle sue Modalità (non c’è solo l’alternativa fake “Mercato o Stato”) sulla società e sull’ambiente.
- E POI, una volta generato un sufficiente consenso potenziale, concentrare le energie sull’azione politica. La scelta di puntare direttamente ed esclusivamente sulla politica ha già ampiamente dimostrato la sua inefficacia per la duplice ragione seguente: il consenso su un programma di reale cambiamento è difficile da ottenere e comunque, anche una volta ottenuto e conquistato lo scranno del potere, un tale programma dovrà essere accantonato ... con le buone o con le cattive.
I protagonisti di tale expoit, dopo aver fatto diversi danni al sistema socio-economico, cadranno presto nell’oblio e … nella vergogna.
ACCORATO APPELLO AI POLITICI VECCHI E (SOPRATTUTTO) NUOVI
Non sottovalutate il suggerimento di cui sopra: ne beneficeranno tutti… voi inclusi!
A CURA DEL GRUPPO DI LAVORO WORLD-LAB (settembre 2020.
Caro Papa Francesco buongiorno,
faccio seguito alla mia precedente nota che ti ho inviato l’anno scorso in occasione del proclamato Convegno sul tema in oggetto e previsto per il 26-28 marzo 2020 sospeso a causa della pandemia in corso.
Siamo tutti presi da questa crisi mondiale che tocca da vicino la salute nostra e dei nostri cari e che sta avendo, e avrà ancora di più in futuro, conseguenze piuttosto dirompenti sul modello economico ultraliberista in vigore.
D’altra parte nella tua importante enciclica “Laudato si’”, avevi messo ben in evidenza quale scenario si profilava all’orizzonte del sistema economico mondiale devastato dallo strapotere dei pochi centri decisionali della finanza internazionale: un concentrato di egoismi e interessi tutto teso a mantenere e accrescere la ricchezza dei pochi e la povertà e la miseria dei molti.
Però, come in ogni crisi, noi siamo chiamati a coglierne le opportunità.
La nostra speranza, teologicamente fondata nella nostra dottrina sociale cattolica, è che il rinsavimento da te auspicato venga preso sul serio in considerazione.
Ed è proprio per questo che l’anno scorso ti ho informato dei risultati della nostra ricerca su di un modello economico alternativo a quelli esistenti nello scenario mondiale.
Infatti con i colleghi del network di esperti internazionali di World-Lab, proprio contemporaneamente all’uscita della tua enciclica “Laudato sì’” abbiamo dato alle stampe su Amazon il nostro libro “LA DIGNITÀ DELLE NAZIONI” e l’anno dopo, 2016, un altro libro “MANIFESTO DEL CIVISMO”, col quale abbiamo divulgato le modalità di realizzazione di questo nuovo e inedito modello, sempre pubblicato su Amazon.
Ora, ti informo nuovamente, che nel 2016 i risultati della nostra ricerca sono stati presentati in Segreteria di Stato nella persona di monsignor Osvaldo Neves de Almeida incaricato dal card. Parolin per questa udienza, e pochi giorni dopo li abbiamo presentati al card. Peter Appiah Kodwo Turkson prefetto del Dicastero Pontificio per il servizio dello sviluppo umano integrale, e grazie anche al suo patrocinio a maggio 2017 abbiamo realizzato un convegno internazionale dal titolo “Un modello di Sviluppo Cristiano per una Ecologia Integrale”, nella sede prestigiosa della Conferenza Episcopale Triveneta a Zelarino-Venezia.
Nella precedente lettera ci siamo rivolti anche al Comitato organizzatore del rinviato Convegno mondiale di Assisi con l’intento di poter presentare i risultati e le proposte del nostro lavoro. Purtroppo, a causa della nostra età, non è stato possibile essere accolti in quanto diversamente giovani, mentre al Convegno erano invitati i giovani a presentare le idee innovative per un’economia che rispettasse l’ambiente e l’uomo.
Oggi, a causa della crisi devastante della pandemia, ci viene offerta un’opportunità straordinaria per ritornare alla carica nei tuoi confronti e far conoscere, grazie a te, a una platea più allargata le proposte divulgate a suo tempo nei due libri citati. Addirittura, consapevoli dell’importanza dei risultati, il primo volumetto è stato stampato in inglese, francese, spagnolo e russo giusto perché in tutto il mondo c’è un’attesa spasmodica per liberare l’umanità dalla “Economia che uccide”.
Questa crisi può generare nuovi comportamenti soprattutto a livello di relazioni economiche. I segni della decadenza del sistema economico ultraliberista si compendiano nella distruzione dei valori sui quali era nato e si era ancorato per un paio di secoli: la famiglia come cellula fondamentale della società, la difesa della vita dal concepimento al termine naturale, la solidarietà intergenerazionale ...... tutti valori nati dentro all’etica di origine cristiana, con buona pace di tutti i negazionisti sulla matrice divina dell’uomo.
La crisi deve essere un’opportunità per introdurre nella società quel cambio di paradigma economico che noi di World-Lab abbiamo messo a punto nei due volumetti citati e che qui ancora adesso divulgo per te, Papa Francesco prima di tutto, ma anche a tutte le persone coinvolte in questi processi di cambiamento, compresi gli “economisti di Dio” che sono interpellati come consultori nei vari Dicasteri Pontifici, perché è dalla implementazione nel tessuto sociale che può rinascere un’economia a servizio dell’uomo e della natura.
A questo punto una precisazione è necessaria per evitare fraintendimenti, il modello elaborato dagli specialisti di World-Lab non prevede l’intervento del livello politico per contributi o finanziamenti e consiste, oggi, nell’ APPOGGIO della CHIESA : incaricare una adeguata Parrocchia che collabori con W-L, promuovendo presso i parrocchiani, che nulla avrebbero da perdere e semmai tutto da guadagnare, la graduale realizzazione di un Convivio sperimentale...niente di più!
Si tratta di un progetto di natura socio-economica, il ruolo del quale non esiteremo a definire “storico” e quindi ineludibile per il quale, a giudicare dall’attualità, è giunto il tempo di una sua realizzazione.
Questa prende avvio, in due parole, con la diffusione di un originale contesto formativo/auto-occupazionale, economicamente sostenibile, standard e realizzato su base locale (tecnicamente denominato Distretto di Sviluppo Locale, ma anche Accademia Conviviale di Arti e Mestieri e, più semplicemente, Convivio).
Questo è fondato su una inedita variante, multi-famigliare e multi-attività, dell’auto-produzione, paradigma economico misconosciuto dove vengono prodotti “valori d’uso” e dove l’imprenditorialità, esercitata su base esclusivamente comunitaria, mira alla massima efficienza dell’intero circuito di produzione-consumo.
Nei Convivi; ed è ciò che spiazzerà l’intellighenzia economica nazionale ed internazionale che da sempre sostiene l’inconciliabilità fra la libera iniziativa e la disoccupazione zero; possono trovar posto tutte le risorse umane involontariamente inattive, già numerose e in tendenziale aumento, in quanto ad esse si aggiungono quelle che molte imprese del contesto concorrenziale devono estromettere a ritmo crescente, rimpiazzandole con le macchine e l’intelligenza artificiale, per mantenere la necessaria competitività in un contesto mondializzato.
È così che, con la diffusione dei Convivi sul territorio, ovunque richiesto, prenderà avvio una dinamica che, accompagnata da specifici effetti domino, sfocerà in un sistema in cui regna la libera iniziativa e in cui ognuno può accedere all’imprenditoria nelle sue variegate forme ed evitare, in ogni caso, la stigmatizzazione implicata dall’assistenza sociale.
Si tratta dunque di un progetto che, di primo acchito, può apparire, se non utopico, comunque eccessivamente ambizioso, ma che, di fatto, si rivelerà assolutamente realistico non appena ne daremo evidenza, seppur sommariamente, nella nota che segue.
Questa consiste nella diffusione sul territorio della Città metropolitana di Venezia, inteso come area pilota, di una inedita struttura di “formazione e auto-occupazione” denominata Accademia Conviviale di Arti e Mestieri (ACAM) o semplicemente Convivio.
Il Convivio va considerato come una Istituzione mancante la cui funzione consiste nell’accompagnamento all’operatività, attuato col metodo imparare lavorando, in una o più attività produttive sia di giovani, che di meno giovani che lo necessitano (es. lavoratori in ricollocazione).
Tale preziosa funzione, tradizionalmente svolta dalla famiglia o dal piccolo artigianato di prossimità, è oggi tragicamente assente nelle nostre società occidentali.
E questo fa sì che gran parte dei giovani, leoni da tastiera, non sappiano tenere in mano un cacciavite o una cazzuola e, ciò che è peggio, sviluppino un senso di rigetto verso l’attività manuale da cui sono totalmente avulsi.
La peculiarità del Convivio risiede nel fatto che la sua produzione, la quale copre un’ampia gamma di beni e servizi di consumo famigliare corrente, viene assorbita prioritariamente dalle famiglie dei numerosi soci operanti a vario titolo nelle diverse unità di produzione della struttura, la quale viene così a configurarsi come una “Mutua”, cioè un soggetto auto-produttore multi-famigliare e, nella fattispecie, multi-attività il quale, come ogni Mutua, risulta economicamente autonomo, in quanto impresa creata dagli utenti stessi.
Il Convivio perciò consente, come spiegato altrove in dettaglio, di creare occupazione aggiuntiva nel sistema e quindi attraverso una sua diffusione rapportata alle necessità, attuabile dalla società civile data la sua viabilità economica, diventa possibile eliminare totalmente la disoccupazione ed altre forme di inattività involontaria, fenomeno altamente deprecabile specialmente presso i giovani.
Una volta portata a termine una realizzazione dimostrativo-sperimentale del Convivio, questa potrà essere facilmente replicata, data la sua natura standard, sia all’interno del comprensorio veneziano che in altre aree del territorio nazionale e oltre.
Consapevoli di quanto sta maturando negli ambienti della Conferenza Episcopale Italiana, con riferimento a un modello di dottrina economica della Chiesa cattolica, che rinviando agli interventi di natura politica quanto previsto denota una sua improbabile realizzazione, come risulta da consolidata esperienza storica, noi suggeriamo di realizzare un’economia cristiana direttamente dalla società civile di cui la Chiesa fa parte.
Nella nostra accezione nell’economia cristiana parte dei beni e servizi di prima necessità sono autoprodotti da collettività private intermedie (Convivi) e dove le collettività pubbliche auto-producono non solo i servizi collettivi, ma anche un consistente numero di beni e servizi strategici oggi in mano ad imprese multinazionali orientate esclusivamente al profitto.
Solo qualche ambito cattolico (Domenicano, nella fattispecie, e non Francescano) sembra conoscere, ed apprezzare, il pensiero di World-Lab. Vedi articolo del domenicano Riccardo Lufrani: “La evangelizzazione dell’economia dalla gabbia dell’ideologia liberista alla vera libertà di una economia cristiana".
PS: In World-Lab ci siamo chiesti come mai Papa Francesco non promuova, assieme ai responsabili di altre chiese cristiane o di altre religioni, un movimento studentesco di "protesta-azione" (e non di "protesta-richiesta" come quello di Greta Thunberg che lascia il tempo che trova) come quello descritto (Work For Planet) in un prossimo articolo che segue esattamente il consiglio del Papa stesso (e cioè non lamentarsi per gli effetti del sistema attuale ma girargli le spalle e costruire un sistema economico diverso che renda obsoleto quello vigente).
Cosa facile: basta diffondere l'auto-produzione, multi-famigliare e multi-attività, dove possibile e ... conveniente (secondo la logica dell' homo oeconomicus).
Il resto (compreso " l'uomo nuovo") viene da sé, successivamente.
Per ogni informazione sull'Economia cristiana e World-Lab non esitare a contattarci a questi indirizzi:
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Per ulteriori approfondimenti vedi sul sito www.gianfrancotrabuio.it, nella cartella Europa Cristiana, gli articoli pubblicati:
1- L'ATTUALE SISTEMA ECONOMICO NON VA COMBATTUTO, VA RESO, PACIFICAMENTE, OBSOLETO.
2- LETTERA DEL CARDINALE PETER K. A. TURKSON PER IL CONVEGNO.
3- UN MODELLO DI SVILUPPO CRISTIANO PER UNA ECOLOGIA INTEGRALE.
4- CRISTIANESIMO E QUESTIONE SOCIALE : UNA NUOVA VISIONE DELL'ECONOMIA.
DA LOURDES L’INVITO DELLA MADONNA A ESSERE TUTTI APOSTOLI
Inizio a scrivere queste riflessioni sull’ultima esperienza maturata al corso di formazione per animatori dell’UNITALSI, ad Assisi nel gennaio scorso, considerando il ruolo della donna nell’esperienza biblica per poi successivamente portare l’attenzione sulla Madonna madre di Cristo e su quanto possiamo mettere a frutto, nella nostra quotidianità di credenti, delle rivelazioni che la Vergine Immacolata ha lasciato a Bernadette alla grotta di Massabielle.
Nell’antropologia culturale degli Ebrei, nel Vecchio Testamento, la donna non era per niente considerata come individuo sociale, e Dio quando si manifestava si rivolgeva ai profeti, uomini che avevano l’incarico di guidare il popolo secondo la legge mosaica.
C’è un solo esempio, che riscontro nella mia esperienza di appassionato di Storia Sacra, quando Dio si manifesta a una donna: a Sara moglie di Abramo, oramai molto anziana e senza figli, profetizzandole la nascita di un figlio e dandole anche il nome: Isacco.
Ora, vediamo qualcosa di molto utile e interessante per capire il ruolo di Maria di Nazareth in questo contesto di cultura ebraica del suo tempo, quando la donna era considerata solo per la sua capacità di generare figli, e basta.
Però, per completezza di informazione e per capire la complessa strategia di Dio riguardo al suo popolo, è importante anche illustrare brevemente delle eccezioni: le profetesse. Ce ne sono almeno tre citate nel Vecchio Testamento:
Da quanto esposto possiamo arguire che la strategia di Dio nella conduzione del suo popolo va oltre il contesto culturale del dominio mascolino, e questo è un fatto molto rilevante perché sarà proprio a Maria di Nazareth che di nuovo Dio parla mediante l’Arcangelo Gabriele. Un’altra donna così importante nell’economia della salvezza da diventare addirittura la madre del Figlio di Dio, il Messia, colui che libererà il popolo dalla schiavitù del peccato offrendogli la via della redenzione dal peccato.
Da sottolineare un fatto curioso sul nome di Maria o Miriam. Tra gli ebrei dopo la sorella di Mosé, Miriam, nessuna donna più si chiamò Miriam o Maria (hanno la stessa radice semantica) perché c’è stato un momento della vita di Miriam, durante l’Esodo, che insieme al fratello Aronne voleva essere superiore al fratello Mosé, attirandosi il castigo di Dio. Ed è molto “curioso” che Dio scelga una donna di nome Maria, nome dimenticato nel popolo ebraico, e che la scelga in quel villaggio della Galilea abbastanza malfamato (può mai venire qualcosa di buono da Nazareth?). È una delle tante prove che Dio sceglie per i suoi disegni, persone che per il mondo sono considerate un nulla.
È molto importante entrare dentro alla psicologia di Dio per capirne al meglio le strategie. Per esempio a Betlemme al momento della nascita del suo Figlio Gesù, chi sono i primi ad arrivare alla grotta della nascita chiamati dagli Angeli?
I pastori, le persone che nella cultura ebraica del tempo erano considerati impuri e addirittura la feccia della società. Nel Talmud, il libro delle sentenze dei rabbini, è scritto che tra gli uomini non c’è nulla di peggio di un pastore.
Ora, dopo queste considerazioni introduttive, entriamo nel tema pastorale da meditare e approfondire che il vescovo di Lourdes ha proclamato per quest’anno: “L’IMMACOLATA”. E per farlo bene immergiamoci nelle acque della sorgente che Bernadette ha scavato nella grotta di Massabielle e fissiamo la nostra attenzione sul fatto che Bernadette era una povera ragazza di Lourdes, ignorante, quasi analfabeta ma ricca di una fede che ha del soprannaturale. Nella sua maturità da suora nel convento di Nevers ricordava alle sue consorelle che “se ci fosse stata sulla terra una bambina più ignorante e stupida di lei, la Vergine avrebbe scelto quella”. E questo è un altro segno fortissimo delle scelte di Dio quando decide di far riflettere l’umanità che nei secoli si è sempre allontanata dai suoi comandamenti. Anche Bernadette è stata scelta solo per la sua grande fede, una ragazzina che desiderava solo andare a catechismo per poter fare la sua prima Comunione con Gesù.
Un altro spunto di riflessione lo troviamo riandando alla storia del popolo ebraico dove la donna era considerata socialmente inferiore. Ricordiamo lo scandalo suscitato da Gesù presso i suoi apostoli quando lo trovano a discorrere con una samaritana al pozzo di Giacobbe, un fatto inaudito per quegli uomini. Riflettiamo su Gesù e sulle sue scelte organizzative che erano in contrasto con la cultura del tempo: quante donne troviamo al seguito di Gesù con compiti importanti, da Marta alla sorella Maria, dalla Maddalena alla madre di Giacomo e Giovanni, e così via elencando.
Chi troviamo lungo il percorso del Calvario? Le donne, mentre gli apostoli sono tutti fuggiti con esclusione di Giovanni che con la Madre di Gesù, Maria, assisterà alla morte in croce. Ma, ancora altre due donne sono ai piedi della croce: Maria di Cleofa sorella della Madonna e Maria di Magdala. È assolutamente importante conoscere questi aspetti della vita di Gesù e come, proprio da questo suo comportamento con le donne, nei secoli della Chiesa cattolica quanto sia sempre stato fondamentale il ruolo del genio femminile. Ai tempi di Gesù non sarebbe stato possibile, Gesù ha rivoluzionato anche questo.
E noi? Cosa possiamo imparare da chi era ai piedi della croce?
Impariamo da Giovanni a prenderci cura della Madre di Gesù e ascoltiamo le “istruzioni per l’uso” che l’Immacolata ha dato a Bernadette e …. mettiamole in pratica.
La firma della Madonna sulle apparizioni avviene in quel fatidico 25 Marzo 1858 quando dice a Bernadette che Lei è l’Immacolata Concezione. Per la Chiesa cattolica il 25 Marzo è la grande festa dell’Annunciazione del Signore, quando l’Arcangelo Gabriele profetizza alla giovane Maria di Nazareth che diventerà madre del Figlio di Dio. La Signora della Grotta ci parla della sua vocazione: è la Madre di Gesù, tutto il suo essere consiste nel concepire il Figlio di Dio, è tutta per Lui.
La Annunciazione del Beato Angelico (1430-1432) presso il museo del Prado a Madrid
Così la Chiesa e ogni cristiano devono lasciarsi abitare da Dio per divenire a loro volta immacolati, radicalmente perdonati e graziati in modo da essere, anch’essi testimoni di Dio.
A noi Veneti quanto è avvenuto a Lourdes sta molto a cuore. Quel 25 Marzo noi lo ricordiamo perché nell’anno 421 Venezia viene affidata alla Vergine Annunziata, e quindi il legame tra Venezia e la Madonna è saldo e duraturo da secoli, e per i veneziani quel 25 Marzo è il compleanno di Venezia. Questo deve farci riflettere sulla nostra storia Veneta e di quanto la Madonna sia sempre stata amata e pregata da questo popolo che continua a confidare nella Sua protezione soprattutto in occasione delle calamità.
Foto originale di Bernadette Soubirous con il Rosario Brigidino che lei aveva acquistato presso il Santuario Mariano di Betharram, a pochi chilometri da Lourdes. In questo Santuario era rettore il famoso sacerdote Michel Garicoits poi diventato santo e che per primo ebbe la sicurezza della verità delle apparizioni della Vergine a Bernadette.
Per chi volesse approfondire il tema dell’Immacolata consiglio di leggere sul mio blog: www.gianfrancotrabuio.it, dentro alla cartella “Devozioni religiose” e poi in quella “Lourdes e dintorni mariani”, una mia relazione dal titolo “LA MADONNA CI PARLA” che a oggi è stata letta da oltre 46.000 persone.
Alle mie dolci corrispondenti e ai miei cari amici che da anni mi seguono in questa passione letteraria e religiosa, che sconfina col misticismo, quest'anno ho ritenuto opportuno farvi arrivare questo augurio natalizio.
Tutto prende origine dalle mie esperienze come pellegrino nella terra di Gesù e dalle conoscenze maturate grazie ai contatti con i Frati Francescani Minori e le appassionate organizzazioni di volontariato che operano per sostenere nel loro difficile cammino i bambini dei territori devastati dalle violenze belliche.
Un ricordo speciale va alle mie amate Suore Dorotee figlie dei Sacri Cuori di Vicenza, che a Betlemme operano nell'Istituto Paolo VI, denominato EFFETA', nel quale accolgono l'infanzia affetta da gravi problemi di linguaggio e da sordità. Sono specializzate nel carisma particolare che il loro fondatore, San Giovanni Antonio Farina, ha voluto per educare l'infanzia sordomuta a parlare. Le tecniche utilizzate dalle suore non consistono nell'insegnare il linguaggio dei gesti, ma utilizzano strategie didattiche originali e gli alunni quando diventano adolescenti possono tranquillamente diplomarsi e anche laurearsi: uno dei tanti miracoli nati nella nostra terra Veneta.
Noi Amici di Terra Santa siamo impegnati anche con le adozioni a distanza dei bambini di Betlemme che frequentano le scuole dei Frati Francescani Minori e che non hanno disponibilità economiche per frequentare le lezioni e diplomarsi. A fine marzo 2020 sarò con un bel pellegrinaggio proprio a Betlemme dove avremo modo di conoscere i nostri scolari adottivi e i loro insegnanti, comprese le nostre care Suore Dorotee dell'EFFETA'.
Con questi sentimenti auguro a voi tutti un Natale di pace nei vostri cuori e nelle vostre famiglie.
La festa di San Martino, vescovo di Tours, in Francia, è uno dei capisaldi della tradizione religiosa delle nostre campagne, ancora oggi.
Nell’intorno dell’undici novembre è tutto un fiorire di feste e sagre paesane dove trovano spazio e godimento i frutti della terra e i loro appassionati degustatori.
È interessante per i cultori della storia e delle tradizioni venete, riandare alla vita di questo santo vescovo cattolico per capire qualcosa di più della struttura portante della nostra antropologia culturale, ovvero, perché san Martino è così famoso e così venerato nelle nostre campagne.
SAN MARTINO DI TOURS, DIPINTO DEL MAESTRO PAOLO CANCIANI
NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI SORRIVA DI SOVRAMONTE (BL)
Ecco, allora, venirci in aiuto la sua storia, quella narrata da lui in prima persona e raccontata qualche secolo dopo da uno scrittore veneto, certo Venanzio Fortunato da Valdobbiadene.
Martino nasce in Pannonia, l’attuale Ungheria, verso il 316, figlio di un funzionario dell’impero romano, e si arruola da giovane nelle legioni romane di stanza in quei territori, si muove al seguito dell’esercito nei territori dell’impero. Conosce la religione cristiana e si fa catecumeno, desidera prepararsi a ricevere il Battesimo, quando in una giornata fredda incontra un povero intirizzito e mosso a pietà, divide il suo mantello per lui, tagliandolo a metà con la spada. La stessa notte, Martino, legionario romano, ha una visione: gli appare Gesù che lo ringrazia per aver diviso con lui il suo mantello. Subito dopo si fa battezzare, abbandona l’esercito e si mette sotto la guida di sant’Ilario di Poitiers (anno 339), studia, diventa sacerdote e fonda il primo monastero dell’Occidente a Ligugé nei pressi di Poitiers (360). Nel 372 diventa vescovo di Tours e esercita il suo ministero pastorale fino all’età di ottanta anni. Viene sepolto l’11 novembre del 396, e noi ancora oggi facciamo memoria di questo grande personaggio proprio in questa data.
Già in vita Martino fece miracoli che sono rimasti negli annali della sua biografia. In particolare la risurrezione da morte di un monaco del suo monastero, la risurrezione di un suicida e quella di un bambino portato in braccio dalla mamma, tutti avvenuti di fronte a numerosi testimoni, questi fatti provocarono un’emozione fortissima e numerosissime conversioni.
Ora, vediamo perché il vescovo Martino ha mantenuto fino a oggi la fama di uomo di Dio, soprattutto tra la gente dei campi.
Bisogna riandare con l’immaginazione a quegli anni, quando la vita nelle campagne era quanto mai misera e le persone che vi vivevano erano sottoposte a ogni genere di difficoltà, sia dalla precarietà delle colture e del clima, sia dalle angherie dei “cittadini” proprietari delle terre, sia dagli eserciti in perenne movimento da un territorio all’altro.
Martino rappresenta il primo esempio di “pastore” che concentra la sua azione pastorale tra gli uomini della campagna. Il cristianesimo non era ancora diffuso in quei territori, Martino rappresenta, quindi, la guida, il pastore, l’apostolo, il tutore di quelle genti, esposte più di altre alla povertà e alla miseria.
La sua fama di soldato e di monaco colpisce grandemente la sensibilità di quelle genti, lui che ha diviso con la spada il suo mantello per darne metà a un povero, rappresenta qualcosa di rivoluzionario, perché i soldati usavano la spada per fare violenza e non per fare la carità. Questo fatto, ancora oggi rappresenta un elemento di grande rilevanza nel sistema di valori della “gente dei campi”.
A questo bisogna aggiungere l’incessante opera di evangelizzazione e di promozione sociale dei contadini e dei pastori.
Oggi, dopo oltre 1600 anni, questa fama permane e si alimenta con la fede delle persone legate alla terra da vincoli di lavoro e di affetto. Fede nella Parola di Gesù, fede nei valori della condivisione e della responsabilità.
Però, è interessante un ulteriore approfondimento su questa figura di Santo, fondatore del primo monastero in Occidente. Per noi Veneti è di straordinaria importanza ricordare la storia di questo Santo, che ora brevemente riprendo parlando di Venanzio Fortunato da Valdobbiadene, scrittore del sesto secolo che scrive la biografia di San Martino verso il 560. Ebbene, Venanzio e un suo amico, certo Felice di Treviso, si recano in pellegrinaggio a Ravenna, cammin facendo ambedue si ammalano agli occhi, la fede li porta nella chiesa di San Giovanni a Ravenna dove nella cripta c’è una lampada a olio che arde davanti a una statua di San Martino, loro si ungono gli occhi con l’olio della lampada e miracolosamente guariscono. I due ritorneranno, quindi, nel trevigiano e si faranno promotori della venerazione del Santo vescovo di Tours. Felice, successivamente diventerà vescovo di Treviso.
Ecco spiegato in modo semplice e storicamente fondato il grande impatto di San Martino nella fede e nella cultura delle persone dedite alla coltivazione dei campi e all’allevamento degli animali.
Nel nostro Veneto è invocato anche come protettore delle mamme in attesa, proprio in ricordo di quel miracolo famoso citato, oltre ad essere titolare di centinaia di chiese sparse su tutto il territorio dal Polesine al Bellunese, infatti a san Martino è dedicata anche la diocesi di Belluno.
Ma non è finita qui la storia di San Martino, continua con recenti acquisizioni d’archivio nelle quali si riporta l’azione di tutela svolta da questo Vescovo nei confronti dei contadini del tempo, avendo elaborato una specie di contratto di mezzadria ante litteram tra proprietari terrieri e lavoratori della terra.
Nel nostro costume veneto e nella nostra tradizione agricola, famose e tristissime sono ancora oggi le migrazioni dei mezzadri che a fine campagna agricola, proprio a cavallo di San Martino, lasciavano la casa e la terra che avevano coltivato, per spostarsi presso un’altra campagna di un altro proprietario per ricominciare daccapo una nuova ardua fatica, e lo spostamento avveniva portandosi dietro la famiglia e le poche suppellettili su di un carro trainato da una mucca e a piedi portando a spalle quanto non ci stava sul carro.
È utile riflettere, oggi, in questo Veneto, locomotiva ancora trainante dell’economia nordestina, quali e quante fatiche e quali insegnamenti ci hanno lasciato i nostri vecchi e le nostre vecchie, quanto coraggio e quanta fede hanno avuto per reggere le avversità, che solo a pensarci fanno venire i brividi.
Carissime e carissimi, questo invito è un'occasione straordinaria per conoscere l'arte, la musica e la poesia.
Giovedì 17 ottobre alle ore 18 vi aspetto in Via Cappuccina 15 a Mestre, presso la D'E.M. VENICE ART GALLERY, dove in una cornice artistica di pregio presenterò il mio quarto libro di poesie. In questo contesto sarò coadiuvato dalla cara poetessa Giorgia Pollastri e da mio figlio Giovanni. L'attore Adriano Spolaor si cimenterà nella recitazione di alcune mie creazioni e sarà accompagnato alla chitarra dal famoso musicista Andrea Ghezzo. Sarò a vostra disposizione per le dediche sul libro che vorrete acquistare e il tutto andrà a beneficio dei Frati Francescani della Parrocchia di Betlemme in Palestina attraverso fra Adriano Contran del convento di Sant'Antonio di Marghera.
Un brindisi allieterà la conclusione di questa originale manifestazione artistica.
DISOCCUPAZIONE ZERO
Da una Grande Opera di alchimia socio-economica
Premessa
Nel giugno del 2015 il network di esperti internazionali World-Lab (www.worldlabnetwork.ru) ha pubblicato, in singolare concomitanza con l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, il libro La Dignità delle Nazioni, disponibile su Amazon in 5 versioni linguistiche ( EN, FR, IT, RU, SP), nel quale presenta il percorso della Grande Opera di alchimia socio-economica che ha condotto alla scoperta della “pietra filosofale”: il Convivio.
Trattasi, in estrema sintesi, di un soggetto economico, curiosamente inedito, inizialmente denominato Distretto di Sviluppo Locale (DSL), costituito da una grande cooperativa multi-attività (beni, e servizi di consumo famigliare corrente di prima necessità) i cui soci, di cui buona parte sono soci-lavoratori, sono destinatari della produzione che possono acquisire a prezzo di costo.
In ambito auto-produttivo il Convivio va dunque oltre l’esistente finora costituito, da un lato, da soggetti multi-attività ma uni-famigliari (è il caso dell’auto-produzione domestica la cui importanza va scemando, quantomeno in Occidente) e, dall’altro, da soggetti multi-famigliari ma mono-attività (ad esempio le Mutue previdenziali oramai gradualmente entrate nel contesto concorrenziale, ma anche le nuove cooperative ortofrutticole basate sulla logica dalla Community Supported Agriculture).
Una ulteriore peculiarità del Convivio, derivante dalla multi-attività, consiste nel fatto che la sua struttura produttiva ha un carattere modulare, essendo costituita da una ventina di unità di produzione tematiche (moduli), tecnicamente indipendenti ma a bilancio unificato, nelle quali operano fianco a fianco un socio senior, pensionato, dotato di capacità professionali con funzione di formatore-tutore e alcuni soci in qualità di apprendisti-lavoratori (per questo motivo il Convivio è stato anche denominato Accademia Conviviale dei Mestieri).
Dette unità produttive si configurano pertanto come Botteghe artigiane di nuova generazione nelle quali la formazione professionale è basata, come nella tradizione, sulla trasmissione intergenerazionale dei saperi con la grande differenza che essa ha luogo fra soci paritetici al servizio di altri soci tutti accomunati dall’interesse che questa avvenga in modo efficiente e nei tempi più brevi.
Il Convivio viene qui allegoricamente qualificato di “pietra filosofale” in quanto, nell’ambito ambito socio-economico a cui appartiene, risulta dotato delle tre peculiari proprietà del detto oggetto alchemico.
In effetti:
- rappresenta, per il Sistema economico che lo adotta, un elisir di lunga vita (garantendogli la sostenibilità socio-ambientale, come argomentato nel libro La Dignità delle Nazioni)
- infonde negli operatori, data la sua forte valenza pedagogica, la capacità di discernere ciò che è bene da ciò che è male, a conferma del suo attributo “filosofale”
- consente di trasmutare in oro (Lavoro di Cittadinanza -LdC) un metallo vile quale il piombo (Reddito di Cittadinanza-RdC).
In questa breve nota ci soffermeremo specificatamente su quest’ultima proprietà del Convivio per il solo fatto che sollecita maggiormente l’attenzione popolare.
Vedremo in particolare come mai il RdC, che nasce con l’encomiabile obiettivo di avviare il massimo numero di beneficiari verso un percorso di formazione-lavoro, possa dare il meglio delle sue potenzialità solo se la modalità di implementazione adottata è rappresentata dal Convivio il cui uso consente addirittura la seguente trasmutazione :
RdC + Convivio = LdC
con il triplice effetto consistente:
- nel portare, ipso facto, il sistema alla Disoccupazione Zero
- nel dare contemporaneamente avvio ad una dinamica virtuosa mirante a minimizzare quantitativamente l’uso del “vile metallo” di partenza (RdC), e cioè ridurre il costo pubblico del provvedimento fino ad azzerarlo (il Convivio è stato concepito per essere economicamente sostenibile, e il RdC serve solo come abbrivio alla sua messa a regime)
- nel far sì che gli ex-disoccupati creino essi stessi ed occupino impieghi nuovi, aggiuntivi nel sistema (*).
Il Reddito di Cittadinanza (il piombo)
Nell’attribuire al Reddito di Cittadinanza (RdC) la natura di un “vile metallo” quale il piombo non intendiamo certo disprezzarlo.
Ciò significa, al contrario, attribuirgli il ruolo di necessario elemento di partenza, suscettibile di evolvere variamente, a seconda delle modalità adottate per la sua implementazione, inclusa la possibilità, come appena anticipato, di essere trasmutato in metallo nobile quale l’oro rappresentato, nella presente allegoria, da un Lavoro di Cittadinanza (LdC).
Va detto che le modalità di implementazione, miranti tutte ad avviare i beneficiari ad un percorso di formazione-lavoro, formano un insieme ampio e variegato.
Queste tuttavia, al di là di differenze di piccola entità e non determinanti, possono essere distinte in quattro grandi categorie:
a) quelle che prevedono la sospensione del RdC una volta che il beneficiario trova un lavoro congruamente remunerato
b) quelle che prevedono l’attribuzione permanente del RdC e ammettono il cumulo fra questo e un eventuale nuovo reddito da lavoro
c) quelle che prevedono l’attribuzione permanente del RdC purché associata ad un lavoro non retribuito
d) quelle che prevedono l’attribuzione provvisoria del RdC, solo in fase iniziale e purché associata ad un lavoro non retribuito, e la sua graduale sostituzione con un un reddito da lavoro fino ad azzerarlo (Convivio e modalità analoghe)
Implementazione del RdC attraverso modalità di tipo a)
L’evoluzione del RdC derivante da modalità di implementazione appartenenti alla prima categoria sembra, di primo acchito, la sola in grado di trasformarlo in un “metallo” sicuramente più nobile del piombo (l’aspetto assistenziale, nell’allegoria alchemica qui adottata).
Il problema che, però, sembra porsi in tutta la sua evidenza, consiste nella scarsa viabilità delle modalità di implementazione di questo tipo.
In effetti, da un lato, il beneficiario che già percepisce un reddito (purtroppo generalmente concepito come il fine) sarà reticente ad accettare un lavoro (il mezzo) per arrivare, sostanzialmente, allo stesso fine.
Né risulta facile, dall’altro, “imporre” l’accettazione di un lavoro, anche nell’ambito di una “rosa” di congrue possibilità offerte (non fosse che per la difficoltà di comporre la detta “rosa” in tempi di scarsa attività quali quelli attuali che, per ciò stesso, giustificano tali provvedimenti).
Le modalità di implementazione in questione sembrano dunque “ far acqua” sia dal lato della domanda che, e forse più, dell’offerta, e perciò incapaci, in buona sostanza, di avviare un significativo numero di beneficiari verso un percorso di formazione e di lavoro durevole.
Implementazione del RdC attraverso modalità di tipo b)
In ragione di quanto appena esposto, l’attenzione degli addetti ai lavori si è perciò spostata, nei Paesi in cui sono stati adottati provvedimenti analoghi al RdC, verso le modalità di implementazione della categoria b).
E’ il caso della Finlandia che, avendo adottato un provvedimento analogo al RdC, e avendo constatato la scarsa viabilità delle modalità di implementazione di tipo a), ha dato avvio alla realizzazione sperimentale di una modalità di tipo b) limitandola ad un lasso di tempo predeterminato (due anni).
Ovviamente tali modalità di implementazione, pur di riuscire ad avviare un sufficiente numero di beneficiari del RdC verso un percorso di formazione-lavoro, lasciano sulle spalle della collettività il fardello rappresentato dal costo del provvedimento.
Ma è anche vero che si tende, spesso e volentieri, a sottostimare il fardello che grava sulla società a seguito della disoccupazione, del quale i costi dei dispositivi del welfare-state, rappresentano solo la punta dell’iceberg.
Detto questo, la menzionata sperimentazione condotta in Finlandia ha mostrato, per quanto incredibile possa sembrare, che anche la modalità di implementazione del RdC di questo tipo ha dato chiara prova... di scarsa viabilità!
Le chance di una sua adozione in Italia sono perciò assai ridotte.
Implementazione del RdC attraverso modalità di tipo c)
Recentemente è apparsa una proposta del sociologo De Masi pubblicata in un suo libro dal titolo sorprendente: Lavorare gratis per lavorare tutti.
In realtà il termine “gratis” va precisato e la proposta, espressa per esteso, si traduce nell’adozione di un RdC e nella sua non sospensione nel caso in cui il beneficiario trovi un lavoro tenuto conto, e qui sta la novità della proposta, che egli lo offrirà... gratis.
Fra le tipologie di implementazione del RdC anche questa, come la precedente, prevede l’attribuzione permanente del RdC ma è senz’altro, rispetto a quella, ben meno appetibile per il beneficiario.
Dovrebbe però essere più appetibile per le imprese inducendole ad offrire, a tali condizioni, molte più opportunità di lavoro, anche se verosimilmente poco qualificato.
La proposta ha comunque due evidenti punti deboli in quanto c’è il rischio, da un lato, che le opportunità di impiego offerte provengano da licenziamenti (con la conseguente creazione di nuovi candidati al RdC) e, dall’altro, che la rinuncia a ridurre il costo pubblico del provvedimento prima o poi si ritorca, attraverso la fiscalità, sulle imprese (facendo sì che la possibilità di disporre di manodopera gratuita si traduca, per queste, in una sorta di “polpetta avvelenata”).
Implementazione del RdC attraverso il Convivio (la “pietra filosofale”)
Venendo ora all’implementazione del RdC attraverso il Convivio, potrà sembrare assai curioso scoprire che, quantomeno nella fase iniziale, anch’essa è basata sulla logica del “lavorare gratis per lavorare tutti”.
Ma è evidente che, essendo i beneficiari del RdC stessi soci titolari dell’impresa cooperativa dove andranno a formarsi lavorando e della quale, con le loro famiglie, costituiranno parte della clientela, il fatto di lavorare gratis è un regalo (consentito dal RdC) che fanno a sé stessi.
Considerando che le attività avviate nel Convivio comportano un’elevata quantità di manodopera, il fatto che questa non gravi sui costi di produzione, che sono i prezzi di acquisizione per i soci dei beni e servizi auto-prodotti, si può ben capire come ogni Euro del RdC speso nel Convivio possa incrementare notevolmente il suo potere d’acquisto.
E’ così che i beneficiari del RdC che non avessero trovato un lavoro gradito fra quelli loro proposti, associandosi con l’aiuto di un ente coordinatore esterno, potranno tutti trovar posto, nessuno escluso, in Convivi di prossimità.
Grazie al RdC e al Convivio, il LdC diventa dunque possibile, quanto meno, inizialmente, su un piano formale.
E’ importante osservare che i lavori svolti nel Convivio hanno ben poco da spartire con i Lavori Socialmente Utili (LSU) in quanto i primi, a differenza di questi, richiedono una professionalità che nel Convivio viene appunto trasmessa da una generazione all’altra.
Per quanto riguarda poi il finanziamento pubblico di entrambi è ovvio che nel caso dei LSU questo deve essere permanente mentre nel Convivio esso è utilizzato solo nella fase iniziale, cioè quando nelle diverse “Botteghe artigiane” ha luogo un’attività essenzialmente formativa.
Va da sé che quando questa può dirsi conclusa e quando, di conseguenza, la produttività aumenta, il RdC può gradualmente essere ridotto fino ad azzerarlo dato che il Convivio è economicamente viabile.
Sarà allora che il LdC potrà dirsi propriamente acquisito, grazie alla diffusione dei Convivi sul territorio.
Da osservare che questa potrà aver luogo, in tempi relativamente brevi, non appena sarà disponibile una realizzazione dimostrativo-sperimentale, un Convivio pilota da utilizzare come prototipo per una sua diffusione su ampia scala.
E dato che una tale realizzazione prende tempo, converrebbe darne avvio nei tempi più brevi, cominciando, ovviamente, da uno “studio di fattibilità” (di fatto un suo progetto esecutivo).
Il Convivio, dopo quanto detto, più che come procedimento di implementazione del RdC va visto come strumento che permette di evitare il RdC dando luogo ad un sistema economico compiuto, sostenibile sia sul piano sociale che ambientale.
La non sostenibilità di una economia priva di un tale elemento strutturale è oramai evidente.
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(*) Può essere utile sfatare il pregiudizio, assai diffuso fra i non addetti ai lavori, secondo il quale l’attività lavorativa dedicata all’auto-produzione (contesto dell’Autonomia) sopprime lavoro sul mercato (contesto dell’Eteronomia).
Si crede cioè che la casalinga che si dedica, ad esempio, all’auto-produzione di pane sottragga occupazione sul mercato.
In realtà la famiglia della casalinga, nella misura in cui non riduce la sua spesa sul mercato ma la modifica (trasformando, ad esempio, la precedente spesa per pane in spesa per cultura) si limita a trasferire occupazione, nel Paradigma dell’Eteronomia, dal comparto della panificazione a quello della cultura (con un bilancio occupazionale nullo in questo contesto).
Questo implica che l’attività svolta in ambito auto-produttivo, cioè nel Paradigma dell’Autonomia, è netta aggiuntiva al livello del sistema economico nel suo complesso.
Lo stesso vale, di tutta evidenza, per quanto riguarda tutte le altre forme di auto-produzione incluso, ovviamente, il Convivio.
Da non trascurare il fatto che, con riferimento a quest’ultimo, la sua diffusione sul territorio comporta notevoli investimenti privati miranti a fornire gli spazi attrezzati, cioè le strutture produttive, prese in affitto dalle unità produttive dei Convivi. Trattasi di una nuova domanda elevata, solvibile e sicura, emanante dai Convivi, alla quale le imprese del mercato potranno rispondere creando a loro volta ulteriore occupazione in tale contesto dando luogo ad uno sviluppo economico di entità paragonabile a quello riscontrabile solo in tempo di ricostruzione post-bellica.
Il positivo effetto derivante dalla diffusione dei Convivi non si limita, inoltre, agli aspetti occupazionali. In effetti la diffusione dei Convivi, in quanto soggetti auto-produttori, implica la re-localizzazione di molte attività economiche, in primis dell’agroalimentare, con grandi vantaggi in termini di salute umana ed ambientale.